Perché Oscar Maggi può essere l'uomo chiave del processo Bozzoli

Dopo essere stato iscritto nel registro degli indagati, la sua posizione è stata archiviata. Mercoledì 13 ottobre sarà in aula
Oscar Maggi era dipendente della fonderia Bozzoli di Marcheno - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
Oscar Maggi era dipendente della fonderia Bozzoli di Marcheno - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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Il suo nome è stato iscritto nel registro degli indagati ad inizio inchiesta con l'ìpotesi di concorso, morale e non materiale, nell'omicidio. Poi la posizione è stata archiviata, ma oggi Oscar Maggi può diventare l'uomo chiave nel processo a carico di Giacomo Bozzoli, accusato dell'omicidio dello zio Mario e dell'occultamento del cadavere. «Indagato solo perché quella sera ero in fabbrica» disse Maggi in un'intervista in esclusiva al nostro giornale nell’aprile del 2016.

Mercoledì 13 ottobre Maggi siederà al banco dei testimoni e le sue parole potrebbero in qualche modo dare una direzione al resto del processo sull'omicidio dell'imprenditore di Marcheno, svanito nel nulla l'8 ottobre 2015 al termine di una giornata di lavoro nella fonderia di cui era coproprietario con il fratello Adelio.

Oscar Maggi è l'uomo che in un bar del paese, all'inizio del caso quando l'ipotesi del cadavere fatto sparire nel forno era più che mai in prima linea, si informò sulla temperatura che fa fondere il titanio, in riferimento alle possibili protesi dentarie che Bozzoli aveva.

Cos'aveva detto nell'intervista del 2016

«Ero in fabbrica per lavorare come tutte le notti». Questo ha dichiarato Maggi nello studio del suo legale, l’avvocato Alberto Scapaticci, quando per la prima volta racconta la sua verità. Parlando del giorno della scomparsa di Bozzoli, racconta: «Ho lavorato tranquillamente tutta la notte. Verso le 23 sono arrivati i figli di Mario, io ero all’esterno dei capannoni e ho sentito che chiedevano dove fosse il padre. Poi è arrivata la signora Irene e mi ha chiesto in lacrime: "Dove è il mio Mario?" e ho iniziato a partecipare alle ricerche». A proposito della fumata anomala del forno, afferma: «Fumate ce ne sono tutti i giorni. Non mi sono accorto di nulla di strano. Ho riacceso l’impianto di aspirazione che si era spento, ma non era la prima volta».

Sull'episodio della fusione del titanio, spiega: «Ero in un bar e si parlava del caso. Seduta al mio fianco c’era mia cugina dentista e ho detto "chiediamo a lei a quanto fondono i denti". Lei mi ha detto una temperatura molto alta e ho risposto: "Meglio, perché i nostri forni vanno a 1.100 gradi e se Mario è caduto dentro qualcosa trovano"». Riguardo al periodo delle indagini, ora alle spalle, racconta: «Quando mi hanno detto che ero indagato ho pianto come un bambino. Io so di non avere fatto niente e sono in pace con me stesso».

L'intercettazione in auto con Abu

Risale alla sera del 15 ottobre 2015 l’intercettazione che cattura il dialogo in auto tra Oscar Maggi e il collega Akwasi Aboagye, detto Abu, anche lui chiamato mercoledì 13 ottobre a testimoniare in aula (all'ultima udienza era risultato irreperibile perché a Londra per lavoro). A pochi giorni dalla scomparsa del datore di lavoro, i due parlano senza sapere di essere registrati da una cimice, messa dagli inquirenti sull’auto di Maggi.

Sono le 21.40 quando il bresciano di Pezzaze dice al collega di origini senegalesi: «Se Beppe racconta qualcosa di sbagliato siamo nei casini». Il Beppe citato è Giuseppe Ghirardini, addetto al forno grande della fonderia, uno di quelli che era in fabbrica la sera dell'8 ottobre in cui Bozzoli scompare. E poi trovato morto con un'esca al cianuro nello stomaco a Case di Viso in Valcamonica.

Il processo Bozzoli fino a qui

Iniziato il 14 gennaio 2021 davanti alla Corte d'Assise di Brescia, il processo Bozzoli potrebbe arrivare a sentenza entro dicembre. Sono più di cento i testimoni chiamati in aula: 94 i nomi indicati dalla Procura generale che rappresenta l’accusa, 41 quelli della difesa ai quali si aggiungono otto consulenti e 46 delle parti civili. Un elenco complessivo di quasi duecento persone, di cui circa la metà in comune tra le due parti.

Per ora, davanti al presidente Roberto Spanò sono comparsi in primis i consulenti che hanno partecipato alle indagini, i quali hanno contribuito a fare chiarezza su cosa è successo quella sera, incrociando immagini delle videocamere e tabulati telefonici e circoscrivendo il momento clou della scomparsa in una finestra temporale di 11 minuti. Poi è stata la volta della moglie di Mario Bozzoli, Irene Zubani, che ha confermato di essere convinta della colpevolezza del nipote Giacomo. Nella sesta udienza è intervenuta l'anatomopatologa Cristina Cattaneo, che ha coordinato la squadra di 16 esperti che per due anni ha analizzato tutti i materiali raccolti all’interno e all’esterno della fonderia. Infine, alla ripresa dopo la pausa estiva, ha testimoniato Adelio Bozzoli, fratello della vittima e padre di Giacomo, unico imputato per il giallo di Marcheno.

 

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