Diabete, ne soffrono oltre 85mila bresciani: piano di cure vicino a casa

Il diabete è una malattia cronica in costante crescita: nel territorio di Ats Brescia ne soffrono almeno 85mila persone, con un’età media di 68 anni, destinate a diventare 87.500 entro il 2034. Per offrire loro risposte «di prossimità» in modo coordinato, le tre Asst che fanno riferimento alla Agenzia di tutela della salute di via Duca degli Abruzzi (Spedali Civili, Garda e Franciacorta) stanno lavorando a un documento condiviso di gestione operativa della presa in carico.
L’obiettivo è definire un’impostazione comune, che rispetti le specificità di ciascuna zona, rafforzi la collaborazione tra ospedali e medici di famiglia e consenta anche di fare prevenzione. L’occasione per parlarne è duplice: la Giornata mondiale del diabete che si celebra domani, venerdì 14 novembre, e il convegno per medici, dietisti, infermieri, psicologi in cui, sabato 29 al centro congressi Paolo VI di Brescia, verrà presentato questo nuovo modello destinato a essere esteso ad altre patologie croniche.
Visione
Fondamentale in questa operazione è il ruolo degli Spedali Civili, unico centro hub autorizzato dalla Regione nel Bresciano (oltre al centro pediatrico) per la cura del diabete di tipo 1: segue oltre 1600 pazienti utilizzando tecnologie avanzate come il pancreas artificiale; ha portato a compimento un Pdta multidisciplinare dedicato alla cura del piede diabetico e gestisce percorsi complessi quali la gravidanza, la transizione dalla pediatria e le attività ospedaliere più delicate. «Il fatto di afferire al Dipartimento di Continuità di Cura e Fragilità, in linea con una visione della diabetologia d’eccellenza, per una gestione della cronicità e la presa in carico che favorisca autonomia e processo di cura, ha ulteriormente favorito il processo di ottimizzazione della gestione integrata con il territorio», commenta Angela Girelli, direttrice della Diabetologia.
Ciò che si sta facendo per i diabetici si inserisce in un discorso più ampio: «Da due anni lavoriamo per la piena attuazione del Dm 77/22 e l’integrazione tra ospedale e territorio - spiega il direttore sociosanitario Enrico Burato -. Ogni distretto ha attuato la sperimentazione con i medici di base per integrare la funzione delle Case di Comunità in modo tale che possano prendere in carico le fragilità, il socio-assistenziale e il bisogno clinico dei pazienti affetti da diabete, espresso dai medici di base. Abbiamo formato le Infermiere di famiglia e comunità, che gestiscono i bisogni nelle Case di comunità. Una rete, coordinata dalla dottoressa Girelli in raccordo con la dottoressa Elena Belli (Cure primarie), che ha coinvolto le altre Asst e che permette un modello di presa in carico che proceda verso l’uniformità su tutto il territorio bresciano».
Entra nel merito del modello Alessandra Bruschi, direttrice dell’Asst Franciacorta, parlando di «un percorso integrato e multidisciplinare, progettato per garantire cure più vicine, coordinate e personalizzate. Non si tratta solo di erogare prestazioni, ma di accompagnare le persone nel loro percorso di salute, valorizzando il ruolo di ogni professionista sanitario e migliorando l’accessibilità al sistema». Centrale è il ruolo dei medici di famiglia. Come spiega Bruschi, l’accesso al nuovo percorso per pazienti con diabete di tipo 2 avviene attraverso una prima visita prenotata dal medico di famiglia (che ha funzione di filtro e indirizza verso il percorso più adeguato) o da uno specialista tramite il Cup. Dopo la prima visita il paziente viene affidato a un diabetologo, che imposta il piano terapeutico, definisce il follow-up e coordina gli specialisti.
Il medico di famiglia resta coinvolto nel monitoraggio clinico, nell’aggiornamento del quadro sanitario e nell’attivazione del Piano individuale di cura (Pic) per i pazienti cronici. Il percorso prosegue in modo differenziato in base alla tipologia di paziente: in Asst Franciacorta per i pazienti più complessi (diabete di tipo 1, gravidanza e piede diabetico) gli ambulatori sono a Chiari. Per il resto (diabete tipo 2, follow-up, screening, educazione e nutrizione) ci sono 5 centri sul territorio (a Chiari, Iseo, Rovato, Orzinuovi e Palazzolo) integrati con i servizi diagnostici e destinati ad essere tutti inseriti nelle Case di comunità. Relativamente al controllo del fundus oculi in ogni centro territoriale ci sono retinografi che sfruttano l’intelligenza artificiale e inviano le immagini all’oculista per il referto. Ogni sede dispone, inoltre, di elettrocardiografo. Il modello valorizza il lavoro integrato di più figure professionali (diabetologi, dietisti, infermieri, cardiologi, oculisti, nefrologi...).
Per Bruschi «abbiamo approntato un percorso di cura omogeneo e territoriale. Un percorso di presa in carico vicino a casa che ci aiuta a fare prevenzione: se il paziente è controllato e seguito si possono evitare scompensi e ricoveri».
Sinergie
«Anche Asst Garda condivide il percorso di presa in carico del paziente diabetico con hub Spedali Civili - aggiunge Roberta Chiesa, direttrice di Asst Garda -. I nostri punti di erogazione sono gli ambulatori nelle Casa di comunità di Leno e Nozza e gli ambulatori dei presidi ospedalieri di Desenzano e Gavardo». Asst Valcamonica non fa parte di questa rete interaziendale al lavoro su un piano unico, ma sta comunque superando il modello ospedalecentrico: «Il paziente diabetico viene seguito sul territorio - spiega il direttore sanitario Jean Pierre Ramponi - e solo in caso di necessità si reca in ospedale. Il Pdta viene steso da medico di base e specialista. Il paziente, inoltre, esce dall’ambulatorio dello specialista con la data del controllo senza passare dal Cup».
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