«Aspettativa di vita in aumento, ma gli screening sono ancora pochi»

Il dodicesimo rapporto sulla Qualità della vita, la ricerca promossa dal Giornale di Brescia in collaborazione con Bper Banca, si avvale quest’anno della collaborazione di esperti dei settori analizzati per un’analisi del tema più puntuale e approfondita.
Questo l’intervento di Germano Bettoncelli, presidente dell’Ordine dei Medici di Brescia e medico di base per 41 anni a Ospitaletto.
Dottor Bettoncelli, quali sono i fattori che incidono sulla qualità della vita?
I principali fattori che incidono sulla qualità della vita dei cittadini sono quelli economici e quelli della salute. I dati recenti dell’Istat indicano che nel nostro Paese negli ultimi 20 anni c’è stato un aumento della speranza di vita, che si accompagna a variazioni delle condizioni economiche delle famiglie, pur con sensibili differenze geografiche.
Infatti l’attesa di vita per chi abita al Sud è inferiore di alcuni anni rispetto a chi vive al Nord. A questo è legato il fenomeno della cosiddetta migrazione sanitaria che determina stabilmente un trasferimento di spesa di alcuni miliardi dalle Regioni del Sud a quelle del Nord. Le principali criticità per la salute dei cittadini riguardano soprattutto le patologie croniche. Queste interessano il 30-40% della popolazione e determinano un impatto sulla spesa sanitaria di circa il 70%. Il nostro Sistema Sanitario Nazionale di conseguenza registra proprio per quelle condizioni un punto critico della propria sostenibilità economica. Le patologie croniche, come del resto anche altre malattie, derivano solo in parte da una predisposizione genetica, essendo perlopiù associate ad altri fattori.

Quanto contano l’ambiente e gli stili di vita nel rischio di sviluppare malattie?
Oggi sappiamo che il nostro corredo genetico può essere influenzato anche dall’ambiente in cui viviamo e dal nostro comportamento. L’epigenetica è la branca della biologia che si occupa delle modifiche ereditabili dell'espressione genica che non alterano la sequenza del Dna stesso, ma influenzano il modo con cui i geni vengono attivati o disattivati. Questi meccanismi regolano quali geni vengono utilizzati dalle cellule in risposta a fattori esterni, come lo stile di vita (dieta, attività fisica, stress), l'invecchiamento e l'ambiente. In pratica, l'epigenetica determina come «si legge» il patrimonio genetico, pur senza modificarlo. Da queste considerazioni si comprende quanto sia importante la responsabilità di ciascuno nel determinare con il proprio comportamento lo stato della propria salute.
Come stanno i cittadini bresciani?
Nella popolazione bresciana dai primi anni 2000 al 2019 la mortalità generale, aggiustata per età, è stata in progressiva diminuzione, l’età media di morte è in incremento e altrettanto dicasi per l’aspettativa di vita. Questi dati naturalmente non possono essere confrontati con quelli degli anni successivi che sono stati pesantemente e straordinariamente condizionati dalla pandemia Covid-19. Ciò detto, però, i dati al 2019 mostrano una mortalità generale nell’Ats di Brescia inferiore sia rispetto alla media nazionale che alla media regionale.
Nella nostra area emerge che i tumori sono la prima causa di morte negli uomini e la seconda nelle donne, con un forte impatto anche in termini di anni di vita persi, poiché la morte si verifica, in media, in età più giovane rispetto alle morti per malattie del sistema circolatorio. I tumori delle vie aeree nei maschi e il tumore della mammella nella donna sono i tumori con maggior mortalità e maggior perdita di anni di vita; seguono per importanza il tumore del pancreas e del colon-retto. Queste neoplasie hanno un forte rapporto con la predisposizione genetica, con lo stile di vita e le abitudini voluttuarie come fumo di tabacco, alcool, alimentazione.
Gli screening sono un pilastro delle politiche di prevenzione: a che punto siamo sul nostro territorio?
Per i tumori del colon, della mammella e della cervice uterina esistono da anni, su raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, programmi di screening volti alla diagnosi precoce della malattia, indirizzati alle fasce di età più a rischio. Purtroppo a Brescia l’adesione a queste campagne è ancora molto inferiore alle attese – circa 50% –, con conseguenti diagnosi tardive di malattia e riduzione della relativa speranza di vita.
La prevenzione è fondamentale anche sul fronte delle malattie cardiovascolari?
Le malattie del distretto cardio-cerebrovascolare hanno un importante impatto sulla salute generale della popolazione sia in termini di morbilità che di mortalità. Si tratta di condizioni per le quali, oltre alla predisposizione genetica, fumo di tabacco, sedentarietà, obesità, scorretta alimentazione, con eccessi di calorie, zuccheri semplici, grassi saturi e trans (per lo più da alimenti di origine animale) e sale, carenza di verdura, frutta e fibre da alimenti integrali, sono fattori di rischio rilevanti.

Certamente oggi interventi di prevenzione e di diagnosi precoce, accompagnati da cure mediche e chirurgiche hanno aperto alla popolazione prospettive di durata e qualità di vita migliori, inimmaginabili fino al secolo scorso. Si stima che sia possibile prevenire, con stili di vita corretti, il 90% dei casi di diabete mellito di tipo 2 (il tipo più comune nell’adulto), il 60-70% delle malattie cardio e cerebro-vascolari, il 30-40% dei tumori, e una considerevole proporzione di molte altre malattie croniche.
I bisogni sanitari dei bresciani, complici invecchiamento della popolazione e cambiamento del contesto sociale, sono sempre più complessi. Come si sta evolvendo l’organizzazione sanitaria?
La nostra salute, oltre ad essere nelle mani di ciascuno di noi, è affidata anche all’eccellenza del saper curare dei medici, attraverso l’adesione alle evidenze scientifiche trasferite nella pratica, il trattamento dei fattori di rischio, la gestione proattiva di una condizione spesso complessa qual è la cronicità e la tutela della fragilità.
Su questo sono determinanti una moderna organizzazione del lavoro in team (AFT, Case e Ospedali della Comunità, reti territoriali), la delega organizzata, un’integrazione con infermieri e professionisti sanitari, la governance condivisa. Un processo complesso che è già in fase di realizzazione e in cui stanno proponendosi nuove risorse tecnologiche come la telemedicina e l’intelligenza artificiale.
Quanto conta la relazione medico-paziente per tutelare il nostro benessere?
Oggi la tutela della nostra salute passa ancora da un vero rapporto di fiducia con un medico che professi una medicina basata su principi scientifici, di cui certo ci faccia comprendere anche i limiti, ma che ci aiuti ad evitare il rischio di cadere in un baratro di presunti farmaci miracolosi e di cure cui credere acriticamente.
Pensare di affidare la nostra salute ad un chatbot per ottenere risposte immediate, magari suadenti perché ritagliate sui nostri desiderata, è molto azzardato e rischia di farci uscire pericolosamente di strada. Senza trascurare il rischio di affidare dati e informazioni personali ad un ignoto gestore assolutamente fuori dal nostro controllo.
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