Il viaggio del GdB con i beni per i profughi in Polonia

I volontari continuano a raccogliere vestiti, acqua e cibo per le persone in fuga dall'Ucraina. Li seguiamo da vicino
Uno dei pullman partiti da Folzano per la Polonia con i beni e i volontari per l'Ucraina - Foto © www.giornaledibrescia.it
Uno dei pullman partiti da Folzano per la Polonia con i beni e i volontari per l'Ucraina - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Il racconto di Nuri Fatolahzadeh, giornalista del Giornale di Brescia, che è in viaggio verso la Polonia con un gruppo di volontari di Folzano che hanno organizzato una delle numerose raccolte di beni di prima necessità per i profughi in fuga dall’Ucraina. Qui la sua prima cronaca: la partenza da Folzano.

Il viaggio della speranza da Folzano alla Polonia inizia con un ritorno. Dopo tre giorni di cammino (alcuni a passo d'uomo, per scalare i chilometri di code alla frontiera, altri sul minivan partito dalla frontiera giovedì mattina), mamma e tre bambini, uno di soli sei mesi, sono arrivati a destinazione: Brescia. Per qualche giorno staranno da un'amica. E poi? «Si vedrà, la cosa importante è essere riusciti a uscire». Non vuole pensare di trovare un alloggio a lungo termine Mariya - 36 anni e il terrore avvinghiato negli occhi - perché «appena sarà possibile, l'obiettivo è riavvicinarsi il più possibile a casa». A casa, dove sta il marito per ora scampato al peggio. Chi arriva e chi parte.

Le direzioni sono diverse, il metodo sempre lo stesso. Ci si mette in marcia con minivan e auto stracolme fino al limite: coperte, torce, barrette di cioccolata, acqua (sì, acqua: perché nelle zone calde del conflitto anche l'acqua ormai scarseggia).

Ruslan guida un pullman di circa 50 persone. Di viaggi, avanti e indietro dall'Ucraina, ne fa da una vita. «È sempre stato il mio lavoro. Di lacrime ne ho viste, ma erano addii di chi si separava per lavoro, per andare verso una vita migliore. Ma questa è la guerra». Ruslan non si riesce a togliere dalla testa gli strilli di chi è alla frontiera e cerca di uscire. Ma anche i silenzi. «Quando salgono sul bus, la cosa che ho notato è il grande silenzio, quasi per rispetto». Il silenzio di chi è svuotato dal dolore. Di chi non solo ha lasciato la sua casa e la sua vita, ma soprattutto di chi ha compiuto una scelta dilaniante. «Tutte le persone che partono, lasciano lì qualcuno» racconta Ruslan, fisico asciutto, capelli spettinati, una felpa verde cobalto con le maniche rimboccate e lo sguardo che tradisce ore di sonno perse.

Intanto a Folzano il via vai non si ferma mai. Nessuno resta con le mani in mano, nessuno si dà per vinto, nessuno fa la vittima. Si lavora. Si dividono gli aiuti che arrivano. Si confezionano scatoloni. Si caricano furgoni e mini van. Ci si dà da fare per chi è in patria. Un modo per esorcizzare la preoccupazione, per sentirsi utili e per dare un contributo ad ogni ora libera. 

La solidarietà della grande comunità ucraina a Brescia si è allargata ormai da giorni a quella delle associazioni, degli enti, dei volontari e dei singoli cittadini bresciani e dei nuovi bresciani parte integrante della comunità. C’è chi dona, chi passa a chiedere cosa serve di giorno in giorno, per capire se la più ampia rete del dono abbia esaudito le necessità iniziali. Un lavoro incessante per aiutare chi il dramma di questa guerra lo sta subendo sulla sua pelle.

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