Profughi ucraini, è sos alloggi: «Serviranno cinquemila posti»

Non solo respinta al mittente, ma anche bocciata perché «ha zero fondamento ed è priva di riscontro». Il sindaco Emilio Del Bono rigetta con forza l’idea descritta dall’assessore regionale Fabio Rolfi, che ieri ha proposto di convertire l’area di via Morelli - dove fino al 15 aprile è allestito l’hub vaccinale - a «cittadella sanitaria e amministrativa dedicata all’Sos Ucraina», così da creare una sorta di front-office di servizio per i profughi in fuga dalla guerra.
Semmai, ribatte il numero uno di Palazzo Loggia - «la vera emergenza è quella abitativa, non quella amministrativa: serviranno più alloggi e purtroppo per il momento questo percorso, il più importante e il più concreto, sta andando ancora a rilento».
Puntare sull'organizzazione
Per tracciare il quadro si parte dai numeri. Quelli attuali, ma in continua evoluzione crescente, raccontano di circa 1.200 profughi già presenti nella nostra provincia (duecento sono bambini), di cui circa 400 solo nel capoluogo. Molti di questi sono al momento ospitati da privati, da connazionali ormai residenti a Brescia che hanno aperto le proprie case, ma è difficile prevedere per quanto tempo potranno sostenere i costi e l’impegno che l’accoglienza comporta.
Non a caso i Servizi sociali del Comune stanno già contattando le famiglie che hanno offerto ospitalità agli ucraini per aiutarle con ciò di cui hanno bisogno: beni di prima necessità, cibo, materiale scolastico, indicazioni amministrative e informazioni utili. L’esodo, poi, sembra essere destinato ad aumentare. Ed è questo il punto da cui riparte il sindaco: «L’Sos reale e di cui tutti insieme dobbiamo occuparci subito è quello dell’accoglienza sul lungo periodo che dev’essere diffusa. Per farci trovare preparati servirà individuare, di qui alle prossime settimane, almeno 5mila posti da mettere a disposizione degli ucraini in fuga».Come fare? Per Del Bono non ci sono dubbi: i Comuni, tutti, devono attivarsi e devono farlo in fretta. Sono ancora troppo pochi gli enti locali che aderiscono al Sai», il sistema accoglienza integrazione che oggi vede partecipare solo 31 Amministrazioni della nostra provincia. Negativa, per il primo cittadino, anche l’opzione degli hotel: «Ha già dimostrato di non funzionare perché manca la presa in carico delle persone, preferisco le organizzazioni religiose e le realtà senza scopo di lucro che spero partecipino al bando per i Centri di accoglienza straordinaria indetto dalla Prefettura».
La replica politica all'idea di Rolfi

Ecco perché Del Bono battezza come «priva di fondamento» la proposta di Rolfi. Perché - spiega - «qui gli hub e i campi bisogna evitarli, non crearli. Non è nella nostra tradizione: Brescia si è sempre distinta per un altro tipo di accoglienza, un percorso che accompagna, assiste e integra. Purtroppo questo percorso che dovrebbe coinvolgere tutti i Comuni sta andando assai a rilento. Oggi l’emergenza è gestita e il nostro stesso capoluogo sta reperendo alcuni alloggi comunali, ma in prospettiva sarà il vero problema».
Il numero uno di Palazzo Loggia si toglie però anche qualche sassolino dalla scarpa e non utilizza mezzi termini per replicare all’assessore regionale all’Agricoltura: «Se vuole davvero rendersi utile, si metta al telefono e contatti tutti i sindaci leghisti per dire loro di aderire al Sai, ma basta con le dichiarazioni improvvisate su temi così seri. La Lega fino a poco fa sfoggiava la maglietta di Putin, sostenendolo, non c’è ora bisogno di fare queste sparate da campagna elettorale. C’è una sede ufficiale in cui si discute di queste questioni ed è il Comitato per l’ordine e la sicurezza della Prefettura. Lì l’idea di via Morelli non è mai stata presa in considerazione da nessuno: Rolfi - conclude - non può passare dai cetrioli agli ucraini. Si occupi di agricoltura».Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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