Valtrompia, bosco divorato dal bostrico: 133mila alberi estinti

L'insetto infestante ha cancellato 350 ettari, danni per 4 milioni. Il sindaco di Irma: «Aiutateci a salvare l’Alta Valle»
Gli alberi caduti con la tempesta Vaia e divorati dal bostrico - © www.giornaledibrescia.it
Gli alberi caduti con la tempesta Vaia e divorati dal bostrico - © www.giornaledibrescia.it
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Il bosco è morto. «Non c’è più un abete rosso sano, ormai siamo alla fine. Nell’arco di due o tre anni, qui, ci sarà il vuoto totale». La sentenza - seguita da qualche secondo di silenzio, quasi per dare il tempo a chi ascolta di captare appieno la portata della questione - la pronuncia velocemente, come se stesse strappando un cerotto. Mauro Bertelli, sindaco di Irma, della sua terra è orgoglioso. Sguardo lontano, gambe in spalla e scarpe da ginnastica ai piedi, ha la parlantina di chi di rassegnarsi non ne ha la benché minima intenzione. E mentre gesticola per aggiungere pathos a una situazione che non lo fa dormire la notte, non ci sta a cantare il de profundis senza tentare il tutto per tutto. Per questo, durante il racconto, ogni venti minuti - quasi avesse un timer incorporato - ripete come un ritornello: «Bisogna fare qualcosa. Bisogna che qualcuno ci aiuti».

Camminare nell’Alta Valtrompia, nel bosco che non c’è (più), è uno shock prima di tutto per chi lì ci abita e ci lavora da una vita. Diego Tanghetti ha una segheria e scuote la testa: «È un disastro. Lo è per le aziende, per il Comune, per il futuro della nostra Valle». In effetti la metamorfosi è evidente. La foresta, ormai, s’intuisce soltanto: il vuoto lasciato dagli alberi è sempre più esteso e quella scala cromatica che dipingeva un mosaico di verdi, dalla sfumatura inglese a quella più tenue tendente allo smeraldo, è stata rimpiazzata dal marrone bruciato e dai grigi tipici delle sterpaglie inaridite.

L’insetto killer

Un colpevole c’è, lì sanno tutti chi è: si chiama bostrico, è lungo poco più di 4 centimetri, è un coleottero, il suo alias è «bostrico tipografo» e detta così sembra quasi un insettino simpatico. Invece no: il suo appellativo lo deve ai complessi sistemi di gallerie che riesce a scavare sotto la corteccia degli alberi. Un parassita insidioso: attacca i margini deboli del bosco, le piante scottate, quelle più esposte. Colpisce, insomma, quando l’albero è in sofferenza, lo colonizza e si nutre dei tessuti sottocorticali che conducono la linfa dalle radici alle foglie. Toglie l’anima alle piante e ne lascia lo scheletro. Gli unici contenti della sua diffusione sono i picchi: «A loro sì che va bene, mai avuto a disposizione così tanti tronchi da beccare».

È instancabile, il bostrico: per ogni albero abbattuto, la presenza del coleottero porta alla morte di altri quattro. È così che è successo nel bosco di Irma, ma in generale nell’Alta Valle: a rendere accogliente la (fu) selva all’insetto killer è stata l’enorme quantità di legname schiantato dalla tempesta Vaia (ottobre 2018). Le piante sradicate sono rimaste troppo a lungo sdraiate e ben presto il bostrico per l’abete rosso è diventato come il coronavirus per l’uomo.

Economia in ginocchio

Accanto a Bertelli c’è Giacomo Remedio, coordinatore d’area della Comunità montana. Insieme snocciolano i numeri del disastro: il bostrico ha divorato circa 133mila alberi o, se si preferisce, 350 ettari di bosco. Il conto dei danni è salatissimo: si superano i 4 milioni di euro. «Tutta la dorsale verso la Valsabbia è compromessa e questo - conferma Remedio - aumenta esponenzialmente il rischio di incendi, perché il bosco è tutto secco. In questi giorni, onestamente, a salvarci è stata la nevicata».

Il problema è serio: l’estinzione del bosco, per un paese come Irma, è una catastrofe da più punti di vista. A partire dal pareggio dei conti pubblici, perché proprio dalla vendita del legname il Comune incassa in media tra i 35 e i 40mila euro all’anno, cifra necessaria per sostenere i servizi pubblici: «Quest’anno siamo riusciti ad andare avanti con contributi vari, ma poi non so come faremo» confessa Bertelli. 

La pista per 600 camion

«Ora ci sarà un cambio di paesaggio radicale. Il sottobosco non esiste più, sono spariti persino i funghi» racconta il sindaco. Che, nei mesi scorsi - da primo cittadino e da membro della Comunità montana - ha dovuto affrontare un altro rebus non da poco: l’esbosco. «Non è stato semplice conferire l’incarico ad un’Ati, perché ci sono alcune zone parecchio impervie e per le ditte è un problema raggiungerle».

Alla fine, però, ce l’ha fatta: l’appalto è stato assegnato a sette imprese che, mano a mano, sgombereranno più di cento ettari di legno bostricato. Per farlo, con i soldi che Roma aveva destinato ai piccoli Comuni (circa 600mila euro), Irma ha realizzato una «pista forestale», una strada che renda cioè possibile il passaggio dei circa seicento camion necessari per cancellare il cimitero di alberi. E poi che se ne farà il Comune di quel passaggio? «Fungerà da strada taglia incendio e potrà essere utilizzata anche per i mezzi di soccorso. L’alternativa - puntualizza il primo cittadino - era noleggiare l’elicottero per raggiungere le zone più insidiose, operazione costosissima. Almeno questa è un’opera che rimane al paese».

L’appello: «Aiutateci»

Alberi si stagliano nel cielo azzurro affondando le radici nella neve che copre Irma - © www.giornaledibrescia.it
Alberi si stagliano nel cielo azzurro affondando le radici nella neve che copre Irma - © www.giornaledibrescia.it

Certo è - ricorda Remedio - che «rimane da affrontare il problema della gestione delle aree private, spesso lasciate a loro stesse oppure caratterizzate da interventi a spot. Per adesso stiamo cercando di salvare il salvabile». E il sindaco non ha dubbi: bisogna rimboschire.

A occhio e croce si dovrà procedere per gradi, ma il numero di piante necessarie è altissimo. Di qui l’appello, accorato, del sindaco alle aziende della Valtrompia: «Mi rivolgo a voi, che avete detto di voler cogliere la sfida green: qui c’è un bosco da ricostruire, servono piante già mezzane per evitare che vengano distrutte dalla fauna. Ci aiutate?». Chi ci sta, batta un colpo.

Il caso sul tavolo del ministro Patuanelli

Il grande disastro, è importante ribadirlo, non riguarda solo Irma. Da Marmentino a Bovegno, da Collio a Pezzaze tutta l’Alta Valle è in enorme difficoltà per il disboscamento. Un’emergenza che, con un effetto matrioska, ne apre un’altra: quella degli incendi che trovano terreno fertile tra le sterpaglie. 

Anche per questo, oltre che per la strage provocata dal bostrico, la Comunità Montana della Valtrompia ha chiamato in causa Roma per ben due volte. La prima quando la titolare del dicastero dell’Agricoltura era Teresa Bellanova: «In quell’occasione - ricorda Mauro Bertelli - le avevamo scritto, sottoponendole il problema e ci aveva risposto, sembrava che si stesse muovendo qualcosa». Poi è cambiato il Consiglio dei ministri e quell’interlocuzione che aveva dato speranza alla Valtrompia si è interrotta.

Non per molto, però: il secondo tentativo la Comunità Montana lo ha fatto andando a bussare direttamente alla porta del Ministero. «Il presidente e io abbiamo deciso di protocollare tutto di persona - racconta il sindaco di Irma -. Ci ha ricevuto il capo di gabinetto, al quale abbiamo consegnato tutta la documentazione tecnica redatta da Giacomo Remedio»: un dossier dettagliatissimo, nel quale non solo veniva descritta l’entità del danno, ma anche quantificata con tanto di conti alla mano. Il destinatario, stavolta, è stato il ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli, al quale i Comuni hanno chiesto un aiuto: economico se possibile, ma non necessariamente. «A noi andrebbe bene anche se ci finanziassero direttamente la ripiantumazione, se ci dessero gli alberi, oppure attraverso fondi che transitino dalla Regione: qualsiasi forma di sostegno insomma» ribadisce Bertelli. E lo staff di Patuanelli non ha chiuso la porta: «Ci hanno risposto, la documentazione è sul tavolo del ministro e sembra che abbiano capito il problema». Un atto pratico però, al momento, ancora non c’è. 

Nel frattempo, non si sta certo con le mani in mano. Irma, Bovegno, Marmentino, Collio (peraltro penalizzata dagli incendi) e Pezzaze stanno cercando di «fare rete» e di lavorare insieme per riuscire a costituire il Consorzio forestale dell’Alta Valle, un contenitore che potrebbe rivelarsi prezioso per incassare finanziamenti a disposizione del territorio e, soprattutto, della sua manutenzione, a partire da quella di boschi e sentieri. «Ci stiamo confrontando, il Consorzio - conclude Bertelli - potrebbe essere un veicolo per migliorare la situazione».

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