Italia e Estero

Gessi, il governo frena il tracciamento dopo il caso Wte

Il Cdm impugna la norma della Lombardia e prosegue ad equipararli a fertilizzanti: la competenza è statale
Terreni cosparsi da fanghi di defecazione - Foto © www.giornaledibrescia.it
Terreni cosparsi da fanghi di defecazione - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Niente da fare. Roma dice no al tracciamento dei gessi da defecazione derivati dai fanghi e, al momento, equiparati in agricoltura a semplici fertilizzanti. E lo fa ufficialmente, impugnando la legge numero 15 del 6 agosto 2021 voluta dalla Lombardia, che prevedeva per i gessi le stesse regole di «controllo» a cui sono sottoposti i rifiuti e i fanghi.

Questo - si legge nel verbale - perché la norma regionale è «costituzionalmente illegittima». Vero: formalmente la competenza in materia è statale. C’è solo un dettaglio: a distanza di cinque anni, il governo non è ancora intervenuto. Il disastro e il caos provocato dal caso Wte è il risultato di lasciare le direttive invariate.

Il ricorso

Le ragioni del ricorso le aveva chiarite la nota in carta bollata stilata dagli uffici del Ministero della transizione ecologica, guidato da Roberto Cingolani. Dato che i gessi da defecazione sono attualmente classificati come fertilizzanti, cercare di tracciarli alla stregua dei rifiuti «va contro le disposizioni di legge nazionali». In più, «la competenza in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema è un’esclusiva statale».

La proposta di ricorso è stata sottoposta al ministro per gli Affari regionali Mariastella Gelmini, che ha portato avanti l’istanza. Fino a giovedì, quando il Consiglio dei ministri ha deliberato di impugnare la norma lombarda, nata per garantire maggiore tutela ambientale e sostenuta - nel merito - anche dalle opposizioni che, anzi, invocavano l’esigenza di un provvedimento ancor più incisivo.

Il caso Wte

Della legge lombarda si era compresa ancor di più l’urgenza e l’importanza dopo il caso Wte, l’azienda bresciana (con sede a Calcinato, Calvisano e Quinzano) a cui la provincia ha ritirato l’Autorizzazione integrata ambientale, finita nell’occhio del ciclone con l’accusa di aver inquinato con concimi tossici (i gessi, appunto) i terreni di mezza Italia. Proprio perché i gessi non sono tracciati, infatti, i Comuni sono ancora alle prese con la mappatura dei campi contaminati: impossibile, al momento, ricostruire il perimetro dei campi rovinati. Nel frattempo, si continua a coltivare.

Una volta esploso il caso, e dopo cinque anni di attesa, la Lombardia ha scelto di prendere in mano la situazione e - per dirla con le parole degli assessori all’Agricoltura, Fabio Rolfi, e all’Ambiente, Raffaele Cattaneo - di «andare oltre l’immobilismo nazionale». Che ora rivendica il suo ruolo davanti alla Corte costituzionale. Anche a costo di danneggiare ambiente, territorio e agricoltura. Anche a costo di lasciare campo libero a un nuovo caso Wte.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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