Papa Leone XIV, i sogni di pace e l’eredità di Bergoglio

Fin dai primi interventi, tutti essenziali e misurati, il nuovo pontefice ha reso riconoscibile una linea di pensiero che si colloca nel solco tracciato da Francesco
Papa Leone XIV per i 1.700 anni del Concilio di Nicea - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Papa Leone XIV per i 1.700 anni del Concilio di Nicea - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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È iniziato, dunque, il pontificato di Leone XIV, nel segno di una eredità onerosa da accogliere più che non da ricevere - quella di Papa Francesco - e di un futuro da promuovere a fronte delle prove impervie che attendono l’intera umanità cui la Chiesa aspira di offrire parole di speranza attraverso testimonianze veritiere. Anche su questo giornale molto si è scritto a proposito di Bergoglio, del suo magistero e della esemplarità di una fede alla luce della quale la sua scomparsa è stata avvertita, tanto in campo cattolico quanto laico, come il venir meno di una giuda affidabile e illuminata e pure di un riferimento in grado di attribuire un significato alla vita, di dare risposte alle domande di senso in un tempo di smarrimento e di disincanto, di un vuoto che sgomenta.

Al di là della dimensione strettamente ecclesiale e dottrinale della sua presenza, Papa Francesco ha saputo suscitare l’ascolto del Vangelo nelle periferie delle società, fra gli umili e gli emarginati, fra quanti nel nome della pace rifiutano le logiche di sopraffazione e le pratiche della guerra che tragicamente oggi si impongono producendo orrori e devastazioni. Accusato in ambienti conservatori di cedimenti al relativismo soggettivistico, in realtà Papa Bergoglio ha guardato al soggetto, al valore della persona, alla sua dignità contro ogni forma di disumanizzazione e di imbarbarimento, di negazione del diritto, dispiegando una lezione alla luce della quale l’Occidente non può ritenere di affermarsi disperdendo i suoi valori fondativi, così come l’Oriente non può consegnarsi a quel letteralismo fondamentalista che travisa fonti e tradizioni dell’ebraismo e dell’Islam.

Ebbene Papa Leone XIV, fin dai primi interventi, tutti essenziali e misurati, in grado di contrastare l’overdose mediatica e di smentire interpretazioni capziose dovute a sedicenti esperti di «papologia» cui sono stati sottoposti , ha reso riconoscibile una linea di pensiero che si colloca nel solco tracciato da Francesco, seppure secondo i tratti della propria personalità e cultura. E questo molto ci conforta pensando a quanti si sforzano di raffigurare Papa Prevost come altro rispetto a Francesco cui hanno guardato e guardano con malcelata insofferenza se non addirittura con ostilità, al punto di accusarlo di aver trascurato il cuore della Rivelazione imperniata su Cristo crocifisso e risorto.

Leone XIV sino dalle prime battute ha ricondotto il messaggio cristiano alla provocazione della pace – «vi lascio la pace, vi do la mia pace, non come ve la dà il mondo» si legge nel Vangelo -, sottolineandone la radice teologica con insistita evocazione. Il termine è stato infatti pronunciato per ben nove volte nel saluto a quanti sono accorsi in piazza San Pietro il giorno dell’elezione: una «pace disarmata e disarmante, umile e perseverante», così testualmente. Quindi una pace possibile a cominciare dal disarmo dello spirito, da una purificazione interiore, da una metànoia personale, la pace propria di un «cuore inquieto finché non riposa in te» come scrive Agostino.

Un evidente ancoraggio da parte del Papa allo psicologismo che costituisce uno dei tratti fondamentali della spiritualità del grande Padre della Chiesa e pensatore cui Leone XIV si ispira e dal quale trae alimento per richiamare quell’«ordo amoris» - l’amore come principio ordinatore - che dovrebbe presiedere alle relazioni umane, ai rapporti tra le genti, in primis all’agire cristiano. La pace, la condanna della guerra, l’appello a costruire ponti e non muri, ma pure le migrazioni, un paradigma economico di impronta solidaristica, un’ecologia integrale: la radicalità evangelica come paradigma sul quale commisurare il disegno della salvezza.

E per quanto riguarda la vita interna della Chiesa, l’insistenza sulla sinodalità cui Bergoglio frequentemente si è appellato. Ma pure il riferimento a Leone XIII e al suo magistero sociale elaborato in un’epoca di grandi cambiamenti, nonché l’impegno che Papa Prevost assegna alla Chiesa a misurarsi con gli sviluppi odierni della scienza e della tecnica - si pensi alle opportunità e ai rischi indotti dall’intelligenza artificiale - che dischiudono all’umanità tanto orizzonti inquietanti quanto promettenti speranze di progresso.

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