Brescia è a secco: così la siccità alza ancor di più le bollette

Sì, ci si mette anche la siccità. Perché fiumi e laghi quasi asciutti non solo lasciano in eredità terreni inariditi, ma mettono (ulteriormente) a rischio la bolletta della luce. Come è possibile?
Per capirlo bisogna dare uno sguardo ai numeri snocciolati da Terna, la società che gestisce la rete di trasmissione nazionale: produzione idroelettrica dimezzata, -51,3%, e invasi vicini ai valori minimi dell’ultimo mezzo secolo. Insomma, l’assenza di pioggia ha, se non «mandato in crisi», quantomeno rallentato (e non di poco) la produzione di energia legata alle centrali idroelettriche.
La grande sete
La situazione è critica e a confermarlo è anche il Consorzio Oglio-Mella (l’ente pubblico che raggruppa 72 comuni della pianura occidentale bresciana, capoluogo compreso), che certifica come sia necessario «uno sforzo straordinario per ottimizzare l’utilizzo dell’acqua disponibile». Questo perché, nel bacino dell’Oglio, le riserve idriche sono quasi a secco. In cifre: rispetto alla media degli ultimi quindici anni stiamo parlando di un calo del 65%. A questo - spiega il commissario Gladys Luccelli, si aggiunge che «il dato della neve relativo all’equivalente in acqua sui rilievi montani è ai minimi storici. E anche le previsioni a medio periodo non lasciano ben sperare, così come rischiano di essere insostenibili i costi energetici per pozzi e impianti di sollevamento consortili».
Tutto questo nonostante la nostra provincia sia di fatto la «capitale regionale dell’idroelettrico» con 251 tra piccole e grandi derivazioni dei corsi d’acqua. La sola Lombardia produce all’incirca il 24-25% dell’intera produzione idroelettrica italiana, «nessun altra regione si avvicina: il Trentino Alto-Adige arriva al 19-20%, il Piemonte al 14% e il resto è distribuito nelle altre regioni ma nessuna supera il 10% - confermano dall’assessorato regionale agli Enti locali, guidato da Massimo Sertori -. Ci sono 74 grandi derivazioni idroelettriche (grandi impianti con potenza nominale media annua >3Mw) tra cui due internazionali e uno interregionale e più di settecento piccole derivazioni», ovvero quelle con potenza nominale inferiore a 3 Mw.Le contromisure

Brescia in sostanza tenta di produrre energia, ma viene «inceppata» dalla scarsità della materia prima: a poca acqua corrisponde poca produzione. È bene però specificare le centrali non sono mai del tutto ferme, il più delle volte - specie quelle situate in montagna che hanno le dighe a fare da serbatoio - in questi casi funzionano solo per alcune ore al giorno. Che fare quindi, qual è la soluzione? In primis la manutenzione alla rete di canali.
«A breve - annuncia Lucchelli - saranno terminati anche alcuni interventi straordinari. È ad esempio in fase avanzata il cantiere che interessa il tratto iniziale della Seriola Nuova», un canale che dal confine tra Chiari e Palazzolo arriva fino a Gussago e per il quale il Consorzio ha messo sul tavolo un investimento pari a 600mila euro «reso possibile grazie ai fondi della Regione, che consentiranno di rendere ancora più efficiente l’irrigazione dei quasi 2.400 ettari alimentati dai 15 chilometri di roggia».
Impossibile non parlare della causa madre di tutto questo: la crisi climatica. Che si trascina appresso anche il bubbone dei rischi idrogeologici. Di qui, il secondo intervento per ottimizzare le scorte di oro blu: il Consorzio ha appaltato i lavori per la realizzazione di un bacino a duplice funzione di laminazione delle piene e di accumulo attraverso il recupero di una cava dismessa a Castrezzato. Si tratta del primo esempio di attuazione della legge regionale che favorisce il riutilizzo dei bacini estrattivi a questi scopi.Verso le gare per la gestione delle derivazioni

«Il via alle gare è una notizia che, soprattutto in questo delicatissimo momento storico, non può che creare grandi aspettative per le nostre comunità di montagna, un’operazione attesa da vent’anni - spiega il presidente di Uncem, Tiziano Maffezzini -. Questa decisione rivitalizzerà un settore storicamente importante per la montagna. Le aziende potranno pianificare investimenti e puntare sull’efficientamento degli impianti migliorando l’aspetto produttivo, tutt’altro che secondario in questo momento di crisi energetica. Andranno poi aggiornate le forme di compensazione ai territori montani, che devono far fronte ad un costo più alto dei servizi».
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