Ciclabile «fantasma» in via Turati, iniziativa corsara che fa discutere

Molti i commenti sui social dopo la provocazione. La pista improvvisata nella notte resta fino a lunedì. Ma poi cosa ci lascia?
La ciclabile «fantasma» tracciata in via Turati - © www.giornaledibrescia.it
La ciclabile «fantasma» tracciata in via Turati - © www.giornaledibrescia.it
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La pista ciclabile «fantasma» apparsa su via Turati nella notte tra giovedì e venerdì è chiaramente una provocazione. Una forma di guerrilla a mano armata di spray per rilanciare l'urgenza di maggior attenzione per chi vive la città in bicicletta e concepisce gli spostamenti nel contesto urbano come non esclusivo appannaggio dei mezzi motorizzati, anzi.

La tutela dei diritti dei ciclisti è tema che alimenta un forte dibattito da tempo anche a Brescia e non ha mancato di suscitare reazioni molteplici anche sui social dopo la diffusione della notizia di quanto accaduto.

Poche strisce, tanti commenti

«Il ring non è un'autostrada»: uno dei cartelli affissi comparsi in via Turati assieme alla ciclabile - © www.giornaledibrescia.it
«Il ring non è un'autostrada»: uno dei cartelli affissi comparsi in via Turati assieme alla ciclabile - © www.giornaledibrescia.it

I commenti postati dai lettori vanno dai toni polemici di chi più che introdurre ciclabili (o ciclagili: il compromesso adottato in diverse arterie cittadine con spazi delimitati in carreggiata a favore di chi pedala senza la formale individuazione di percorsi dedicati e protetti) eliminerebbe i ciclisti. O viceversa gli automobilisti.

Si arriva poi agli interventi più mirati al contesto in cui la protesta ha preso corpo. 

Troviamo ad esempio chi condivide la necessità di una ciclabile su una strada molto trafficata come via Turati, ma ritiene che alla sua introduzione basterebbe poco, vista la disponibilità di spazi idonei a ridosso dei giardini che fiancheggiano la salita al Castello di via Brigida Avogadro.

La soluzione è auspicata da diversi lettori per collegare piazzale Arnaldo e viale Venezia (dove ciclabili già ci sono) con la via Panoramica e soprattutto la zona nord della città, da via San Rocchino alla Pusterla, fino a Mompiano. Non manca chi, notata passando la ciclabile «clandestina», l'ha presa per vera compiacendosene al momento, salvo poi lamentare un po' di delusione nell'apprendere che la bike lane improvvisata era fasulla. E, infine, c'è chi approfitta per invitare i ciclisti a rispettare maggiormente le regole per loro previste dal Codice della Strada, con inesorabile controreplica di uguale tenore rivolta agli automobilisti.

Per tutto il weekend la «ciclabile fantasma» resisterà, lunedì è atteso l'intervento degli addetti per la sua cancellazione definitiva. Si vedrà.

Il Pums e il nodo ciclabilità

Un ciclista in città - © www.giornaledibrescia.it
Un ciclista in città - © www.giornaledibrescia.it

Se l'iniziativa - comunque illecita e al momento ancora priva di una rivendicazione esplicita - ha l'obiettivo di suscitare clamore e riportare sotto la lente un'esigenza sentita, rischia però di provocare (oltre a qualche problema di interpretazione della segnaletica a chi, automobilista o ciclista, transita per via Turati) una nuova polarizzazione dell'eterno contrasto tra utenti a due ruote a trazione umana e conducenti di veicoli a motore.

Una convivenza mai facile che è compito dell'urbanistica concorrere a ridefinire. Brescia ha adottato un Pums, un Piano urbano della mobilità sostenibile che si prefigge di rendere dolce il 50% degli spostamenti che quotidianamente vengono effettuati in città. Nei numeri, ai quasi 110 km attuali di percorsi riservati alle biciclette (anche se su quantificazione e qualità di diversi tratti le critiche non mancano) se ne dovrebbero aggiungere altri 70 circa nei prossimi anni.

Un obiettivo ambizioso e non facile da perseguire in un contesto, quale quello tipicamente italiano, che sconta decenni di sviluppo urbanistico orientato ad accogliere in via quasi esclusiva la mobilità di mezzi a motore.

Qualcosa sta cambiando

Moltissimo resta da fare, insomma, come spesso sottolinea chi - vedi Legambiente, Fiab o più di recente Fridays for future - si perita di misurare la qualità, l'efficienza e la percorribilità di ciclabili e ciclopedonali, non di rado stigmatizzando anche i comportamenti impropri degli utenti della strada (dal parcheggio selvaggio all'inosservanza delle delimitazioni a terra).

Ma nella nostra città l'inversione di tendenza è risalente. Dall'introduzione del bike sharing (con BiciMia, sostenuta tra i primi dall'allora assessore Ettore Brunelli della giunta Corsini) al primo Piano della ciclabilità varato da Fabio Rolfi quando era vice sindaco di Paroli.

In Maddalena uno dei cartelli che invitano i conducenti a rispettare il metro e mezzo di distanza laterale dai ciclisti - © www.giornaledibrescia.it
In Maddalena uno dei cartelli che invitano i conducenti a rispettare il metro e mezzo di distanza laterale dai ciclisti - © www.giornaledibrescia.it

Con la giunta Del Bono e l'assessore alla Mobilità Federico Manzoni sono arrivate accanto alla costante estensione della rete di ciclabili in sede propria anche le provvisorie ciclagili e le «casette avanzate», a garanzia di una ripartenza più sicura agli stop da parte dei ciclisti, oltre a quanto previsto per le due ruote nel già citato Pums. E anche qualche piccolo elemento dal sapore fortemente simbolico: tra questi i cartelli che invitano al rispetto del metro e mezzo di distanza laterale dai ciclisti in fase di sorpasso installati, ad esempio, lungo la salita della Maddalena.

Risorse economiche e tempi di ripensamento degli spazi comuni alle varie schiere di utenti della strada rendono comunque i tempi non brevi. È più facile che anziché colpi di mano e rivoluzioni ad alto impatto, siano riforme graduali (ma costanti) a offrire nuove prospettive alla circolazione di tutti, meglio se accompagnate da una consapevolezza sempre accresciuta del valore dello spostarsi limitando consumi, emissioni e congestionamenti.

Forse, insomma, approcciarsi con animo più tollerante da parte di tutte le categorie - automobilisti e ciclisti, per dire - favorirebbe anche una opportunità di concertazione e riprogettazione condivise di cui la prima ad avvantaggiarsi sarebbe la città stessa. Gli esempi - dalla Francia alla Danimarca, dalla Germania alla Svezia non mancano. Se un'iniziativa corsara e di suo, come detto, potenzialmente divisiva quale quella di via Turati, si tramutasse invece nello spunto per un superamento degli steccati e in uno stimolo a risolvere almeno un nodo critico tra i tanti, non sarebbe stata del tutto vana. 

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