Farmaci letali, chiesti 24 anni di carcere per Mosca

L'accusa a carico dell'ex primario dell'ospedale di Montichiari è di omicidio volontario. La difesa chiede l'assoluzione: «Prove costruite»
  • In tribunale il processo a Carlo Mosca
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Il pubblico ministero di Brescia Federica Ceschi ha chiesto la condanna a 24 anni nei confronti di Carlo Mosca, primario sospeso del pronto soccorso dell’ospedale di Montichiari a processo con l’accusa di omicidio volontario per la morte di due pazienti nella prima ondata Covid, ai quali secondo l’accusa avrebbe somministrato Propofol e Succinilcolina, «farmaci incompatibili con la vita» e che andrebbero utilizzati prima dell’intubazione di un paziente. Che nei casi al centro della vicenda non è mai stata eseguita.

Il medico è agli arresti domiciliari dal 25 gennaio 2021. «È vero che nessuno ha visto Mosca somministrare i farmaci ma l’intercettazione ambientale del 2 luglio 2020 quando a chi gli chiede "ma hai usato quei farmaci?" Mosca risponde: "Eh sì" è stata ritenuta un’ammissione. Ed è alla base, insieme alla presenza del Propofol nel corpo di uno dei cadaveri riesumati, della richiesta d’arresto» ha detto in aula il pm.

A denunciare il caso era stato un infermiere. «È ingiusto esporre chi ha denunciato e che ha avuto il coraggio di rivelare quello che aveva saputo. Ora si vuole far credere che abbia parlato per un complotto nei confronti del suo primario. Durante il processo abbiamo assistito alla difficoltà di alcuni testi a riferire in aula di fatti che davanti al pm in fase di indagine erano stati raccontati in modo diverso e chiaro. E quei verbali sono stati firmati dagli stessi» ha aggiunto il pm. 

Nel corso del processo l’imputato, spiegando la presenza nel corpo di una vittima del farmaco Propofol, disse: «Io non l’ho messo. Qualcuno ha voluto farmi del male e può averlo iniettato a paziente già morto».

Per il pm Federica Ceschi: «Si tratta di una spiegazione fantasiosa. È un’assurdità. E chi lo avrebbe fatto? E perché uno avrebbe dovuto uccidere un povero paziente? L’unico che ha avuto lo spazio e il tempo per iniettare il Propofol è stato Mosca. Si vuole pensare che chi ha presentato l’esposto sia l’autore di questa macchinazione? In quel periodo, marzo 2020, il peggiore della pandemia, non è immaginabile che qualcuno potesse pensare a un piano per incastrare il primario».

La difesa chiede l'assoluzione: «Prove costruite»

La difesa del dottor Mosca ha chiesto invece l’assoluzione per il medico: «Siamo davanti ad una serie di prove costruite. A partire dalla chat tra gli infermieri che si scambiano una foto con fiale di farmaci gettate in un cestino ha detto l’avvocato Elena Frigo. 

«Due infermieri lo accusano ma in aula si contraddicono, mentre un intero reparto sta dalla porte di Mosca e non crede alle maldicenze diffuse dai due infermieri. Non sappiamo che cosa abbia spinto le due persone a dire quelle cose. Ma riteniamo che l’ipotesi accusatoria sia fantascientifica» ha proseguito il legale. «Non ha mai pensato di uccidere pazienti per liberare posti, ma al contrario di salvarli e allo stesso tempo di creare nuovi posti».

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