Tumore al seno: a Brescia si eseguono 1.500 interventi l’anno

Nelle Asst Franciacorta e Garda l’attività chirurgica verrà concentrata in un polo, la presa in carico resta nei tre centri
Il fiocco rosso, simbolo della lotta al tumore al seno
Il fiocco rosso, simbolo della lotta al tumore al seno
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Servizi sanitari più vicini a casa, cure concentrate dove l’esperienza conta. È la nuova geografia della Sanità, che punta a essere allo stesso tempo più efficiente e più umana. La riorganizzazione in atto - definita con il Decreto ministeriale 70 del 2015 e ripresa dalla Regione con la delibera dello scorso 3 novembre - mira a superare la frammentazione delle prestazioni costruendo una rete capace di rispondere in modo tempestivo e appropriato ai bisogni della comunità.

Mentre sul territorio si potenziano i presìdi di prossimità, i casi più complessi vengono indirizzati verso centri altamente specializzati, dove le competenze sono consolidate e i volumi di attività garantiscono alti standard di qualità e sicurezza. È in questa logica che si inserisce anche l’evoluzione delle Breast unit, strutture dedicate alla diagnosi, alla cura e al follow-up del tumore al seno: team multidisciplinari, tecnologie al passo coi tempi e percorsi completi e integrati sono oggi la chiave per offrire a ogni paziente un trattamento personalizzato e aumentare le probabilità di successo.

Tutti i numeri

In un anno nel Bresciano vengono eseguiti all’incirca 1.500 nuovi interventi per casi di tumore maligno della mammella. I centri chirurgici che fanno riferimento alle quattro Asst della nostra provincia si trovano a Desenzano (con 83 interventi nel 2024), Manerbio (75), Chiari (77), Gardone Valtrompia (45), Montichiari (14), Brescia (l’ospedale Civile con 387 operazioni in un anno) ed Esine (68). Si aggiungono, poi, le Breast Unit del privato accreditato: Poliambulanza con 352 interventi e Istituto Clinico Sant’Anna con 400.

Il Decreto ministeriale 70 del 2015, che definisce gli standard qualitativi e quantitativi per l’assistenza ospedaliera, prevede che ogni Breast Unit esegua almeno 150 nuovi interventi chirurgici alla mammella l’anno (con un range di tollerabilità del 10%, 135 casi) nell’ottica di evitare la dispersione delle risorse e la duplicazione dei servizi, a vantaggio di un’offerta più concentrata e competente. Per salvare le unità minori negli anni seguenti sono state create Breast Unit interaziendali (come quella di Desenzano, Manerbio e Chiari) nelle quali la soglia viene superata sommando gli interventi di ciascuna sede. Questo, però, non basta più. In Regione è quindi in corso una delicata fase di confronto che porterà a individuare i poli in cui verranno concentrati solo gli interventi.

La Breast unit del Civile - © www.giornaledibrescia.it
La Breast unit del Civile - © www.giornaledibrescia.it

Le Asst Garda e Franciacorta sono già al lavoro in quest’ottica per individuare al loro interno un centro unico per l’attività chirurgica che possa valorizzare le professionalità presenti nei tre poli; le altre due Breast unit continueranno a svolgere tutte le attività che propongono ora (screening, visite, esami diagnostici, percorsi di follow up...). Sebbene anche Esine non raggiunga l’obiettivo fissato dal Decreto ministeriale (135 interventi) l’operazione non riguarderà la Valcamonica. A incidere sulla scelta è stata la particolare conformazione del territorio.

Le professionalità

La Sanità, si diceva, guarda al futuro concentrando le casistiche più complesse in unità ad alta competenza. Il principio è stato riconosciuto anche dal recente Programma nazionale esiti di Agenas: in Italia la casistica trattata in strutture ad alto volume è passata dal 72% nel 2015 al 90% nel 2024 e, anche per questo, la chirurgia oncologica per il tumore alla mammella è stata giudicata «in forte miglioramento». Negli ultimi anni le Breast unit hanno conosciuto un’evoluzione profonda, sia nell’organizzazione sia nell’approccio alla cura.

Oggi il percorso offerto è strutturato e completo: parte dallo screening e arriva fino al follow up, accompagnando la paziente in ogni fase. Un ruolo sempre più centrale è quello del case manager, infermiere con formazione specifica in ambito oncologico e gestionale, che coordina l’intero iter assistenziale. Figura di riferimento stabile, il case manager aiuta la donna a orientarsi, chiarisce dubbi, rende più comprensibile ogni passaggio e umanizza il rapporto con la struttura. Il suo intervento contribuisce in modo concreto anche a migliorare l’aderenza alle cure.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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