Muro delle Bambole, Pinky: «Troppe vittime, cambiamo cultura»

Davanti alla nuova installazione in piazza Garibaldi si sono riunite attiviste, testimoni, sopravvissute per contrastare la violenza sulle donne
  • Il Muro delle Bambole in piazza Garibaldi - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
    Il Muro delle Bambole in piazza Garibaldi
  • Il Muro delle Bambole in piazza Garibaldi
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  • Il Muro delle Bambole in piazza Garibaldi
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  • Il Muro delle Bambole in piazza Garibaldi
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  • Il Muro delle Bambole in piazza Garibaldi
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  • Il Muro delle Bambole in piazza Garibaldi
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  • Il Muro delle Bambole in piazza Garibaldi
    Il Muro delle Bambole in piazza Garibaldi
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La più anziana - Anna, 91 anni - ha letto una poesia dedicata alla donna. Le più giovani - le «girls» della Wall of Dolls onlus, visi orientali e accento bresciano - hanno messo in scena uno sketch per stigmatizzare chi giudica e non aiuta le donne vittime di violenza. In mezzo, l’intera società civile: associazioni antiviolenza e istituzioni, enti privati e rappresentanti del mondo del lavoro, orze dell’ordine e artisti, e poi tante, tante testimoni in prima persona di quello che significa il sopruso contro le donne, fino all’atto estremo del femminicidio.

Li ha riuniti tutti insieme, ieri davanti al nuovo «Muro delle bambole» allestito in piazza Garibaldi a Brescia, sul fianco della Rsa «Residenza Vittoria», Pinky Kaur Aoulakh, la donna di origini indiane residente a Dello che esattamente sei anni fa, la sera del 20 novembre 2015, rischiò di venire uccisa dal marito che le diede fuoco. Lei si salvò, denunciò il padre dei suoi figli, compì un percorso di riabilitazione fisica e di conquista dell’indipendenza, diventando testimonial contro la violenza sulle donne e fondando la onlus che si occupa di sensibilizzare contro la violenza ma soprattutto di sostenere le vittime.

«Se siamo qui - ha spiegato Pinky alle donne e agli uomini che sfidando il buio e il freddo ieri pomeriggio si sono raccolti davanti al nuovo Muro - è perché 109 vittime di femminicidio in Italia dall’inizio dell’anno sono troppe, perché le donne vanno protette, perché occorre cambiare mentalità, cultura, perché non basta invitare alla denuncia ma occorre sostenere le donne che hanno il coraggio di farlo, e 400 euro al mese solo per un anno sono pochi». E non è un caso che il Muro che ha sostituito quello nato due anni fa presso il Palazzo di Giustizia, si trovi ora vicino al quartiere multietnico della città. «La violenza contro le donne non è un problema solo italiano - sottolinea Pinky - ma attraversa tutte le latitudini. Troppi matrimoni forzati, troppo silenzio delle comunità attorno a questi episodi, ci sono tante giovani nate in Italia che lavorano, studiano, e che vogliono avere la loro indipendenza. Vanno aiutate».

Tra loro, testimone d’eccezione ieri in piazza, una giovane del Bangladesh vittima di un matrimonio forzato: 16 anni lei, 34 lui. Anni di violenza fino alla decisione di denunciare proprio attraverso la onlus Walls of Dolls, scappando da casa senza portare nulla con sé. «Mio marito mi ha fatto cose che pesano sulla mia vita» ha sussurrato. Da un anno è libera.

Ma la manifestazione presentata con Pinky anche da Jo Squillo e Francesca Carollo, sue compagne di strada, ha visto sfilare numerosi testimoni, dalle rappresentanti istituzionali (l’assessora comunale Roberta Morelli, Anna Gandolfi per Lions e Scuola Bottega) alle sostenitrici dell’iniziativa (Elena Lonati per Fondazione Lonati e Rsa Residenza Vittoria, Micol Vezzini per Korian, Camilla Alberti e Caterina Brazzola per Confagricoltura donna, presente con la vendita di clementine a sostegno della onlus), dai centri antiviolenza (Piera Stretti e Viviana Cassini per Casa delle Donne, Moira Ottelli per la rete Butterfly, Bruno Barbieri per il Cerchio degli uomini) alle Forze dell’ordine (Francesca Pollonara dell’Ufficio Minori della Questura), agli artisti che si sono esibiti «sul tema» (le cantanti Elodea e Marvy, il rapper Ranzy e gli White Shark, l’ideatrice di «Viva Vittoria» e «Virginia per tutte» Patrizia Fratus) fino alle studentesse che hanno scritto e letto poesie.

Una «festa», con tanto di luci e dj, ma anche un toccante momento di testimonianza, con le madri di Monia Del Pero, uccisa nel 1989 e prima vittima di femminicidio riconosciuta a Brescia, di Daniela Bani, ammazzata nel 2014 dopo aver deciso di fuggire dal compagno violento assieme ai due figli ora affidati ai nonni, e di Simona Simonini, massacrata di botte dal compagno nel 2015. Un’eredità di dolore per le famiglie, traumi indelebili per i figli, battaglie nei tribunali, sensi di colpa... E un unico invito da parte di chi è stato vittima o si occupa di rammendare le vite straziate dalla violenza: chiedete aiuto, denunciate, non state zitte. Un invito rivolto a chi quelle violenze sopporta e subisce, un imperativo per chi ne è testimone e gira gli occhi dall’altra parte. Nessuno può più dire: non mi riguarda. Vicini di casa, amici, parenti, colleghi di lavoro. La violenza sulle donne è un problema dell’intera società, ieri presente in piazza. Ma non basta la testimonianza, occorre il coraggio della denuncia.

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