Tracciamento dei gessi, il Mite: «Sì a misure più efficaci»
Il punto fermo e insieme l’appello, per tutte le forze politiche lombarde, è uno: bisogna che i gessi da defecazione siano tracciabili. E bisogna farlo per evitare di trovarsi nuovamente di fronte a un «caso Wte», l’azienda finita nell’occhio del ciclone con l’accusa di aver inquinato i terreni di mezza Italia per aver distribuito, tra gennaio 2018 e agosto 2019, 150mila tonnellate di concimi tossici.
A dire il vero, la Regione a imbrigliare lo spandimento ci ha pure provato, ma il Governo ha impugnato la norma facendo valere il principio della competenza senza però (ancora) legiferare. Ecco perché, ieri mattina, il dossier è tornato sui tavoli romani attraverso un’interpellanza urgente per voce del M5s: per ottenere un «sì al tracciamento dei gessi» dal Ministero della transizione ecologica. L’epilogo? Un impegno a farlo e un’ipotesi di lavoro in due mosse.
La macchina dei controlli
Qualche dato: la Lombardia importa oltre 10 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno e oltre 800mila tonnellate di fanghi e «nel 95% dei casi questi fanghi vengono trasformati in gessi, come certificato dall’Arpa» ricorda l’on. Valentina Barzotti.
La prima richiesta formalizzata dai deputati lombardi del MoVimento è però stata diretta ai prefetti, tra cui quello di Brescia. L’obiettivo: istituire «un coordinamento tra autorità competenti, rappresentanti dei cittadini, esperti e funzionari per migliorare la vivibilità e garantire controlli nei Comuni in cui si trovano i campi oggetto di spandimento». Un modo cioè per garantire un monitoraggio più serrato oltre a quello effettuato dall’Arpa di Brescia - guidata dal direttore Fabio Cambielli - il cui lavoro investigativo di concerto con i Carabinieri ha consentito di scoperchiare il vaso di Pandora della contaminazione denunciata da anni dalle associazioni.Le proposte del Ministero
Il secondo fronte riguarda però il tema più scottante, che ha innescato un duello a suon di impugnazioni normative tra Regione e Ministero: l’introduzione dell’obbligo di tracciabilità dei gessi (che, a differenza dei fanghi, sono classificati come prodotti e non come rifiuti). «Il Ministero - è la promessa del sottosegretario del Mite, Ilaria Fontana - è disponibile a vagliare eventuali iniziative provenienti dal Parlamento per garantire una comunicazione efficace delle varie fasi di produzione e utilizzo dei gessi, nonché iniziative per migliorare la tracciabilità».
Cioè, quali? Le azioni ipotizzate sono due. La prima riguarda i produttori, per i quali potrebbe essere previsto il contingentamento del peso dei lotti di produzione, l’identificazione dei carichi attraverso un’analisi che ne attesti il rispetto delle previsioni contenute nel decreto 75, nonché l’obbligo di conservare la documentazione per un periodo minimo. «In questo modo - precisa Fontana - si favoriscono e consentono le attività di controllo». La seconda azione vede invece protagonisti i trasportatori ai quali il Mite potrebbe prescrivere che ogni trasferimento del materiale sia accompagnato da un documento di trasporto contenente ogni dato: dal luogo di produzione a quello di destinazione, passando per l’analisi identificativa del lotto. «In ogni caso - rimarca il sottosegretario - le disposizioni normative non si possono sostituire ai controlli».L'appello: «Sia il Governo a intervenire»
Questo perché «pur essendo già riusciti a escludere i fanghi da depurazione dall’elenco delle sostanze che possono essere riutilizzate in agricoltura come correttivi, sui gessi da defecazione - sottolinea il deputato - serve ancora un intervento rapido e deciso. Se la legge della Lombardia è stata impugnata dal Governo per competenza, ci si aspetta allora che sia lo Stato a prendere impegni concreti e ad intervenire con regole efficienti e severe». Infine, la promessa: «I gruppi parlamentari lavoreranno per formulare una proposta». Una proposta (o, meglio, un provvedimento) che i cittadini attendono da anni.
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