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Fanghi contaminati: la ricostruzione del caso Wte, dall'inizio

Intercettazioni inquietanti, testimonianze, denunce che si susseguono da anni: una grave storia di inquinamento ambientale
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GESSI: "MODIFICARE LA LEGGE"
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«Siamo sinceri, lo sappiamo: avete disintegrato l’ambiente». «Lo so, io ho fatto il delinquente consapevolmente». È solo uno stralcio delle inquietanti intercettazioni emerse dall’inchiesta della Procura di Brescia che ha messo nel mirino l’azienda Wte srl. Intercettazioni che, con gli audio originali, sono state riproposte nella puntata di ieri di Messi a fuoco su Teletutto, condotta dal giornalista Andrea Cittadini.

Quindici indagati a piede libero e 12 milioni di euro sotto sequestro, oltre a tre impianti di riciclaggio a Calcinato, Calvisano e Quinzano. I magistrati contestano alla società presideuta da Giuseppe Giustacchini la vendita di 150mila tonnellate di fanghi contaminati da metalli pesanti, idrocarburi e altre sostanze inquinanti, spacciati per fertilizzanti e smaltiti su tremila ettari di terreni agricoli nel Nord Italia. I reati di cui la Wte dovrà rispondere sono traffico illecito di rifiuti e gestione di rifiuti non autorizzata.

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La puntata di Messi a Fuoco sul caso Wte (dal minuto 57)

Ricostruiamo la situazione, dall’inizio.

I precedenti


La vicenda non è certo nuova per gli abitanti di quei paesi, che da più di 10 anni segnalano, anche sottoforma di esposti e denunce, la presenza costante e insopportabile di odori nauseabondi. «Solo noi sappiamo cosa abbiamo vissuto - racconta Laura Corsini, presidente del comitato Cittadini di Calcinato e ospite in collegamento negli studi di Teletutto -. Nelle nostre case per anni è entrato un odore acre, che brucia il naso e la bocca, come fosse gas». Un disagio grave, come testimoniato anche da altri residenti.

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Fanghi contaminati: le intercettazioni choc/1

Negli atti si legge: «Una puzza di putrefazione, che ti penetra e ti resta addosso, anche sui vestiti (...). Fa lacrimare gli occhi (...). È come fosse ammoniaca, non riesco nemmeno a definirlo (...). Impossibile anche aprire le finestre, questo non è vivere (...)». Una situazione che si è protratta per anni, almeno fino all’estate del 2019, rendendo impossibile la vita dei cittadini. «Un problema - aggiunge Corsini - a cui si aggiungono i numerosi episodi di perdita di gessi di defecazione da fanghi sulle strade, caduti dai trattori». Proprio gli odori molesti hanno portato al sequestro dei tre impianti della Wte.

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Fanghi contaminati: le intercettazioni choc/2

«Di questo caso ci occupiamo da anni - spiega Fabio Cambielli, direttore del dipartimento bresciano di Arpa Lombardia -, sollecitati dai tantissimi esposti per molestie olfattive. Abbiamo effettuato diversi controlli, in media uno o due all’anno, e in alcuni casi è stata riscontrata una gestione non corretta dei fanghi in ingresso». Nel merito di quest’indagine, Arpa ha eseguito analisi approfondite e campionamenti, in collaborazione con i Carabineri forestali. I dati emersi sono «impressionanti», come scrive il gip Elena Stefana nell’ordinanza: «Nei campioni dei gessi in uscita dall’azienda e in spargimento le sostanze inquinanti (fluoruri, solfati, cloruri, nichel, rame, selenio, arsenico, idrocarburi, zinco, fenolo, metilfenolo e altri) erano decine, se non addirittura centinaia di volte superiori ai parametri di legge».

I fanghi, il trattamento e i gessi


Wte srl, fondata nel 1997, si occupa di progettazione, costruzione e gestione di impianti di recupero rifiuti, nonché della produzione di fertilizzanti, ammendanti e correttivi per l’agricoltura. È nei suoi stabilimenti che avviene il trattamento dei cosiddetti fanghi da depurazione.

Cosa sono? Si tratta di rifiuti che derivano dalla purificazione delle acque reflue che, in seguito a trattamento, possono essere usati in agricoltura, rispettando precise limitazioni e solo in determinate condizioni. Tra queste, l’idoneità dei fanghi per produrre un effetto concimante, con limiti di concentrazione ammissibili di metalli pesanti e sostanze chimiche. Questi parametri sono stabiliti dal decreto Legge 75 del 29 aprile del 2010. Una norma che appare ormai superata, perché non tiene conto dei composti organici, la cui ricerca non è obbligatoria, ma che possono rivelarsi sostanze tossiche molto pericolose.

Come funziona? Il trattamento dei fanghi consiste nell’aggiunta alla biomassa di calce (ossido di calcio) per dar vita all’idrolisi basica, che consente una sostanziale igienizzazione e abbattimento dei batteri. In seguito, il pH viene riportato alla neutralità con l’addizione di acido solforico, innescando una reazione chimica che fa precipitare i reagenti in solfato di calcio. La norma regola sia la percentuale di correttivi, sia i tempi di reazione, che vanno rispettati con rigore. Il risultato sono i gessi di defecazione da fanghi: fertilizzanti per l’agricoltura che, derivando dal recupero di rifiuti, possono essere considerati prodotti End of Waste (rifiuto cessato).

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Fanghi contaminati: le intercettazioni choc/3

Come riscontrato durante i controlli, negli impianti Wte questo trattamento non veniva eseguito correttamente. Si legge negli atti che la violazione più grave era «l’omesso utilizzo dell’ossido di calcio». Tradotto: i fanghi non venivano igienizzati. Ciò non avveniva per errore o dimenticanza, ma era frutto di «una consapevole strategia aziendale» per ridurre al minimo i costi e massimizzare il profitto. Per risparmiare, negli stabilimenti venivano usati reagenti più economici, come il solfato di calcio e il filler, che non hanno la stessa efficacia. Con questo stratagemma, però, Wte riusciva a produrre rifiuti che in sede di analisi riuscivano a rispettare i requisiti minimi per essere qualificati come gessi di defecazione, di fatto indistinguibili da quelli autentici. Al tempo stesso, la società riusciva a risparmiare ingenti somme ed essere molto competitiva sul mercato.

Le conseguenze


I gessi così ottenuti venivano poi smaltiti dalla Wte su terreni agricoli. Scioccante un’altra frase, ormai tristemente celebre, emersa dalle intercettazioni: «Chissà il bambino che mangia la pannocchia di mais cresciuto sui fanghi». Le parole sono di Antonio Carucci, geologo milanese e addetto alle vendite dell’azienda bresciana. Sempre lui, dialogando con un collega, dice: «Siamo talmente aziendalisti da non avere più pudore».

Il primo grave effetto della condotta della Wte è l’inquinamento del terreno agricolo, ma se lo spandimento fosse stato ripetuto nel tempo, potrebbe aver subito danni anche la falda acquifera. «È un rischio che va verificato» secondo Cambielli, direttore Arpa, che aggiunge: «Non escludo che in futuro saremo chiamati ad approfondire anche questo aspetto».

Per quanto riguarda le conseguenze sulla salute, per ora, non ci sono studi che dimostrino con certezza la correlazione tra i miasmi e l’incidenza di tumori sulla popolazione residente. Certo è, però, che un primo studio sugli abitanti di Calcinato, in particolare della frazione di Calcinatello, esiste già ed è stato fatto nel 2016 dall’Osservatorio epidemiologico dell’Agenzia per tutela della salute di Brescia, proprio sull’onda delle segnalazioni da parte dei cittadini. Dall'analisi è emerso un eccesso di mortalità nei maschi per tumori maligni di laringe, trachea, bronchi e polmoni, con un aumento, rispetto alla media di Ats di ben il 55%. In generale quello delle malattie respiratorie riguarda l’intera popolazione, giovane e anziana.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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