Valcamonica

Omicidio Ziliani, svolta nel processo: «L'idea di uccidere è stata di Mirto»

La dichiarazione spontanea di Silvia Zani, figlia maggiore dell'ex vigilessa di Temù, ribalta la ricostruzione del delitto: «Mi ha manipolata»
Silvia Zani durante la dichiarazione spontanea in aula - © www.giornaledibrescia.it
Silvia Zani durante la dichiarazione spontanea in aula - © www.giornaledibrescia.it
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Il trio criminale si è spaccato. «Pur volendo tanto bene a Mirto, posso dire che l’idea iniziale dell’omicidio è stata sua. Quando ho ucciso mia mamma ero convinta che lei volesse ucciderci. Ora non sono più convinta che volesse ucciderci. Ho paura che mi abbia manipolato Mirto».

Queste sono le parole di Silvia Zani, la più grande delle due due figlie di Laura Ziliani, a processo per omicidio volontario, accusata con la sorella minore Paola e l'ex fidanzato Mirto Milani di aver ucciso l'ex vigilessa di Temù nella notte tra il 7 e l'8 maggio 2021 e di aver sepolto il suo corpo vicino al fiume Oglio.

La sorella maggiore ha voluto rilasciare una dichiarazione spontanea dopo la lunga deposizione dell’udienza dello scorso 30 marzo, che si era chiusa con uno screzio tra lei e il fidanzato, poi diventato ex, come riferito dalla sorella Paola che durante il suo esame aveva detto: «Fino ad oggi Silvia voleva sposarlo, ma ora per lei è morto. Tra l’esame di Mirto e il mio ha urlato nelle celle: “Fottiti. Mirto da oggi è single”. Non siamo più un trio criminale: per me era finito quando l'ho lasciato».

Frizioni tra Silvia e Mirto c'erano già state, attraverso lettere di insulti, dopo la confessione di lui a maggio dell'anno scorso. E proprio questa mattina, in apertura di udienza davanti alla Corte d'Assise di Brescia presieduta dal giudice Roberto Spanò, il difensore di Silvia Zani aveva chiesto di evitare incontri tra la sua assistita e Milani. «Non lo considero più il mio fidanzato. Lui mi manda le lettere ma io non le apro - ha aggiunto Silvia -. Non voglio che il suo pensiero influisca sul mio. Vorrei iniziare a pensare con la mia testa dopo 15 anni».

La fisioterapista 29enne non nega le sue responsabilità: «Io non dico che non ho ucciso mia mamma. L’ho fatto. È bruttissimo da dire, ma l’ho fatto. La volta scorsa in aula lo spirito era spalleggiarci. Questa volta sono me stessa». In quanto alle motivazioni che avrebbero indotto Milani a convincere le due sorelle a uccidere la madre, Silvia spiega: «Se lo ha fatto per l’eredità di mio padre non lo so. Io stavo amministrando le mie proprietà in maniera libera. Voi dite le proprietà di Laura, ma le proprietà erano di Laura per un terzo e per due terzi mie e delle mie sorelle».

Silvia Zani e Mirto Milani -  Foto © www.giornaledibrescia.it
Silvia Zani e Mirto Milani - Foto © www.giornaledibrescia.it

Silvia Zani ha spiegato: «Quello che mi ha sconvolto l’altra volta era che lui ha detto che l’idea omicidiaria era partita da me». «Non l’ho detto» interviene Mirto, richiamato dai suoi legali. «Sì l’hai detto» replica Silvia. Mirto scoppia in lacrime e aggiunge: «Ora voglio fare anche io dichiarazioni spontanee».

La versione precedente

Io non dico che non ho ucciso mia mamma. L’ho fatto. E’ bruttissimo da dire, ma l’ho fatto. La volta scorsa in aula lo spirito era spalleggiarci. Questa volta sono me stessa.

A differenza di quanto sostenuto durante le deposizioni del 30 marzo in aula, Silvia Zani punta il dito contro Mirto Milani, attribuendogli l'ideazione del delitto. Si tratta di un cambiamento sostanzioso, che equivale a un rimbalzo di responsabilità e che ribalta quanto affermato nella scorsa udienza.

Il 30 marzo scorso, infatti, prima Silvia Zani, poi Mirto Milani e poi Paola Zani si erano presi ognuno un pezzo di responsabilità. Meno di un mese fa, la 29enne aveva infatti detto: «Io e Mirto passavamo ore e ore a programmare questa cosa. Io e Mirto stiamo insieme da 12 anni, siamo cresciuti insieme, è un rapporto fortissimo e c'è una grande fiducia reciproca: siamo due metà della stessa cosa». Silvia in aula aveva anche più volte ribadito come le decisioni venissero prese insieme, sempre, come se i tre fossero una testa sola e una sola entità. C’erano momenti in cui qualcuno era insicuro, voleva tornare indietro, ma era sempre la maggioranza a vincere. I due più forti riportavano l’altro sulla strada decisa in precedenza, insieme». Non si tratta solo di condivisione di responsabilità, ma di un autentico accordo. «Avevamo fatto un patto preciso. Il nostro obiettivo era costruire una famiglia a tre».

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