Farmaci letali, gli infermieri stanno dalla parte del primario

Escludono che sia stata quella la causa dei decessi di alcuni pazienti, come sostiene l'accusa: «Bugie di alcuni colleghi»
  • Nuova udienza del processo a carico del dott. Carlo Mosca
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  • Fuori dal tribunale di Brescia - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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Oltre alla confusione di quei giorni e alle condizioni drammatiche delle persone che arrivavano in reparto da ogni parte della pianura, di quella sera di marzo di due anni fa, ricordano tutti l’ordine di uscire dalla saletta d’emergenza nella quale uno dei pazienti al centro dell’inchiesta stava contrattando la sua sopravvivenza con il Covid. E di avervi fatto ritorno alcuni minuti dopo a destino già irreversibilmente scritto.

Nessuno dei testimoni chiamati in aula ieri ha detto però se il dottor Carlo Mosca, il primario del pronto soccorso di Montichiari finito a processo per duplice omicidio volontario, nonché mittente di quel comando, in quella stanza sia rimasto da solo con il malato, e tanto meno sa, e può riferire, cosa ci abbia fatto. Eccezion fatta per una sola infermiera in aula, di succinilcolina e propofol - i due farmaci che per la procura della Repubblica il medico avrebbe utilizzato per uccidere tre degenti - nessuno ha mai sentito parlare. A loro il dottor Mosca, che semmai ha chiesto la morfina per «accompagnare» senza dolore i pazienti ormai perduti al trapasso, non li ha mai domandati. E a loro non ha mai ordinato di somministrarli.

L'unica teste che ha sentito il nome del farmaco

Di succinilcolina - rilassante muscolare utilizzato per preparare il paziente all’intubazione, ma che porta a morte sicura se la manovra per sottoporre il malato a respirazione forzata non viene eseguita in pochi minuti - ha riferito solo Rosalinda Pullarà. «Nella confusione di quel momento - ha detto l’infermiera alla Corte - l’ho sentita nominare, ma non come oggetto di una prescrizione. Non so dire con certezza chi ne abbia parlato. Credo però sia stato il dottor Mosca, è lui il medico».

Nessuno contro

Sul resto i testimoni sentiti ieri dalla Corte d’assise di Brescia (presidente Roberto Spanò, a latere Mauro Ernesto Macca) sono pressoché concordi. E se non dalla parte del primario agli arresti domiciliari da 13 mesi, di sicuro non contro. Hanno negato apertamente di avere avuto sospetti circa la condotta di Mosca e tanto meno di averli condivisi con Michele Rigo e Massimo Bonettini i colleghi dai quali partirono indagini interna, denuncia e inchiesta dei Nas e della procura della Repubblica.

«Bonettini (l’infermiere che pensò ad un esposto contro Mosca, salvo poi ritirarsi dall’intrapresa giudiziaria, ndr) mi disse che alcune cose non gli tornavano - ha detto Pullarà - e mi chiese se ne ero a conoscenza e se mi univo a loro. Gli risposi che non mi ero trovata in situazioni anomale. In ogni caso se avessi avuto dei sospetti ci avrei voluto vedere chiaro».

«Bonettini ha detto bugie»

Più tranciante è stato un altro infermiere: Lucio Giacomo Bignotti. All’esordio del dibattimento dello scorso 1 dicembre, lo stesso Bonettini disse che fu lui a riferirgli di aver consigliato al dottor Mosca di smettere di somministrare quei farmaci ai pazienti, per evitare di essere scoperto. E che di quei medicinali c’era un ammanco sospetto. «Non è assolutamente vero - ha spiegato Bignotti - Bonettini ha detto bugie. Non gli ho mai parlato di queste cose. E del calo dei farmaci, che io personalmente non ho notato pur occupandomi della farmacia, ne parlava solo lui. Purtroppo Bonettini e Rigo (il teste che denunciò Mosca, ndr) sono ancora miei colleghi. Al primo, oltre ad una serie di cose che non è il caso di ripetere in aula, ho detto che non si doveva permettere di coinvolgermi. Al secondo non ho mai parlato prima e non gli parlo certo ora. A pelle non mi convince».

A non convincere l’infermiere è altro. Quando il presidente Spanò gli chiede delle fiale di succinilcolina trovate e fotografate da Bonettini in quelle ore nel cestino del vetro in reparto (e non nel contenitore dei taglienti, dove avrebbero dovuto trovarsi) Bignotti si è prodotto in un sorriso tanto ampio quanto sarcastico. Muto, ma eloquente.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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