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Il 2014 nero del Brescia, tra campo e crisi del club

Il racconto di 365 giorni bui: le difficoltà in campionato e i tentativi di salvataggio della società
Il 2014 del Brescia calcio
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Un anno in apnea, un anno in affanno. Più che di 365 giorni messi in fila uno dietro all’altro il 2014 ha avuto le sembianze di una corsa ad ostacoli per il Brescia calcio e per i suoi tifosi. Una partita doppia, giocata tra il campo e gli uffici in cui si è srotolata la vicenda societaria.
 
IL CAMPO
Il 2014 inizia con Cristiano Bergodi in panchina. Era arrivato già in settembre dopo che i traghettatori Maifredi e Micarelli avevano portato le rondinelle fuori dalla bufera Giampaolo. Il nuovo anno si apre con la sconfitta a Lanciano, poi arrivano due incoraggianti vittorie, con il Bari in casa ed a Novara.
 
Due match più in là, però, le crepe tra il tecnico e la dirigenza si allargano. Il feeling si spacca con la sconfitta a Crotone. Partita in cui saltano i nervi ai centrali di difesa Di Cesare e Paci. Per loro arrivano maxi squalifiche. Dopo la sconfitta col Carpi salta Bergodi. Arriva Ivo Iaconi, fratello del direttore sportivo Andrea.
 
È buio fino al 25 marzo, quando il Brescia torna alla vittoria a Cittadella. La classifica, nel frattempo, si fa sempre più grigia. Il sogno di centrare almeno i play off sembra un ricordo lontano. C’è soltanto da guardarsi alle spalle. I momenti migliori sono la vittoria a Cesena (3-0 con gol-magia di Sodinha) e il successo a Varese, grazie al quale il Brescia si assicura la salvezza con due turni d’anticipo.
 
Il campionato 2014-2015 è un’altalena. Le penalizzazioni zavorrano anche mentalmente una squadra che fatica a trovare costanza di risultati. Il Brescia chiude l’andata con 23 punti, ma i mattoncini che verranno tolti dal basso muro che è stato costruito trascineranno la Leonessa sul fondo. Pesano gli infortuni di Budel e di Corvia. Incide una mentalità poco vincente, con i biancazzurri che faticano a tenere il risultato quando passano in vantaggio. Il momento più bello è la vittoria in rimonta a Bologna (2-1).
 
Javorcic subentra a Iaconi prima della trasferta di Catania. Con l’ex tecnico della primavera arriva subito un pari. Poi il successo col Bari e il ko ad Avellino.
 
LA VICENDA SOCIETARIA
Giampietro Manenti fa il suo ingresso nell’universo-Brescia calcio nelle ultime ore del 2013, dopo il pari per 3-3 con il Trapani. Si dice pronto a comprare il Brescia, ma la trattativa è un tira e molla tra date del «closing» che non vengono rispettate e promesse non mantenute. Un affaire lungo, su cui il sipario cala il 6 marzo.
 
L’estate è all’insegna della paura. Gli stipendi non pagati, il rischio della mancata iscrizione. La situazione debitoria particolarmente pesante. La penalizzazione. Si mobilitano i tifosi e si cercano soluzioni. Ai tavoli, con Ubi Banca, siedono anche il presidente di Aib Marco Bonometti e rappresentanti delle istituzioni.
 
Il problema è che non si concretizza alcuna cordata bresciana e tramonta anche l’ipotesi di trovare un’ancora di salvezza in John Gaethe Visendi, responsabile della Prime Holdings and Investments, esperto in ristrutturazioni aziendali, che si fa avanti nel corso di un’estate incandescente.
 
I tifosi scendono in piazza il 3 luglio. In extremis il Brescia riesce ad iscriversi al campionato. Contestualmente cambiano gli «assetti». Corioni non è più presidente. Resta proprietario del club, che viene gestito dall’amministratore unico Luigi Ragazzoni.
 
Ma con una squadra che arranca in campionato e gli stipendi che non vengono pagati, la «torta» Brescia calcio si fa sempre meno appetibile. Sul finire dell’anno altri due piani si fanno avanti. Quello di Rinaldo Sagramola  e quello di Kadir Sheikh Abdul. Diversi per natura e per la storia di chi li porta avanti, entrambi non si concretizzano (anche se quello portato avanti dall’ex dirigente di Vicenza, Palermo e Sampdoria potrebbe rientrare nelle dinamiche che si sono aperte in seguito alla decisione di procedere all’aumento di capitale).
 
Sullo sfondo l’idea di una fondazione, con i tifosi chiamati a partecipare con quote a sostegno della società. E l’ipotesi del fallimento, che incombe minaccioso come un’ombra sul futuro.

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