Il nuovo papa e il senso di fede che si avverte fuori dalla chiesa

Che fede abbiamo? La corale partecipazione al dolore per la morte di papa Francesco e la grande attenzione riservata alla elezione di Leone XIV, e al disvelamento della sua figura che va oltre il fatto di essere il primo papa americano, hanno suscitato rinnovati interrogativi sullo spessore della fede cattolica e sulla sua incidenza nei costumi generali del mondo attuale.
Fino a spingere più d’uno a sostenere che l’impatto emotivo più forte si registra all’esterno del circuito della Chiesa, in quella visione che la interpreta quale ospedale da campo e ambulanza della storia che si interseca coi destini della mondialità. Come pure si argomenta che i due conclavi – che li hanno scelti rapidamente, superando le previsioni di partenza – abbiano privilegiato personalità forgiate dalla formazione in congregazioni – l’uno gesuita e l’altro agostiniano – animate nella vita in collegialità di fratellanza, per dare seguito al Concilio Vaticano II e al lavoro di sua strutturazione operato da Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI.
Una integrazione e un coinvolgimento dei diversi cammini necessari a incarnare l’attualità della fede. Una Chiesa in uscita nei comportamenti pratici perché salda nelle sue radici e nei valori fondanti. In uscita non per superare i suoi fondamentali, ma per suggerirli ed offrirli a chi ne è distante o si è allontanato. Si verificheranno nel tempo le distinte peculiarità d’essere di scuola gesuitica e agostiniana, il tratto caratteristico personale, l’aver operato in Argentina o negli Stati Uniti, in Perù e in Vaticano. Rimane il dato fattuale della loro specifica dimensione ecclesiale: fare comunità, essendone direttamente il motore comportamentale. In questo pare confermata la continuità tra Francesco e Leone. Stanno dentro gli eventi.
Il lamentare che abbiano più attenzione fuori dalla loro Chiesa, pare muovere dalla volontà di frenarne slanci e comportamenti. Si è tentato di contrapporre Francesco a Benedetto XVI per delegittimarne la portata del messaggio, si cerca già di scandagliare il vissuto di Robert Francis Prevost per imbarazzare l’azione di Leone XIV. Francesco si richiamava direttamente al Poverello d’Assisi, Leone XIV ha predecessori della portata di Leone Magno che frenò Attila e di Leone XIII padre della dottrina sociale della Chiesa in risposta alla rivoluzione industriale e al primato della scienza.
Francesco ha aperto un cammino, a Leone XIV compete portarlo avanti, porgendo il contributo specifico delle congregazioni religiose, dal passato storico, alle innovazioni richieste dallo stare dentro le spinte della modernità, si chiamino intelligenza artificiale, rivoluzione della dignità del lavoro, geomondialità di nuovo conio. Sarà ascoltato più fuori che dentro se chi è dentro lo farà con timidezza, non disposto a seguirlo nell’impegno, oneroso e quotidiano, di costruire comunità. Ma che avvenga fuori non basterà a lui, che insegna apertamente di essere discepolo di Pietro e Cristo, chiamato ad impersonarne, in questo tempo, il messaggio di fede.
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