Uccisa a Castegnato, Barbieri: «L'educazione mancata»

Alla base di tutto vi è la mancanza educazione ai sentimenti. La lettura del presidente de «Il cerchio degli uomini»
Un fiore lasciato sul luogo del femminicidio di Castegnato  © www.giornaledibrescia.it
Un fiore lasciato sul luogo del femminicidio di Castegnato © www.giornaledibrescia.it
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Alla base di tutto vi è la mancanza educazione ai sentimenti. Educare ai sentimenti, fin dai primi passi della vita: questa è la strada principale. Ne è convinto Bruno Barbieri, psicologo clinico e psicoterapeuta, presidente de «Il cerchio degli uomini» (348.4644766), associazione bresciana che dal 2013 ad oggi si è presa cura di oltre trecento uomini che hanno usato violenza contro le donne. «Una delle difficoltà principali che accomuna tutti loro è la capacità di gestire la rabbia, un’emozione poco conosciuta».

Una riflessione, quella dell'esperto, sollecitata a poche ore dal dramma che si è consumato a Castegnato, sul ciglio di una strada, a pochi passi da una casa alla quale la vittima, Elena Casanova, non ha più fatto ritorno, stroncata mentre ancora era a bordo della sua auto dalle martellate infertele dall'ex, Ezio Galesi, lasciato da oltre un anno.

Il genere di uomini che si rivolge al «Cerchio» è cambiato moltissimo da quando, nell’estate del 2019, è entrato in vigore il «codice rosso», ovvero disposizioni mirate in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere. «Molti arrivano a noi su mandato del tribunale, altri su suggerimento dei loro avvocati: dicono loro di venire e di fare un percorso utile ad avere uno sconto di pena - spiega Barbieri -. Un percorso inutile, perché a noi non viene chiesta alcuna relazione che certifichi il reale impegno. Se le persone sono motivate, ed i primi anni tutte lo erano, riescono a cambiare. Ciò che accomuna tutti, all’inizio, è la mancanza di coscienza di quello che hanno fatto. Poi, alcuni, nell’ordine di tre su dieci, dopo una serie di incontri, riconosce di essere stato violento: quando riescono a fare questo salto diventano testimoni della possibilità di cambiare e continuano a frequentare il «Cerchio» per essere da esempio nei confronti degli altri».

Dunque, cambiare è possibile anche quando la violenza è diventata una caratteristica del proprio modo di essere. Si può, se si vuole. Si può se, quando si ha coscienza di non riuscire più a controllare la rabbia - un’emozione sulla quale i terapisti dell’Associazione lavorano moltissimo - si chiede aiuto.

«Dicevo che ad accomunare gli uomini violenti è la mancanza di coscienza di quello che hanno fatto - continua il presidente -. Dobbiamo, tuttavia, distinguere: dalla nostra esperienza ci sono uomini, in particolare quelli che provengono dall’Est più prossimo a noi, ma anche dal lontano Oriente, che ritengono giusto picchiare le loro donne. Per loro non è violenza, ma è un modo per educarle. Gli italiani non hanno percezione delle loro azioni e si giustificano con le classiche frasi: me le ha tirate fuori di mano, mi ha provocato talmente tanto che non sono più riuscito a trattenermi. Si giustificano. La colpa è sempre dell’altra, che ha provocato. Poi - aggiunge ancora Barbieri - tendono sempre a minimizzare la violenza e le motivazioni reali non vengono mai a galla perché non riescono a pensarsi come soggetti che sono in sofferenza, vittime di loro stessi». Nessuna speranza, dunque? «Forse cambierà tra qualche decennio, purché si continui ad educare ai sentimenti, anche nelle scuole. Nei giovani c’è già maggiore coscienza di quello che hanno fatto».

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