Emergenza smog, la sfida di Brescia: non più fuorilegge dal 2025
Zone rosse e lockdown non cancellano l'emergenza. L'aria di Brescia resta malata. Un po' meno di vent'anni fa, quando i livelli delle polveri sottili erano fuorilegge un giorno su tre. Ma in tre mesi ci siamo già mangiati il bonus annuale di 35 giorni oltre i limiti ammesso dalla direttiva europea del 2008 sulla qualità dell'aria. Al 31 marzo alla centralina Arpa del Villaggio Sereno Pm10 oltre la soglia di 50 microgrammi per metro cubo d'aria (µg/mc) già 38 giorni così come in quella di via Tartaglia.
Brescia, va detto, come tutto il bacino padano, sconta l'orografia del territorio: pochi venti e l'aerosol di inquinanti che ristagna nella grande pianura. Ma proprio per questo sono ancora più importanti le politiche messe in campo e i comportamenti individuali. Una sfida per il futuro e la salute di tutti.
Per migliorare l'aria servirebbero investimenti corposi, quantificati in 400 milioni in 10 anni dall'Università di Brescia, puntando su trasporto pubblico, rigenerazione urbana, efficientamento energetico degli edifici, teleriscaldamento, trame verdi e agricoltura più sostenibile. Misure che potrebbe avere (nuovo) impulso grazie al Recovery Fund del Governo, come suggerisce l'assessore regionale all'Ambiente Raffale Cattaneo.
Strategia
«In Lombardia produciamo 1.883 grammi pro capite di Pm10 - spiega l'assessore regionale -. Meno di 2 chilogrammi l’anno. La media europea è 4.107 grammi, più di 4 chili. E la media italiana è oltre 3 chilogrammi. Noi non siamo coloro che producono più polveri sottili, siamo coloro che hanno le condizioni orografiche e meteoclimatiche peggiori». In sostanza in pianura Padana gli inquinanti ristagnano. «Ne bastano meno di altre aree per generare situazioni di criticità».
Si tratta di «un fenomeno complesso», da aggredire su tre fronti: traffico, riscaldamento, agricoltura (spandimento reflui). «Per questo Regione Lombardia, insieme alle altre Regioni del Bacino Padano, ha chiesto che nel Recovery Plan del Governo ci siano misure per la qualità dell'aria per un importo di 2 miliardi di euro e ha attivato misure proprie. Il percorso su cui siamo incamminati - continua Cattaneo - è un percorso positivo che ci permetterà di rientrare sotto i limiti entro il 2025».
Il maxi-piano da 2 miliardi
Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna hanno inviato un dossier al Governo Draghi, affinché venga inserito nel Recovery Plan. Lo schema di progetto prevede quattro linee di intervento: mobilità, con investimenti sulle ciclabili e incentivi per il rinnovo dei veicoli più inquinanti; agricoltura, con bonus per abbattere le emissioni di ammoniaca (catalizzatore delle Pm10); riscaldamento, con incentivi per sostituire gli impianti più inquinanti (biomasse non certificate e gasolio); rigenerazione urbana, con aree verdi, riqualificazioni e strade scolastiche.
Alla Lombardia dovrebbero spettare circa 700 milioni di euro. La scorsa settimana si è tenuto un incontro tra i vertici della Regione (compreso l'assessore Cattaneo) e il ministro alla Transizione ecologica Roberto Cingolani. Il piano che sta mettendo a punto il Governo va proprio nella direzione di una politica green e si respira quindi un cauto ottimismo. Anche perché il piano delle Regioni potrebbe consentire all'Italia di evitare la multa di Bruxelles, dopo la condanna della Corte di Giustizia del novembre scorso. Multa che - secondo i primi calcoli - dovrebbe aggirarsi proprio attorno ai 2 miliardi.
L'emergenza
Intanto però bisogna fare i conti con una situazione critica che le restrizioni alla mobilità dovute all'emergenza sanitaria non hanno migliorato. Pesano più vento e pioggia che il blocco dei diesel. Tre centraline su cinque sono già fuorilegge. Quattro su sei se si considera anche quella di Odolo. Non solo. Da quando è stata attivata la centralina di via Tartaglia, sul ring, dopo due anni di ritardo e le proteste delle associazioni ambientaliste, si è già registrato un terzo in più dei superi rispetto alla centralina del Broletto (zona meno trafficata).
Una situazione stigmatizzata dal forum Basta Veleni. «I dati sono sottostimati - spiega Maurizio Bresciani -. Per due anni le centraline di San Polo e via Tartaglia sono rimaste spente. Appena accese hanno mostrato dati più alti della vecchia centralina del Broletto».Inoltre non ci sono solo le Pm10. Nella centralina del Sereno le più pericolose polveri Pm 2.5 hanno superato già 50 volte da inizio anno la soglia d'allarme di 25 microgrammi per metro cubo d'aria (il valore di riferimento è in via di definizione a livello comunitario, anche se l'Oms ha indicato più prudenzialmente i 10 µg/mc).
Per Basta Veleni servirebbe più trasparenza. «La centralina di via Tartaglia non rileva le Pm 2.5, quelle prodotte in misura maggiore da traffico, pneumatici e impianti frenanti - spiega Bresciani -. Quella di San Polo non rileva le Pm 10, prodotte per lo più da impianti industriali. Perché poi nell'agglomerato di Brescia non viene più considerata la centralina di Rezzato ma quella di Sarezzo?».
Ma la situazione migliora
L'aria di Brescia è però un po' meno malata rispetto a vent'anni fa. Arpa Lombardia a gennaio ha presentato un «primo bilancio» del 2020, mostrando l'andamento dei dati sullo smog in tutti i capoluogo lombardi dal 2002. La concentrazione media annua di Pm10 rilevata nella stazione peggiore di Brescia è passata dai 51 microgrammi per metro cubo del 2003 ai 32 dello scorso anno: una riduzione di oltre il 37%, rientando così dentro i limiti europei.
Il trend generale, spiegano da Arpa Lombardia, è in miglioramento: per il quinto anno dopo il 2014, il 2016, il 2018 e 2019, in tutte le stazioni è stato rispettato il valore limite sulla media annua di 40 µg/m3.
In calo anche i giorni di supero: nel 2005 avevano toccato il picco di 168 (in pratica fuorilegge un giorno su due), nel 2020 sono stati 62 (il dato è riferito sempre alla stazione peggiore del capoluogo). In questo caso però l'andamento non è sempre in calo, come per le concentrazioni. C'è un saliscendi figlio del meteo: vento e pioggia influiscono più della circolazione stradale. Così accade che nel 2015 i giorni oltre i limiti siano stati 50 e nel 2016 84. Oppure che nel 2020, nonostante il lockdown totale, siano stati più del 2019 (53) a fronte di mesi, gennaio, febbraio e novembre 2020, con precipitazioni ampiamente sotto la media.Se il miglioramento c'è, va però sottolineato che anche nell'anno migliore (il 2015) i giorni di supero sono stati ampiamente sopra la soglia dei 35 giorni. Quindi c'è ancora parecchia strada da fare e l'obiettivo di rientare sotto soglia nel 2025 appare doveroso ma ambizioso.
Migliorano anche i dati delle Pm 2.5, rileva Arpa. A Brescia i valori sono scesi dalla media annua di 30 microgrammi per metro cubo (dato del 2012) a 23 µg/m3 mentre la concentrazione dei biossidi di azoto (No2) tra 2005 e 2020 è calata del 57%.
Il confronto provinciale
Il report di Arpa consente anche un confronto con il resto del territorio lombardo. Nel 2020 si sono verificati 90 giorni di superamento delle Pm10 a Milano, 78 a Cremona, 66 a Mantova e a Monza, 64 a Pavia, 62 a Brescia. Solo Varese (25), Lecco (24) e Sondrio (7) hanno rispettato il limite dei 35 giorni.
Il valore limite annuale delle Pm 2.5 pari a 25 µg/mc è invece stato rispettato in tutte le stazioni (tranne Cremona): Milano 25 µg/m3, Lodi 24 µg/m3, Brescia e Pavia 23 µg/m3, Bergamo, Como e Monza 22 µg/m3, Mantova 20 µg/m3, Varese 19 µg/m3, Sondrio 16 µg/m3 e Lecco 14 µg/m3.
Nel rapporto Mal'Aria di Legambiente Brescia poi è tra le 35 città italiane che l’anno scorso hanno superato in almeno una centralina il limite di 35 giorni, fissato dall’Ue, di superamento della soglia di Pm10. Brescia è diciannovesima, ai primi tre posti troviamo Torino (98 giorni), Venezia (88) e Padova (84). Insomma, la situazione di Brescia va calata nel contesto del bacino padano. Da Torino a Bologna, da Milano a Padova, le città del nord si trovano a dover affrontare un'emergenza comune.
Il bacino padano
Non è un caso se il 9 giugno 2017 le Regioni Lombardia, Piemonte, Veneto e Emilia-Romagna hanno sottoscritto un Accordo di programma con il Ministero dell’Ambiente per la «realizzazione congiunta» di una serie di azioni per il miglioramento dell'aria, così da evitare misure a macchia di leopardo.
Ad esempio il blocco tutto l'anno dei veicoli più inquinanti (Euro 0 e 1 benzina, Euro da 0 a 3 diesel) nei Comuni di fascia 1 (città, hinterland e Valtrompia) e fascia 2 (30 Comuni bresciani) dal lunedì al venerdì dalle 7.30 alle 19.30. In caso poi di superamento per 4 giorni di fila dei limiti, scattano misure temporanee: blocco degli Euro 4 diesel, divieto di accensione di fuochi e falò (un caminetto aperto inquina quanto 4mila impianti a metano), stop allo spandimento dei terreni agricoli, riduzione di un grado del riscaldamento in case e uffici. Misure efficaci?
Le fonti dell'inquinamento
Dipende. Innanzitutto è importante capire quali sono le fonti delle polveri sottoli. In quest'ottica risulta prezioso il lavoro effettuato dai professori dell'Università di Brescia Giovanna Finzi e Marialuisa Volta (Dipartimento di Ingegneria meccanica e industriale) e Giuseppe De Palma (Dipartimento Specialità medico chirurgiche e sanità pubblica): 4 anni di indagini e un dossier presentato alla città nel giugno 2019.
L’indagine dal titolo «Valutazione integrata dell'inquinamento atmosferico nel bacino padano e nel territorio bresciano» certifica la cattiva salute dell’aria in tutte le regioni del nord Italia, avanzando soluzioni concretee puntuali per il territorio bresciano secondo un modello scientifico che contempera i costi e i benefici.
La lotta è contro il biossido di azoto (prodotto soprattutto dai motori diesel), l’ozono (si forma a partire dagli ossidi), le polveri sottili (Pm10 e Pm 2,5). Per le Pm10 in particolare lo studio mostra «un significativo e confrontabile impatto del riscaldamento domestico (che incide per il 23%), del traffico (18%), delle attività industriali (20%) e dell’agricoltura (17%); quest’ultima, a causa delle elevate emissioni di ammoniaca, dà un contributo molto elevato alla formazione di aerosol secondario».Le cose da fare: investire 40 milioni l'anno per 10 anni
Lo studio suggerisce anche le azioni da mettere in campo. Punto uno: migliorare gli impianti di riscaldamento, sostituire stufe e camini a legna con impinati certificati, estendere gli impianti solari termici e la rete del teleriscaldamento. L’altra urgenza riguarda il traffico: svecchiare il parco mezzi, in particolare i veicoli diesel; incentivare forme di trasporto collettivo o pubblico verso i posti di lavoro; ripensare la distribuzione delle merci in ambito urbano. Infine adottare azioni di contenimento delle emissioni di ammoniaca prodotte dalla zootecnia e dalla pratiche agricole.
L'Università ha anche stimato l'investimento necessario per sostenere queste tre azioni: servirebbero 40 milioni di euro l'anno per 10 anni.
Loggia: osservatorio e programmazione
La salute dell’aria di Brescia è stata messa anche nero su bianco nel Primo rapporto dell’Osservatorio «Aria bene Comune» promosso dalla Loggia e che comprende numerosi soggetti, dal Comune alle Università statale e Cattolica, dall’Arpa all’Aib, dall’Ats alla Consulta comunale sull’ambiente. Centoventi pagine (scaricabili dal sito del Comune) presentate lo scorso gennaio ricche di dati, analisi, progetti e proposte. Sono anche suggerite 12 buone pratiche, dal car pooling all’installazione di impianti solari. «Un documento organico che mostra il miglioramento dei dati di questi anni - spiega l’assessore comunale all’Ambiente Miriam Cominelli - ma la strada è ancora lunga da percorrere».
Cosa può fare il Comune? «Abbiamo affrontato il tema non con azioni spot, ma con strumenti di programmazione. Penso al Piano di governo del territorio che ha ridotto il consumo di suolo o al Piano urbano della mobilità sostenibile...».
Ma l’azione a livello locale, continua l'assessore, non basta. «Serve la stretta collaborazione con la Regione, ma serve anche una regia a livello sovraregionale e statale. È un problema che riguarda non solo Brescia, ma tutto il bacino padano».Le strategie
Insomma, intervenire si deve: la salute dei bresciani non può dipendere dalla meteorologia, che disperde o mantiene i veleni nell’aria.
Qualcosa, va detto, è già stato fatto. Basti dire che con l'arrivo della metropolitana, nel 2013, i passeggeri del trasporto pubblico dell'area urbana sono passati da 41 a 58 milioni. Il traffico è diminuito del 3% e la rete delle piste ciclabili è stata potenziata. Si sta lavorando alla realizzazione di un tram per coprire i quartieri ovest della città e si punta a sfruttare le ferrovie regionali per i collegamenti di Brescia con Iseo e Montichiari con l'obiettivo di tagliare gli ingressi quotidiani in città: 200mila auto ogni giorno.
«Continuiamo a investire nella cura del verde, 4 milioni di metri quadrati e 122mila alberature» spiega l'assessore Cominelli. Un polmone verde prezioso. «Stiamo lavorando al Paesc, Piano d’azione per l’energia sostenibile e il clima, che incide sulle emissioni di CO2 ma contiene anche azioni positive per la qualità dell’aria».
Crescono le colonnine di ricarica per auto elettriche e il superbonus del 110% può essere un buono stimolo per la riqualificazione energetica degli edifici (privati). Oltre agli incentivi statali, anche la Regione ha messo sul piatto risorse per l'acquisto di caldaio e veicoli meno inquinanti (in tutto 100 milioni tra 2021 e 2022): a inizio mese sono stati prenotati 16,2 milioni di euro in 24 ore per cambiare l'auto.
Nel 2020 A2A ha poi abbandonato l'uso del carbone nella centrale di Lamarmora mentre sta potenziando la rete del teleriscaldamento, con l'allacciamento alla rete delle acciaierie Ori Martin e Alfa Acciai e il recupero in corso dei fumi del termovalorizzatore con l'abbattimento ulteriore delle emissioni (lavori per 100 milioni).
Insomma, qualcosa si muove. Certo, ancora troppo poco per i nostri polmoni. Ma dipende anche dalle nostre scelte. Lasciare l'auto in garage o abbassare un po' il riscaldamento può far bene all'aria che respiriamo. E quindi a tutti noi.
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