Farmaci letali, Mosca: «Qualcuno ha voluto incastrarmi»

Il medico, accusato di aver somministrato medicinali mortiferi a due malati di Covid, parla al processo a suo carico in Corte d’assise
"QUALCUNO HA VOLUTO INCASTRARMI"
AA

Quattordici mesi dopo il suo arresto con l’accusa di duplice omicidio volontario arriva il momento di Carlo Mosca. Il primario del pronto soccorso di Montichiari, accusato di aver somministrato farmaci letali a due pazienti Covid ricoverati nel suo reparto, parla al processo a suo carico in Corte d’assise. E lo fa a tutto campo.

Dopo aver spiegato la sua idea, divenuta realtà in quattro giorni, di trasformare la sala mensa dell’ospedale monteclarense in un reparto di pronto soccorso per gestire la prima ondata di Coronavirus, Mosca ha innanzitutto escluso di aver accompagnato al decesso i pazienti più fragili e ampiamente compromessi.

«Con tutti, anche con quelli i cui decessi mi vengono addebitati - ha detto il medico agli arresti domiciliari dal 25 gennaio del 2021 -, abbiamo fatto tutti i tentativi necessari per cercare di salvarli».

  • Il dottor Carlo Mosca in udienza
    Il dottor Carlo Mosca in udienza
  • Il dottor Carlo Mosca in udienza
    Il dottor Carlo Mosca in udienza
  • Il dottor Carlo Mosca in udienza
    Il dottor Carlo Mosca in udienza
  • Il dottor Carlo Mosca in udienza
    Il dottor Carlo Mosca in udienza
  • Il dottor Carlo Mosca in udienza
    Il dottor Carlo Mosca in udienza
  • Il dottor Carlo Mosca in udienza
    Il dottor Carlo Mosca in udienza

Il dottor Mosca ha poi ammesso di aver chiesto ai suoi infermieri la Succinilcolina, uno dei due composti che gli vengono contestati. Lo ha fatto la mattina del 20 marzo. «Pensavo di intubare il paziente Bassi (una delle due persone decedute che gli vengono imputate, ndr) - ha spiegato il medico -. Il farmaco non mi fu mai portato, perché un’infermiera mi disse che non era un candidato alla rianimazione, che era lì dalla notte precedente ed aveva rifiutato le cure.

Ho sospeso la procedura, abbiamo provato a pronare il paziente sulla barella. Poco dopo mi hanno chiamato in sala emergenza, insieme ad un collega, perché aveva avuto un arresto respiratorio. Non si potè fare altro che constatare il suo decesso».

Icona Newsletter

@Buongiorno Brescia

La newsletter del mattino, per iniziare la giornata sapendo che aria tira in città, provincia e non solo.

Rispondendo alla domanda del sostituto procuratore Federica Ceschi, il dottor Mosca ha spiegato anche perché quella mattina, dopo aver chiesto la Succinilcolina, fece uscire tutti dalla stanza dov’era ricovato il paziente Bassi. «Dopo averlo pronato - ha detto il primario -, avrei usato una maschera per l’ossigenazione con una forte dispersione. Il rischio di contagio era particolarmente alto e non volevo che, considerato l’alto numero di infermieri ammalati e assenti, se ne ammalassero altri».

Mosca ha risposto a lungo anche sulle circostanze che hanno portato al decesso di Angelo Paletti, l’altro paziente che per l'accusa il primario ha ucciso con farmaci letali. L’anziano era arrivato in pronto soccorso a Montichiari in coma e in gravi condizioni igieniche. In sede di autopsia all’uomo furono trovate concentrazioni di Propofol, l’altro farmaco letale addebitato al primario.

 «Non gliel’ho somministrato io - ha spiegato Mosca -, anche perché sarebbe stato del tutto inutile darlo a quel paziente. Qualcuno però glielo ha dato. E lo ha fatto per fare una cattiveria. Per farla a me». E chi avrebbe potuto arrivare a tanto? Chiede il presidente della Corte d'assise Roberto Spanò al medico. «So che in quei giorni c’era malcontento in reparto».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia