Caffaro, dopo 20 anni c'è l'opportunità di riperimetrare il Sin

Nel Recovery si punta a restringere i siti nazionali, ma per Brescia la sfida è opposta: deve ampliarlo. Un anno di tempo
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SIN CAFFARO, RIVEDERE I CONFINI
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In sostanza, tirata la riga, per Brescia potrebbe rappresentare quella «manna dal cielo» di cui si parla praticamente da diciassette anni, l’opportunità per dare davvero attuazione all’altro lato della medaglia del «bubbone Sin Caffaro»: le aree rimaste (letteralmente) tagliate fuori da ogni mappale e, soprattutto, da ogni bonifica e risarcimento.

L’antefatto, ovvero la novità che potrebbe fare ingranare la marcia anche a quest’operazione - oltre a quella in corso per risanare la ex cittadella industriale -: il Ministero della transizione ecologica si dà, nero su bianco, un anno di tempo per revisionare i perimetri dei 41 Siti di interesse nazionale (Sin), partendo da una sorta di censimento sullo stato di fatto, vale a dire sul rinnovato quadro ambientale. Perché quel condizionale allora: bene, no? Dipende.

A dare il «la» all’operazione è l’emendamento (accolto) al Dl Recovery, il cui intento è in realtà esattamente l’opposto: restringere i Siti di interesse nazionale. Farlo, del resto, significa meno costi. Il punto è: se quelle aree sono effettivamente state risanate e rigenerate ben venga, la conversione urbanistica è auspicabile. Ma laddove così non è, il rischio (altissimo) è che decada il principio per eccellenza, cioè che chi inquina non solo paga, ma paga per intero ogni danno prodotto. Ecco perché per Brescia la sfida deve andare esattamente controcorrente: l’obiettivo a cui puntare è quello dell’invocato ampliamento dei confini del Sin, un quadrilatero abbozzato sulla carta nel 2002 con l’intento di revisionarlo una volta eseguite le prime caratterizzazioni. Operazione che, però, non fu mai più realizzata.

L’articolo in questione è il 17bis e - si legge - «disciplina la ricognizione e la riperimetrazione dei Sin ai fini della bonifica, escludendo aree e territori che non soddisfano più i requisiti. La riperimetrazione avviene con uno o più decreti del Mite, da adottare entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sentita la Regione e gli enti locali interessati». Quei confini, adesso, vanno insomma rivisti. Non al ribasso, come proposto qualche anno fa, con l’intenzione di rimpicciolire il quadrilatero del Pcb, un’idea bollata anche dall’allora ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, come «assurda». Al contrario: il Sito di interesse nazionale Brescia-Caffaro va ampliato, inglobando al suo interno tutti i terreni che sono stati avvelenati e contaminati.

Perché bisogna ampliare il Sin

Questo scenario pone sulla scacchiera almeno altre due questioni: la prima è quella relativa alle aree private. La seconda è legata a doppio filo anche alla partita dei risarcimenti del danno ambientale, ora conclamato a carico di LivaNova (la multinazionale americana in cui è confluita Sorin biomedicale e alla quale la Corte d’Appello di Milano ha chiesto 250 milioni di risarcimento), sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista della destinazione della somma.

Le due cifre in ballo per quantificare il disastro (entrambe elaborate da Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) sono agli antipodi: nella nota inviata al dicastero dell’Ambiente il 5 febbraio 2009 si parlava di oltre 1,5 miliardi di euro (per la precisione 1.553.807.700), mentre la valutazione consegnata dallo stesso Istituto nel settembre 2016 riduceva tutto a una forbice compresa tra un minimo di 43.911.290 euro e un massimo di 95.598.690. È evidente che i «confini» analizzati - oltre che l’esito di indagini più accurate condotte negli anni - hanno un ruolo da protagonisti in questo contesto. Specie se si considera che alcuni dei terreni di fatto «malati di Pcb» non sono passati sotto lo scanner delle recenti caratterizzazioni (appunto perché esclusi dal Sito nazionale).

L'appello degli ambientalisti 

Una direzione, quella che la politica bresciana potrebbe percorrere, che risponderebbe positivamente all’appello lanciato da tempo da Basta Veleni, il tavolo che si fa portavoce delle istanze dei comitati ambientalisti: «Nel Sin - ha più volte ribadito Marino Ruzzenenti - devono essere compresi anche i terreni privati, perché finora nessuna istituzione e nessun progetto si è mai occupato dei cittadini che hanno perso tutto per colpa dell’avvelenamento causato dalla Caffaro Chimica. Ma quei cittadini non sono mai stati risarciti, anzi».

L’appello a interpretare la norma in questo senso arriva in primis da Europa Verde. A partire dal portavoce nazionale Angelo Bonelli, che precisa: «Non è sancito l’obbligo di rimpicciolire, ma preoccupa la pressione che si cela dietro questo emendamento che va ad accelerare un processo già sancito nel dl 152/2006: se il restringimento viene eseguito perché le bonifiche sono state eseguite bene, diversamente è un artefizio all’italiana per lasciare queste aree nel dramma ambientale».

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Il precedente

Di riperimetrazione si era parlato anche nel 2016, quando la Giunta aveva ufficializzato l’intenzione di rivedere gli spazi del Sin all’interno di una delibera: questo - si era detto - per «togliere» gli spicchi di città che non sarebbero contaminati da Pcb e, quindi, non legati alla pesante eredità dello stabilimento di via Milano (ma che subivano le restrizioni che il «bollino Sin» porta con sè). Era il caso, ad esempio, delle zone Ospedale Civile, CamPetroli, Pietra, Bruschi e Muller. Quei confini, quelli originari tracciati nel 2002, peraltro - il decreto ministeriale di allora lo conclama senza giri di parole - sono stati tracciati «considerando che saranno effettuate, sui suoli e sulla falda, attività per accertare le effettive condizioni di inquinamento al fine di arrivare all’individuazione del perimetro definitivo». Il proposito trova traccia anche nella documentazione successiva. Agli atti, infatti, c’è una lettera formale in cui l’ex assessore all’Ambiente Ettore Brunelli chiedeva esplicitamente di allargare il Sin.

I tre strati del Sin Caffaro

Unico nel suo genere, il Sito Brescia-Caffaro è caratterizzato da tre «strati» di perimetrazione, che coincidono con le diverse matrici: suolo e sottosuolo; acque sotterranee e rogge. La suddivisione si ricalca in competenze differenti: per suolo e sottosuolo la regia degli interventi di bonifica è in capo al Comune, mentre per la falda e, quindi, le acque sotterranee, la competenza è del Ministero. Cosa accadrebbe con una nuova perimetrazione? «Tutte le competenze per la bonifica delle aree escluse dal Sin passerebbero in capo al Comune». La partita più delicata, insomma, è nelle mani di Loggia, Lombardia e del commissario straordinario Mario Nova. Che, insieme, dovranno andare in pressing per fare sì che il Sin Brescia-Caffaro includa (e riconosca così) tutta l’estensione del danno.

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