Elezioni regionali, Meloni e i rapporti di forza

Nella definizione degli accordi per le candidature alle prossime regionali c’è qualcosa che non quadra, nel centrodestra. I partiti della coalizione di governo hanno 13 «governatori», fra presidenti di Regione e presidente della Provincia Autonoma di Trento, ma solo tre sono di Fratelli d’Italia (Marche, Lazio, Abruzzo), contro i quattro della Lega (Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Provincia di Trento) e i cinque di Forza Italia (Piemonte, Molise, Basilicata, Calabria e Sicilia) oltre all’indipendente Bucci (Liguria).

La sproporzione fra il 26% ottenuto dal partito di Meloni alle politiche e il 17% complessivo di FI e Lega (che ora, nei sondaggi, è più ampia: 30% per FdI, circa 16-16,5% per i due alleati) fa capire che almeno il 60% dei voti della coalizione è andato al soggetto politico guidato dalla premier. Se si pesassero le candidature valide (non quelle presentate dove si sa già di perdere, che «fan numero» ma non hanno sostanza politica) FdI avrebbe dovuto avere almeno 7-8 delle tredici poltrone, lasciandone tre a Forza Italia e tre alla Lega.
Non solo: c’è stata una sorta di divisione territoriale fra gli alleati, perché delle sei presidenze del Nord quattro sono leghiste, una di Forza Italia e una indipendente (Bucci, centrista); al Centro, le due presidenze (Marche, Lazio) sono di FdI; al Sud FI ne ha quattro, contro l’Abruzzo di FdI (peraltro, quest’ultima regione è un po’ di confine, perché in parte gravita sul Lazio e sul Centro Italia). Il Nord al Carroccio, il Centro alla Fiamma e il Sud agli azzurri sono però una semplificazione che poteva andar bene per altri tempi.
Ora, giustamente, la Meloni reclama suoi governatori al Nord, perché FdI surclassa (in termini di voti) gli alleati (anche i leghisti) in tutto il Settentrione. Però in Veneto non si può non candidare un leghista, perché il blocco del terzo mandato ha estromesso Zaia (che potrebbe vendicarsi con una sua lista autonoma verosimilmente capace di far perdere la destra) e perché Salvini è in serie difficoltà, se non tiene la Regione.
E se il capo leghista si sente chiuso in un angolo può mettersi di traverso, visto che sui temi programmatici del governo ha praticamente scarsa influenza (soprattutto in politica estera; perfino l’autonomia regionale bandiera del Carroccio, è finita su un binario morto). Gli alleati hanno pochi voti di fronte alla corazzata meloniana, però sono indispensabili per vincere le prossime elezioni politiche.
La premier potrebbe anche fare l’azzardo di tenere l’alleato più morbido (Forza Italia) scaricando la Lega, ma la politica della Schlein di totale apertura al M5s fa pensare che Pd e pentastellati si presenteranno insieme alle elezioni del 2027 con AVS, anche se non con tutti i centristi (in pratica, un potenziale del 40% circa, contro il quale il binomio FdI-FI non avrebbe la meglio).

Ecco perché, in attesa di ottenere la Lombardia e il Friuli-Venezia Giulia al prossimo giro, la Meloni (che desidera ora il Veneto, ma non riuscirà facilmente ad averlo) deve accontentare suo malgrado i partiti minori del centrodestra, anche se questi ultimi vorrebbero ancora di più (si parla di un posto ministeriale per Zaia, perché Salvini teme che il governatore uscente del Veneto, una volta rimasto libero da impegni, gli faccia da contraltare potente e autorevole nella Lega nordista).
La Schlein, invece, ha intenzione di rispettare i rapporti di forza, pur di imbarcare Conte: oggi il Pd ha cinque governatori e il M5s uno, ma sta per cedere la Campania al partito pentastellato, in modo da arrivare a un rapporto di quattro a due o cinque a due – se il centrosinistra vincerà nelle Marche – cioè, praticamente pari al rapporto di circa due a uno fra le percentuali dei due partiti. La Meloni, dal canto suo, vuole restare a tutti i costi a Palazzo Chigi, quindi deve sacrificarsi con gli alleati molto più della sua avversaria che cerca di unire l’opposizione.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.