L’immagine simbolo sta nella sfilata dei ciclopici silos accasciati a terra, stesi, quasi in segno di resa. Ma attraversare l’isolato industriale - un quartiere di 110mila metri quadrati - somiglia quasi a una «via crucis»: le tappe sono scandite dai sei cantieri che, in contemporanea, stanno «sfasciando» il sito e che - pezzo dopo pezzo - iniziano a «cancellare» la Caffaro che fu.
Produzione ferma da giugno 2020
Si lavora, dunque: il pensionamento dell’industria che ha scritto la storia (chimica, industriale, avvelenata) della città è davvero iniziato. Ed è un percorso, questo, nel quale il gigante industriale che dal 2001 in avanti ha terrorizzato, fatto discutere e tormentato (ma, non va davvero scordato, anche «fatto lavorare») la nostra provincia è accompagnato per mano dal
l’ultima azienda che lì ha messo piede: Caffaro Brescia, che nulla c’entra con la produzione chimica originaria, quella che ha infestato terra, acqua e rogge con i maledetti Pcb e con il mercurio. Ma che quegli impianti li ha «ereditati» e utilizzati (in parte) a sua volta per produrre clorito di sodio, un disinfettante che serve per la potabilizzazione delle acque e per il quale è necessario
anche l’impiego di cromo.
La produzione è ferma dal giugno 2020. E da settembre l’azienda sta seguendo il canovaccio scritto dagli enti. L’obiettivo:
potenziare la barriera idraulica (il sistema di pozzi che dovrebbe impedire agli inquinanti di sconfinare oltre il sito) e bonificare gli impianti dalle sostanze chimiche residue per poi dismetterli.
Fase uno: gli aspiratori di veleni
Il primo gruppo di operai all’opera si riesce a «spiare» già a una manciata di metri dal cancellone d’ingresso. Lì, sulla sinistra, stanno i giganteschi cilindri: si tratta del
parco serbatoi di stoccaggio della soda caustica.
Ogni silos è stato forato: passando attraverso queste «finestrelle» è in corso la bonifica dei residui del materiale chimico, che viene «aspirato» da dei grossi tubi. Quindi - spiega Giuseppe Burgisi, consulente dei cantieri per l’azienda - «si passerà al risanamento dell’amianto e delle fibre artificiali vetrose. Infine, sarà possibile effettuare
la demolizione di tutti i serbatoi».
Si sta poi mettendo a punto l’impianto di trattamento dove, attraverso un circuito idraulico ed elettrico, tutte le tubazioni dei pozzi (che servono per l’emungimento delle acque) andranno infine a confluire. Sulla grande lastra in cemento, nel mezzo della cittadella, restano le impronte di altri quattro grandi ciclindri: era la casa di altrettanti serbatoi già arrivati alla fine di questo ciclo di decommissioning.
Come saranno trattate le sostanze chimiche? L’acqua di falda che verrà pescata attraverso i pozzi che disegnano la barriera idraulica dove sarà trattata? All’interno di
enormi vasche di contenimento che, in questo momento, sono in costruzione proprio dove un tempo si stagliavano ulteriori container: lì ci sarà infatti l’impianto di trattamento in cui verranno inseriti i serbatoi dei reagenti e i reattori che serviranno per la riduzione chimica e
l’abbattimento del cromo esavalente e dei clorati. Dopo il trattamento, l’acqua «viaggerà» quindi verso lo scarico.
Cromo, Pcb, mercurio
E la barriera a che punto è? Sono
due i nuovi pozzi che - seguendo le indicazioni dell’Arpa - Caffaro Brescia sta realizzando,
entrambi lungo il perimetro sud dell’azienda, quello
che confina in sostanza con il Campo Calvesi.
Gli operai sono all’opera per scavare il pozzo 9: si è arrivati a una profondità di 36 metri, ma si dovrà scavare fino a una profondità di 80. Si dice due pozzi, ma in realtà - rimarca Burgisi -
è come se fossero quattro, perché «pescano» in contemporanea ad altezze differenti: «Sono pozzi cluster, quindi dallo stesso scavo partiranno due tubi che preleveranno acqua a due differenti altezze: -40 e -80».
Ma i Pcb? Se il pozzo 9 replicherà il trattamento per l’abbattimento di cromo VI e clorati con bisolfito (con una sezione dedicata al mercurio), il pozzo 8 andrà ad «aiutare» il lavoro del sito numero 7, intervenendo cioè su mercurio, Pcb e sostanze organiche volatili. E, se tutto procede come ora secondo il cronoprogramma, la nuova diga anti-veleni (depurazione delle acque inclusa) sarà in azione dalla primavera 2023.