GdB & Futura

Idrogeno, batterie e rinnovabili per la sfida «elettrica» di Brescia

La seconda edizione di Team, l’inserto del Gdb dedicato a tecnologia e ambiente, si è chiusa ieri
  • L'incontro di Team sulla mobilità elettrica al Museo Mille Miglia
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L’automotive si trova a fare i conti con una trasformazione profonda dei propri modelli di business. Il Parlamento europeo ha appena approvato il pacchetto Fit for 55, il cui obiettivo è tagliare le emissioni in atmosfera del 55% entro il 2030 e raggiungere la neutralità climatica alla boa del 2050.

Ma dove si colloca Brescia, con le sue oltre 160 aziende (e 18mila addetti) dell'automotive lungo questo percorso virtuoso, ma non sempre lineare (lo dimostrano le ultime prese di posizione di nazioni trainanti dell'Ue rispetto allo «stop« ai motori a benzina, diesel e Gpl)? Si è cercato di rispondere nel corso dell’ncontro «Una nuova mobilità? Brescia e la sfida dell’elettrico», svoltosi al Museo Mille Miglia. Organizzato in collaborazione con Bonera Group, per il quale è intervenuto il general manager Andrea Denanni, l’appuntamento ha chiuso la seconda edizione del progetto TeAm del Giornale di Brescia dedicato a Tecnologia e Ambiente.

Un ciclo, come ha sottolineato il direttore del GdB Nunzia Vallini, teso a realizzare «un confronto pacato, autorevole, incisivo fra esperti e non solo, sul tema della sostenibilità, che riguarda tutti noi».

Intanto, il raffronto sul terreno della mobilità sostenibile va considerato con i colossi asiatici. Lo evidenzia Alessandra Flammini, docente del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università degli studi di Brescia, che nel campus di Ingegneria ha attivato il living lab Elux sull’energia, con annesso parco fotovoltaico: «Non dobbiamo - affermaFlammini - trascurare quel che sta facendo l’Asia, che si è mossa in questa direzione più di dieci anni fa. L’idrogeno è ancora qualcosa di sconosciuto in Italia, mentre si vendono molte macchine con motore a idrogeno nei Paesi asiatici, che generano vapore acqueo come prodotto di scarto, presentano vantaggi del rifornimento in pochi minuti e un’autonomia di più di 600 km in confronto all’elettrico puro».

Questo ritardo è determinato dal fatto che mancano le infrastrutture di ricarica e tale produzione ha per noi ancora un costo molto elevato, necessitando di energia elettrica tramite il metodo dell’elettrolisi dell’acqua; s’aggiunga anche che le performance nel mercato delle batterie non sono propriamente «una meraviglia».

Green e digital

«Green» e «digital» sono in ogni caso sempre le parole chiave: sul settore della mobilità multimodale (veicoli leggeri per il trasporto e il lavoro, guida autonoma, infrastrutture sicure, batterie e idrogeno) il centro di ricerca dell’ateneo cittadino lavorerà a partire da settembre, coerentemente con gli obiettivi della missione 4 fissati dal Pnrr. Sul territorio nazionale sorgerà peraltro una giga factory, a Cassino, nell’ex impianto Stellantis, per la produzione di batterie a litio per auto elettriche.

Fermo restando che «prima di essere green dobbiamo essere digital - sottolinea il ricercatore di UniBs Marco Pasetti -. Bisogna tenere conto che la sostenibilità dei veicoli elettrici a batteria dipende da quando, dove e come andiamo a ricaricarli e dal problema dello smaltimento». Esistono tre principali scenari di ricarica: domestica, sui luoghi di lavoro, in stazioni commerciali. Particolarmente interessante è il secondo, in quanto offre stimolanti opportunità per ridurre i costi e le emissioni indirette di gas serra.

Nel territorio bresciano comunque le idee non mancano e provengono soprattutto dai giovani. Lorenzo Tapini di Remodule, startup bresciana inserita anche fra i 100 under 30 di Forbes Italia, illustra l’innovativa intuizione di riutilizzare le batterie delle automobili elettriche, mediante testing realizzato su modello predittivo della second life, per recuperare in pratica le celle dismesse dei veicoli ibridi (che avrebbero ancora un 80% di capacità residua secondo le stime del team di Remodule) e creare energia pulita, anziché destinarle agli altiforni. Una perfetta soluzione di economia circolare, per la quale «facciamo da anello di congiunzione tra due mondi che tradizionalmente non si parlano, quello delle compagnie automobilistiche e quello dei produttori di accumulatori». Valore aggiunto? Celle economiche ad alta prestazione, risparmio di emissioni e materiali preziosi, taglio degli oneri di smaltimento, accelerazione del processo di elettrificazione.

La transizione però, si sa, ha un costo. Matteo Falasconi del Csmt chiarisce le possibilità di finanziamento nazionali ed europee, con contributi a fondo perduto. Da segnare in agenda con prossime scadenze, i bandi del Pnrr per la mobilità elettrica, la manifestazione d’interesse di Regione Lombardia per lo sviluppo delle filiere e degli ecosistemi produttivi e il programma europeo Life per l’innovazione sostenibile.

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