Il Parco dell’Oglio contro le nuove centrali idroelettriche

Panchine sull’argine del fiume con vista sulla parete di cemento. Capita a Roccafranca, località Chiusone, Chisù per i locali, una delle più suggestive del Parco dell’Oglio.
Sulla sponda bergamasca, territorio di Torre Pallavicina, incombe il manufatto della derivazione per la nuova centralina idroelettrica targata Sorgenia. In primavera i lavori saranno finiti, paesaggio e habitat mutati. È solo la prima di una serie. Fra Pontoglio e Roccafranca, in una manciata di chilometri, potrebbero presto sorgere altre cinque centrali, che attendono il via libera.
Il caso
Una concentrazione a cui si oppongono il Parco dell’Oglio, tutti i 34 Comuni lungo l’asta fluviale, gli ambientalisti e l’Agenzia interregionale per il fiume Po (Aipo). Non è finita. Le centrali vengono costruite sfruttando le storiche derivazioni irrigue esistenti per l’agricoltura. Lungo i 35 chilometri da Sarnico a Roccafranca sono 19: significa, in teoria, la possibilità di collocarne altre 13. «Bisogna fermare questi progetti», commenta il presidente del Parco, Luigi Ferrari, che a novembre ha presentato al Tribunale Superiore delle acque pubbliche, a Roma, un ricorso contro le quattro concessioni trentennali rilasciate dalle Province di Brescia e di Bergamo per l’uso idroelettrico di altrettante derivazioni alla società Iniziative Bresciane. Il nulla osta è la premessa per proseguire poi con la procedure per la costruzione delle centrali.
È una lite in famiglia, visto che le Province sono socie del Parco. Altro paradosso: quest’ultimo, per sostenere l’annullamento, si basa anche sulle prescrizioni del Piano territoriale di coordinamento (niente nuove edificazioni in zone di interesse naturalistico-paesaggistico) approvato dalla Provincia. Il Tribunale, la cui decisione è vincolante, terrà la prima udienza il 23 febbraio. Le derivazioni autorizzate (e quindi le possibili future centraline) si trovano a Pontoglio (roggia Castellana), Roccafranca (Conta), Urago (Molino) e Calcio (Calciana). In ballo c’è una quinta centrale ancora in fase istruttoria, a Pumenengo, sulla roggia Molinara, nella Bergamasca, poco più a sud del ponte con Rudiano.
I problemi
«La presenza di sbarramenti così grandi e ravvicinati genera problemi di carattere paesaggistico, ambientale, ittico, idraulico» sostiene Ferrari. Più volte il Parco ha ribadito di essere favorevole all’energia pulita, «ma prima di decidere se e quante centraline collocare serve uno studio complessivo, una visione di insieme che verifichi l’impatto degli impianti sull’habitat e sul paesaggio. Purtroppo le due Province non sentono ragioni». Ferrari chiede una moratoria, «il tempo necessario per studiare la questione con degli esperti».
Oggi, lungo i 35 chilometri da Sarnico a Roccafranca, ci sono 28 utenze principali: le 19 derivazioni irrigue, le 8 grandi centrali elettriche storiche (a Urago, Pontoglio, Palosco, Palazzolo, Capriolo), più quella in costruzione a Torre Pallavicina. «Non è possibile che il Parco - dice il presidente - impegni tempo, risorse e passione nel valorizzare il territorio, proteggere la fauna e la flora, piantumare, puntare sul turismo sostenibile e debba poi subire decisioni che possono compromettere l’equilibrio ambientale».
I tecnici del Parco sostengono che «la presenza di più impianti a distanza ravvicinata può generare problemi di accumulo del sedimento con conseguente rischio di innalzamento del livello del fiume e situazioni di rigurgito, oltre che di deturpazione del paesaggio e dell’ambiente fluviale». Paventano «l’aumento della temperatura, la riduzione della velocità della corrente, della capacità di diluizione, della velocità di autodepurazione; l’aumento della vulnerabilità all’inquinamento, la riduzione della concentrazione di ossigeno disciolto». Il tutto potrebbe trasformare l’Oglio da «corso d’acqua corrente a corso di acqua ferma».
Le norme
Il Parco, inoltre, richiama le norme del Piano territoriale di coordinamento (Ptc). Per le zone di interesse naturalistico e paesaggistico, come quelle interessate, prevedono si debba favorire «la massima espressione delle potenzialità naturali sia sotto il profilo vegetazionale che faunistico, attraverso la conservazione e la ricostituzione degli ambienti boscati e delle zone umide, vietando ogni nuova edificazione contraria a questi criteri». Sempre citando il Ptc, «tutti gli interventi sul corso d’acqua principale sono soggetti al parere vincolante dell’ente gestore del Parco, ad esclusione degli interventi di somma urgenza a salvaguardia della pubblica incolumità».
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