CronacaBassa

Contro spopolamento e difficoltà di gestione la Bassa fa squadra

L’Hub della conoscenza sta studiando, con i sindaci di 43 Comuni, un modello di aggregazione per superare le difficoltà
Anche alcune zone della Bassa Bresciana sono a rischio spopolamento © www.giornaledibrescia.it
Anche alcune zone della Bassa Bresciana sono a rischio spopolamento © www.giornaledibrescia.it
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Tra il 2002 e il 2024 la popolazione provinciale è aumentata di 152mila residenti: all’inizio del 2025 in provincia di Brescia vivono 1.262.271 persone. Ma, se guardiamo ai dati comunali nel dettaglio, sono ben 57 i centri nei quali diminuisce la popolazione. Si tratta nella quasi totalità dei casi di Comuni della montagna interna con la sola eccezione di Bovezzo (-122 abitanti, -1,6%), Alfianello, Cigole, Longhena e Verolavecchia. Se restringiamo il nostro campo di analisi, nell’ultimo decennio, tra il 2012 e il 2024, la popolazione bresciana è aumentata meno di 15mila residenti ma, in questo caso, sono ben 118 i comuni che registrano un saldo negativo.

Perdono abitanti tutta la montagna interna e una porzione della estrema pianura centrale bresciana. Questi dati ci portano subito a una riflessione, quando parliamo di spopolamento pensiamo subito alla montagna, che è certo vero, ma il fenomeno (ormai da tempo) ha colpito anche molti paesi della nostra Bassa.

Campi d’azione

Spopolamento significa un territorio che perde appeal, ma non solo. Perché di conseguenza si deprime anche l’economia, e non solo: anche gli amministratori pubblici dei piccoli centri si trovano in grandi difficoltà di gestione. È partendo (anche) da queste considerazioni che è nato il progetto Hub della conoscenza, il suo bacino d’azione è (appunto) una grossa fetta della nostra pianura, comprendente ben 43 paesi nei quali vivono oltre 256mila persone. Tre i maxi temi di azione: giovani, Comuni e imprese.

Focalizziamoci sugli enti pubblici, i problemi non mancano certo, e non solo per i paesi più piccoli. Sul fronte organizzativo, ci ha spiegato la sindaca di Leno Cristina Tedaldi (e presidente dell’Associazione comuni bresciani), «se aggiungiamo la grande difficoltà a reperire risorse umane, la situazione diventa complicata». Non solo: «Lo diventa ancora di più da noi, nella Bassa, che da sempre lamentiamo la mancanza di istituzioni sovracomunali in grado di coordinare e di fornire supporto, strutture e strumenti nella gestione dei territori».

Ecco allora la proposta dell’Hub della conoscenza: troviamo una forma di realtà sovracomunale che consenta di disporre di professionalità e servizi per amministrare al meglio i vari Comuni (il progetto è spiegato approfonditamente dal condirettore scientifico professor Angelo Baronio nell’intervista qui a fianco).

Nei giorni scorsi l’Hub ha recapitato al presidente della Regione, Attilio Fontana, il «Patto di sviluppo per la Bassa bresciana». Un documento che, per la verità, guarda oltre i confini della nostra provincia, abbracciando il Cremonese e il Mantovano per un patto sinergico di sviluppo del territorio; nelle due province a noi vicine realtà simil Comunità montane sono già state messe in campo.

Unioni di Comuni

Una forma di gestione associata di servizi fondamentali in realtà esiste già, ed è normata dalla legge 142 del 1990. Si tratta dell’Unione di Comuni, il cui obiettivo finale voleva essere quello di avere sul territorio meno municipi, ma più grandi ed efficienti.

Un progetto che a oggi resta sostanzialmente incompiuto: nel Bresciano, su 205 Comuni, solo 40 fanno parte di un’Unione, dieci dei quali sorgono proprio nella Bassa Bresciana. Il mancato compimento di una forma associativa diffusa è dovuto a più ragioni, che vanno dal campanilismo alla burocrazia.

Se è vero infatti che spesso i Comuni hanno scelto di unirsi per accedere agli appositi fondi in epoche in cui i trasferimenti dallo Stato centrale si erano e si sono ridotti, lo è altrettanto che gli adempimenti burocratici hanno spinto più di un sindaco a mettere sul piatto i costi e i benefici, con il risultato che alcune Unione nel tempo si sono sciolte o che alcuni Comuni si sono sfilati da quelle esistenti. I trasferimenti da Stato e Regione, alla fine dei conti, non giustificavano l’impegno.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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