Garda

Umberto e Greta, la sentenza dopo nove mesi dal dramma

Lo scorso giugno il terribile incidente sul motoscafo costato la vita ai due giovani. Oggi la condanna dei due turisti tedeschi
Il gozzo in legno su cui si trovavano Umberto Garzarella e Greta Nedrotti
Il gozzo in legno su cui si trovavano Umberto Garzarella e Greta Nedrotti
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Nove mesi dopo il tragico incidente costato la vita a Umberto Garzarella e Greta Nedrotti una sentenza del Tribunale di Brescia riconosce colpevoli dello schianto avvenuto sul lago di Garda Patrick Kassen e Christian Teismann: i due turisti tedeschi che la sera del 19 giugno 2021 hanno investito con il loro motoscafo Riva Aquarama il gozzo dei due ragazzi bresciani sono stati condannati rispettivamente a 4 anni e 6 mesi e a 2 anni e 11 mesi. L’accusa, per loro, è di omicidio colposo e naufragio colposo.

«Accettiamo il giudizio, ma la nostra condanna è iniziata il 19 giugno dello scorso anno. Io non ho più la mia bambina» ha detto il papà di Greta, Raffeale Nedrotti, all’uscita dal Palazzo di Giustizia. Al suo fianco la moglie Nadia, arrivata in tribunale con un mazzo di rose bianche in ricordo della figlia straziata dalle eliche del potento motoscafo e morta a soli 25 anni. 

«Questo dolore rimarrà a me come rimarrà a loro» ha aggiunto Enzo Garzerella, papà di Umberto, riferendosi a Patrick Kassen, per il quale l’accusa aveva chiesto una condanna a 6 anni e mezzo, e Christian Teismann, per il quale erano stati chiesti quattro anni e due mesi. A entrambi era stata contestata anche l’omissione di soccorso, stralciata poi in sentenza perché non costituisce reato.

Le dichiarazioni dei due tedeschi

Il 25 febbraio scorso, in aula, i due imputati hanno ricostruito la giornata e la serata di sabato 19 giugno 2021. Dopo il pomeriggio in barca per assistere al passaggio della Mille Miglia sul lago di Garda, i due si sono diretti verso il ristorante Sogno, a San Felice del Benaco, per cena. Sulla via del ritorno al rimessaggio Arcangeli di Salò, lo scontro con il gozzo di Umberto.

«Mi ero già allontanato dal Golfo, eravamo a cinque minuti dall'arrivo, tenevo lo sguardo fisso sulle luci a riva per individuare il porto a cui attraccare - ha raccontato Patrick Kessen, alla guida del motoscafo di proprietà dell’amico -. Con cielo sereno, ho sentito un breve ma molto percettibile rumore, con vibrazione ai piedi. Il rumore mi ha sorpreso perché non avevo scorto nessun impedimento, è stato come un "tac" - come ho detto nel primo interrogatorio, come se avessi colpito un tronco o un grosso ramo. La barca non ha reagito, non è saltata, io non sono stato sbalzato in avanti: come se non fosse successo niente».

«Durante il viaggio di ritorno a Salò mi sono assopito. Mi sono svegliato a causa di un improvviso cambiamento nel rumore dei motori che si sono abbassati e la barca si è leggermente inclinata in avanti. Allora mi sono girato e ci siamo chiesti cosa fosse successo, non so di preciso chi ha chiesto cosa a chi, ma so che Kassen mi ha domandato se avessi sentito un rumore. Non ho visto e sentito nulla, ma mi sono alzato in piedi per verificare. Sono stati due minuti, ma il tempo che ho percepito è stato molto più lungo e non avevamo fretta di andarcene - ha aggiunto Christian Teismann -. Quando è passato un altro motoscafo Riva e ha dato un colpo di clacson, abbiamo dedotto che - essendo passata sulla nostra stessa rotta - non avessero visto nessun ostacolo».

Il video dello scontro: la seconda barca

La tragica sequenza dello schianto è stata ripresa dal sistema di videosorveglianza di una villa affacciata sul Garda nel punto dello scontro. Alle 23.24.23 (sullo schermo si legge 00.24.23 perché le telecamere erano un’ora avanti ndr) la telecamera registra l’impatto, alle 23:26:58 il passaggio di un secondo motoscafo, che secondo quanto riferito, era un altro Riva.

Chi si trovava su questa seconda imbarcazione, però, non ha mai contattato gli inquirenti e raccontato la sua versione dei fatti.

Pochi minuti più tardi un’altra telecamera riprende i due turisti tedeschi, al loro arrivo al rimessaggio Arcangeli di Salò. Sono le 23.35 quando le immagini immortalano la caduta in acqua di uno dei due tedeschi. Fradicio, insieme all'amico, si siede poi coi connazionali ai tavolini del bar dell'hotel Commercio, a Salò. La mezzanotte è passata da poco quando i due, dopo aver bevuto un paio di birre, stanno male. Sanguinano e sul posto arriva un'ambulanza per soccorrerli. Attorno alle 2.30 la rimandano indietro vuota: rifiutano entrambi l'assistenza.

L’ubriachezza

La foto dei due turisti sul sito della Bild - © www.giornaledibrescia.it
La foto dei due turisti sul sito della Bild - © www.giornaledibrescia.it

Viene dunque messa in discussione la lucidità di Patrick Kassen e Christian Teismann al momento dell’impatto con il gozzo dei due giovani bresciani. Il giorno dopo l’incidente, a 14 ore di distanza dallo scontro, Kassen accettò di sottoporsi all’alcol test, mentre Teismann si rifiutò.

Durante il processo i consulenti tecnici della difesa hanno messo in dubbio la positività all'alcol riscontrata su Patrick Kassen. Un primo esame sul sangue prelevato al tedesco risultò negativo, mentre ad un secondo accertamento venne riscontrata la positività.

«I due tedeschi hanno riferito di aver bevuto durante la giornata dell'incidente e anche dopo e non si può quindi stabilire, come invece fatto dalla Procura, che al momento dello scontro Kassen che era alla guida avesse un tasso alcolemico tra 2,39 e 2,22 grammi per litro come ricostruito con il principio di Widmark dagli inquirenti sulla base di elementi però non documentabili» ha spiegato in aula Sabino Pelosi, medico legale e consulente di parte.

«Spero che abbiano detto la verità - ha detto oggi, dopo la sentenza, Enzo Garzarella -: la loro coscienza li accompagnerà per tutta la vita».

Sia Kassen che Teismann, durante il processo, hanno negato di essere partiti dal ristorante Sogno poco lucidi per aver bevuto.

Il nodo velocità

La difesa dei due turisti tedeschi ha anche messo in discussione il rispetto delle regole di navigazione da parte di Umberto Garzarella. «L'imbarcazione delle vittime era alla deriva, senza controllo e senza conducente, sospinta dalla corrente e dal vento, contravvenendo al Regolamento di Regione Lombardia e la potenziale situazione di pericolo doveva essere evitata dal conducente dell'Easy 600» ha spiegato l’ingegnere navale Massimo Gronda. Aggiungendo: «Il conducente dell'imbarcazione vedeva arrivare il Riva dalla sua destra e quindi avrebbe dovuto manovrare per lasciare libera la rotta e quindi il gozzo, contrariamente a quanto sostenuto dai consulenti del pm, non ha rispettato le regole previste per la navigazione sul lago di Garda».

Secondo la Guardia Costiera, il motoscafo Aquarama al momento dell'impatto viaggiava a 20 nodi, vale a dire quattro volte oltre i limiti consentiti dalla legge. «Nella ipotesi più favorevole agli imputati - era stato spiegato dall’accusa - la velocità non era comunque inferiore ai 17 nodi». Anche su questo punto la difesa degli imputati ha presentato una tesi completamente diverse. «La durata della navigazione fu di 30 minuti e 22 secondi. La velocità media del Riva, dalla partenza dal ristorante fino al punto di impatto, basata sulla realtà dei fatti (orario di partenza e distanza percorsa), fu compresa tra 7,8 e 9,5 nodi».

Sotto choc, dopo queste dichiarazioni in aula, il padre di Umberto Garzarella: «Sono sconvolto da quello che sta succedendo in aula. Stanno dando la colpa a mio figlio dicendo che la barca era alla deriva» aveva detto. «Mi aspettavo che, vista la posizione economica, venissero schierati consulenti importanti. Però bisognerebbe capire che hanno ucciso due ragazzi. Non do la colpa a nessuno, è stata una disgrazia. Ma farla ricadere su Greta e Umberto, la colpa, non mi sta bene».

Diversa la teoria dell’accusa, secondo cui a Patrick Kassen e Christian Tiesmann non sarebbero mancati i margini di manovra per evitare di mandare il loro Riva Aquarama sopra il gozzo di Umberto Garzarella e Greta Nedrotti e di uccidere i due giovani. Quattro secondi - ha spiegato il consulente del pm Maria Cristina Bonomo - che in termini di spazio equivalgono a 40 metri: un tempo più che sufficiente per evitare una immane tragedia, anche navigando sul pelo dell’acqua ad oltre 19 nodi all’ora, circa quattro volte oltre il limite, come sostenuto dall’accusa.

I risarcimenti

Alla vigilia del processo, che si era aperto il 10 novembre scorso, il papà di Umberto aveva raggiunto un accordo con l’assicurazione degli imputati per il risarcimento dei danni e deciso di non costituirsi parte civile, mentre la famiglia Nedrotti aveva ritirato la costituzione durante la prima udienza, anche in questo caso dopo aver raggiunto un accordo sul risarcimento. 
Si era ritirata anche la Comunità del Garda, che grazie alla generosità dei genitori di Greta, che avevano chiesto in occasione dei funerali non fiori ma di fare offerte ai Volontari del Garda, potrà acquistare un nuovo Remotely Operated Vehicle, un rov per le ricerche in profondità che si chiamerà «Greta e Umberto».

La battaglia per la legge

In questi lunghi e dolorosi nove mesi, le famiglie Garzarella e Nedrotti si sono spese perché la tragedia che si è portata via Umberto e Greta non fosse vana. Dalla prima udienza uno striscione a Palazzo di giustizia ha chiesto giustizia per i ragazzi, sul lago di Garda non sono mancate fiaccolate e occasioni per ricordare i due giovani, ma più di tutto i genitori dei due ragazzi si sono battuti perché anche in Italia fosse prevista una legge sull’omicidio nautico. Un disegno di legge già approvato in Senato lo scorso febbraio e ora in attesa di incassare un ulteriore via libera alla Camera. 

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