Mollare tutto per fare i contadini: quattro storie bresciane

Sedere per ore davanti al pc, rispondere a mail a qualsiasi ora, correre tra treni e voli aerei con lo smartphone sempre in mano. Sono immagini che sembrano cliché, ma per molti rappresentano la quotidianità. C’è chi in questo ritmo frenetico si riconosce e non lo cambierebbe per nulla al mondo. Fermarsi non è un’opzione: chi vive la vita a quattromila all’ora fatica a immaginare una giornata diversa. Essere produttivi ed esprimere al tempo stesso le proprie competenze e la creatività è diventata la norma. Ma lo stress e l’ansia da prestazione restano un conto da pagare.
C’è invece chi ha scelto un passo diverso: quello lento e costante della natura. Nel Bresciano, terra dalla forte vocazione agricola, non mancano giovani che hanno deciso di lavorare nei campi o con gli animali. Una scelta fatta di tradizione e sacrificio, ma anche di innovazione. Una scelta di vita più slow, lenta, seppur sempre tenendo un ritmo ben preciso: quello della natura.
Cosa tiene accese le stelle
Come quella di Stefania Reali e Simone Frassini, i titolari dell’azienda agricola «Cosa tiene accese le stelle» (come l’omonimo libro di Mario Calabresi che li ha ispirati) di Ludizzo, frazione di Bovegno, in Valtrompia. I due, oggi 36enni, si sono conosciuti quando erano studenti all’Università della montagna di Edolo: un incontro dal quale, oltre all’amore, è sbocciato ben presto anche il sogno comune di trovare insieme un angolo di terra distante dalla città dove poter coltivare e abitare al contempo.

Nel 2012 la scelta è ricaduta su un cascinale con terreno annesso a Bovegno, dove in questi anni la coppia ha costruito (oltre a una bella famiglia con due bimbi) una realtà solida e i cui prodotti sono apprezzati in tutto il Bresciano. Simone e Stefania non si sono fermati nemmeno quando, all’inizio del 2020, un devastante incendio ha distrutto tutto quello che avevano costruito. Una catastrofe dalla quale sono riusciti a riprendersi anche grazie alla raccolta fondi attivata per aiutarli a ricostruire. E così è stato: la stella ha ripreso luce e ha ricominciato a brillare.
Accanto alle varietà più note – mele, pere, susine, ciliegie – nella loro azienda agricola convivono tesori nascosti come le giuggiole, le cotogne, i gelsi e le nespole, insieme a mele antiche dai nomi poetici come Cioca Rumela o Bella di Booskop. Non mancano gli ortaggi, coltivati seguendo il ritmo delle stagioni e una rotazione quadriennale: croccanti insalate, biete arcobaleno, fagioli di varietà storiche, patate rosse, gialle e persino viola.
Pomodori destinati a trasformarsi nella «Passata Rustica di Montagna» e zucche nate dal semenzaio interno completano il quadro, insieme alle erbe aromatiche e officinali che diventano tisane, insaporitori o profumati mix per la cucina. «Il rispetto della natura guida ogni nostra scelta – spiegano Stefania e Simone –: irrigazione a microgoccia con acqua piovana, pacciamatura naturale ottenuta dagli scarti, lotta biologica con coccinelle e insetti utili, niente pesticidi né fertilizzanti chimici. Chiedete alle nostre api: sono loro le prime testimoni della salute dei campi».

Accanto ai raccolti freschi una parte dei frutti e degli ortaggi prende la via del laboratorio di trasformazione: nascono così composte con abbinamenti sorprendenti (come zucca, cioccolato bianco e nocciole, o cipolla e scorza d’arancia), chutney speziati, sciroppi ai fiori di sambuco, pesti, ketchup di zucca e liquori alle erbe. Prodotti che conservano l’essenza della terra e che, grazie alla lavorazione delicata e alla scelta di poco zucchero, mantengono intatti gusto e profumo originali.
Qui la frutta non è mai solo frutta: dalle dolcissime fragole alle bacche di Goji, dai lamponi giapponesi al raro mirtillo siberiano, ogni pianta racconta di biodiversità recuperata e di sapori che sembravano arrivano anche cosmetici naturali a base di miele, cera d’api, lamponi e zucche, con packaging sostenibile e nomi che richiamano il dialetto locale. E poi ancora fiori edibili, bomboniere personalizzate, confezioni natalizie, grappe e amari «delle Stelle».
Azienda agricola Pe Mattia
Stefania e Simone non sono stati gli unici a scegliere Bovegno per avviare la loro attività. Stavolta siamo in località Segonasso: è qui che il 27enne Mattia Pe, originario del paese dell’Alta Valle, ha scelto di sviluppare la sua azienda agricola. Pur non venendo da una famiglia di allevatori, il giovane ha scelto di costruirsi un futuro tra stalle, campi e formaggi. La scintilla è scoccata quasi per caso: qualche anno fa suo padre aveva preso tre caprette. Da lì è nato il desiderio di fare un passo in più. Così, nel 2016, con l’aiuto dei genitori Mattia ha allestito una piccola stalla, un caseificio e la sua abitazione.
Ha iniziato con una decina di mucche, che oggi sono diventate una ventina. Il suo è un lavoro «all’antica»: tutto fatto a mano, dalla cura degli animali alla fienagione. Il fieno lo produce lui stesso, così come i foraggi e nel paiolo, scaldato ancora a legna, nascono formaggelle fresche, formaggi nostrani classici o stagionati.
Mattia è al tempo stesso mandriano e casaro, custode di una tradizione che non ha ereditato ma ha deciso di costruirsi. Negli ultimi tre anni anche la sorella Valentina e il suo compagno Andrea Paloschi hanno iniziato a seguirlo stabilmente nell’attività. A loro si deve soprattutto la crescita della parte commerciale: vendita diretta, mercatini di Natale e, da un paio d’anni, la presenza a fiere e manifestazioni agricole. Oggi i loro prodotti si trovano anche in due negozi locali. «Abbiamo scelto eventi compatibili con i nostri impegni di lavoro – raccontano Valentina e Andrea –, concentrandoci su sabato e domenica». Così ogni settimana sono presenti al mercato agricolo di Polaveno, e presto parteciperanno anche a quello di Provaglio una volta al mese.
A rendere tutto possibile è la dimensione familiare dell’impresa: ognuno dà una mano secondo le proprie capacità e disponibilità di tempo. I fratelli Stefano, Simone e Giacomo si alternano tra legna, fieno e animali, mentre la gestione quotidiana della stalla resta nelle mani di Mattia. In estate la transumanza porta il giovane allevatore in Maniva, alla malga Caldoline, sotto il rifugio Tita Secchi. Qui segue le mucche e continua a produrre formaggi, mantenendo vivo un legame con la montagna che, come il latte che lavora ogni giorno, sa di autenticità e fatica, ma anche di scelta consapevole.
Chichimela
In Alta Valtrompia, a mille metri di quota, nella frazione Sant’Andrea di Bovegno, c’è poi Chichimela: un’azienda agricola e agriturismo guidati da Chiara Pagliari, giovane agricoltrice che ha scelto di vivere e lavorare in altura, coltivando con metodo biologico e nel rispetto della natura.

Cuore della produzione sono i mirtilli giganti, i lamponi e gli ortaggi di stagione, trasformati in confetture e nettari dal gusto autentico. Chichimela è anche apicoltura attenta e rispettosa delle api da cui nascono mieli preziosi: il Millefiori di flora alpina e quello di castagno. Accanto alle coltivazioni c'è un angolo verde dedicato a erbe aromatiche e officinali da cui prendono vita tisane e percorsi di benessere naturale.
L’agriturismo, a gestione familiare, propone invece una ristorazione con piatti preparati utilizzando i prodotti aziendali o di altre realtà agricole del territorio. Non manca l’attenzione agli amanti delle due ruote: Chichimela è anche Bike Point, punto di partenza per escursioni guidate da una cicloturistica certificata Coni.
Casa Pedrini
Scendiamo un po’ più a valle, precisamente a Collebeato. E torniamo tra i campi, quelli dell’azienda agricola Casa Pedrini di via Fiume 10. C’è una storia di famiglia dietro a questa realtà portata oggi avanti con passione da Cristina Pedrini, con una carriera nell’hotellerie alle spalle. Dopo la scomparsa del padre Pierino, figura conosciuta e stimata in paese, Cristina ha deciso di raccogliere il testimone, trasformando l’attività in un laboratorio di agricoltura sostenibile e innovazione.

Nell’orto e nel frutteto si coltivano frutta e verdura di stagione seguendo pratiche rigenerative e sistemi di lotta integrata, con l’obiettivo di offrire prodotti genuini nel rispetto dell’ambiente. Accanto alle colture fresche, grazie alla collaborazione con un laboratorio esterno, nascono conserve e trasformati: confetture e composte, salsa di pomodoro, sughi pronti, succhi di frutta, giardiniera e salse salate. Non mancano sugli scaffali anche le eccellenze di aziende amiche, come la birra agricola camuna e il miele bresciano.

Il punto vendita è aperto da giugno a dicembre due giorni a settimana, il mercoledì e il sabato, con la possibilità di acquistare prodotti sfusi, cassette miste o singoli pezzi. Negli altri giorni continua a vivere il «mercatino della fiducia», un angolo sempre rifornito, quando i raccolti lo permettono, posto appena fuori il cancello dell’azienda agricola. Qui la gente arriva, sceglie quello che vuole e che c’è, e lascia i soldi nella cassetta della posta. Nei mesi da gennaio a maggio invece l’unica modalità di acquisto è l’abbonamento a cassette settimanali di frutta e verdura, da ritirare il sabato.

Lo sguardo di Cristina è però già rivolto al futuro: nel 2026 aprirà l’agri-ristoro, un progetto che punta a valorizzare la cucina vegetale con pranzi e cene nei fine settimana. «Inizieremo con alcune cene di rodaggio – racconta – per poi ampliare l’offerta con brunch, aperitivi e merende». A completare l’esperienza arriverà anche la gastronomia da asporto, che diventerà un nuovo prodotto disponibile in azienda.
L’innovazione, specie quando alla guida di queste aziende ci sono giovani, strizza sempre più l’occhio alla tradizione. Così l’agricoltore non è più solo colui e colei che lavora nei campi, ma ora sposa anche la gastronomia e lo fa anche a due passi dai suoi prodotti coltivati, trasformandoli e servendoli.
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