Processo Bozzoli, come si svolgerà l'esperimento con il maiale

La Corte d’assise ha disposto la simulazione a Provaglio per capire dove sia finito il corpo dell’imprenditore
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Serve un maiale, irrimediabilmente ammalato, di quelli con il destino segnato e in imminente scadenza. Dovrà essere sottoposto ad un prelievo del Dna, poi ucciso, vestito con indumenti simili a quelli che Mario Bozzoli indossava quella sera e infine, entro le 24 ore dalla sua dipartita, dovrà essere gettato in un forno da fonderia.

Serve anche un volontario che, protetto da tuta ignifuga, casco, visiera e guanti, si assuma il rischio della fase finale delle operazioni. In scala ridotta. Eccezion fatta per le telecamere e il drone per riprendere le operazioni e l’esito del test da varie angolazioni, il resto c’è tutto. C’è anzitutto la decisione della Corte d’assise che sta processando Giacomo Bozzoli per l’omicidio e la distruzione del cadavere dello zio di procedere all’esperimento giudiziale in scala ridotta. C’è il forno e c’è pure la data in cui la singolare prova sarà effettuata.

Come funziona

Tramite il sacrificio dell’animale - che biologicamente è quello in assoluto più compatibile con l’uomo - i giudici vogliono capire se l’assenza di resti dell’imprenditore 50enne nel suo forno sia prova del fatto che nel forno non ci sia finito. Oppure no. L’appuntamento è alle 14.30 del 27 aprile prossimo, alla fonderia Gonzini di Provaglio d’Iseo. Solo allora si saprà se - contrariamente a quanto aveva affermato la consulente della procura generale Cristina Cattaneo - è possibile, per non dire probabile, che la soluzione del mistero senza risposte dall’8 ottobre di sette anni fa fosse proprio nell’impianto di Marcheno che prendeva il suo nome dal cognome di vittima e imputato.

Misure compatibili

Una slide mostrata nel corso del processo dai periti della Corte d’assise - © www.giornaledibrescia.it
Una slide mostrata nel corso del processo dai periti della Corte d’assise - © www.giornaledibrescia.it

Alla soluzione dell’esperimento giudiziale la Corte presieduta da Roberto Spanò è approdata ieri dopo aver sentito in aula i consulenti ai quali aveva affidato l’incarico di valutarne la fattibilità, il senso e anche la pericolosità. La dottoressa Camilla Tettamanti ha affermato che «per altezza e peso il 50enne imprenditore di Marcheno poteva stare all’interno del crogiolo del suo impianto fusorio, anche nel caso fosse stato caricato al massimo».

L’ingegner Antonio Boccardo ha escluso che il forno, con il cadavere di Mario Bozzoli a contatto con il metallo fuso, avrebbe dovuto esplodere. «I 50 chili di acqua che componevano il suo corpo - ha spiegato il perito - avrebbero prodotto 130 metri cubi di vapore acqueo. Una quantità che l’impianto di aspirazione della fonderia avrebbe potuto smaltire in una decina di secondi, scongiurando il rischio di una violentissima esplosione». Possibile il bis.

Per la dottoressa Camilla Tettamanti l’esperimento giudiziale può servire per asseverare i risultati ai quali è approdata la sua analisi sotto il profilo teorico. «Si tratta pur sempre di una prova singola - ha detto - e dal punto di vista scientifico può valere quanto vale un test fatto una volta sola. Non escluderei che, all’esito dell’esperimento in scala ridotta, sia necessario farne anche uno con le reali grandezze oggetto del processo».

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