Addio papa Francesco, pontefice amico dei bresciani

Papa Francesco ha chiuso gli occhi su questo mondo per aprirli in cielo. La sua morte intristisce tutti, anche coloro che non hanno mancato di avanzare critiche nei confronti del suo pontificato. Nei giorni della malattia del Papa la stampa non ha mancato di comunicare che anche gli anti-Bergoglio erano in preghiera con tutti gli altri fedeli.
Si avverte il vuoto che lascia un papa che ci ha sorpreso tante volte con le sue parole e i suoi gesti inediti. Aveva compiuto nel dicembre scorso 88 anni. Certamente una bella meta pensando che i tre santi papi della seconda metà del Novecento se ne sono andati prima. Giovanni XXIII aveva 82 anni, Paolo VI 81 e Giovanni Paolo II 85. Per un pontefice, che esercita una singolare paternità spirituale, l’età non conta proprio.
E fra i tanti grati pensieri che possono attraversare il cuore, per i bresciani ve ne uno certamente particolare: fra papa Francesco e Brescia vi era un particolare feeling. Questa «simpatia» non è mai sfociata in una visita che poteva benissimo esserci ma non è stata. I ricordi delle visite di Giovanni Paolo II, anche in Val Camonica, e quella di Benedetto XVI fanno sentire ancor più che fra Francesco e Brescia vi è la rosa «che non è stata colta».
La visita mancata

Si era vociferato più volte di una possibile visita di papa Bergoglio a Brescia. Una voce che si fece più insistente durante l’anno di Bergamo e Brescia capitale italiana della cultura: si ipotizzava, infatti, una significativa presenza del papa nelle due città in ricordo dei due papi lombardi del Concilio: il bergamasco Roncalli e il bresciano Montini.
Ma erano voci… anche se a Roma autorevoli ecclesiastici vaticani non hanno escluso questa possibilità, previo un invito ben circostanziato.
Ma, nonostante la mancata visita, rimane un grande e significativo dato di fatto l’amichevole sentimento di papa Francesco verso Brescia e i bresciani. E il perché è molto semplice: la sua ammirata devozione a Paolo VI e ai suoi scritti.
Papa Bergoglio non lo ha mai nascosto e in più occasioni lo ha ricordato: il papa della sua giovinezza sacerdotale e dei suoi primi passi nel ministero nelle file dei Gesuiti è stato un riferimento. Parlando a braccio ai bresciani durante la prima udienza nel giugno del 2013 disse, staccandosi dal testo scritto, che da giovane prete nei momenti di difficoltà i testi, soprattutto delle preghiere a Cristo, di Paolo VI infondevano in lui serenità, fiducia, capacità di vincere scoraggiamenti e pigrizie.
Per papa Francesco, lo disse più di una volta, il documento più bello e importante degli anni del dopo Concilio è l’Evangeli Nuntiandi, scritta da Paolo VI nel 1975. E specificava, ancora, che rimane il riferimento della nuova evangelizzazione per il Duemila.
Il legame con Brescia e Paolo VI
Certamente questa affezione a Papa Montini non poteva non convivere col desiderio di Francesco di visitare la casa natale di Concesio, i luoghi della infanzia, la chiesa della prima messa. Questo attaccamento al pontefice bresciano si traduceva anche in una particolare gioia quando incontrava i «concittadini» di papa Montini: dai ragazzi delle parrocchie agli esponenti di Istituzioni, a cominciare dall’Istituto Paolo VI.
Il rapporto con Re e Tremolada
Ma vi è un altro motivo che contribuisce alla solidità del rapporto fra papa Bergoglio e Brescia: il rapporto di collaborazione, amicizia e stima con il cardinale Giovanni Battista Re. Il porporato camuno, infatti, di pochi anni più anziano di Francesco, conobbe e apprezzò il papa ancora quando era Arcivescovo di Buenos Aires.
Infatti il card. Re, rappresentò Benedetto XVI durante i lavori della V Conferenza degli episcopati dell’America Latina e dei Caraibi. Era il maggio del 2007, e al Santuario brasiliano dell’Aparecida il card. Re lavorò gomito a gomito per più giorni col card. Bergoglio, conoscendolo e apprezzandolo. La buonissima relazione instaurata a quell’epoca si è riflessa anche negli anni più recenti, quando Francesco, ha affidato al card. Re, Decano del Sacro Collegio, la presidenza liturgica di pontificali in San Pietro, presente il papa stesso.
Significativa anche la lettera inviata al Vescovo di Brescia, mons. Pierantonio Tremolada, in occasione della sua non breve degenza in ospedale.
Lo ha ricordato recentemente anche lo stesso Vescovo invitando alla preghiera: «Mentre esprimiamo a lui il nostro affetto mi è caro ricordare qui il motivo della mia particolare riconoscenza, per la vicinanza che egli mi ha dimostrato nel momento della mia personale malattia».
Non è fuori luogo nemmeno citare i non pochi biglietti di risposta da parte di papa Francesco ai bambini bresciani che gli hanno inviati disegni o scritti oppure a persone che lo interpellarono per vari motivi. L’elenco delle ragioni per le quali si può affermare di una oggettiva simpatia del papa verso il mondo bresciano potrebbe continuare. Ma sicuramente non si può tralasciare il ricordo di udienze, passate in sordina, ma stupende: quelle riservate ai novelli sacerdoti di Brescia, pochi giorni dopo la loro ordinazione. A quattro di queste ero presente in qualità di Rettore del Seminario: non si può che testimoniare con quale affetto il papa guardava quei giovani, baciava loro le mani, raccomandava la preghiera nelle difficoltà, l’affidamento a Maria.
Un papa argentino…ma tanto vicino a noi bresciani, simpaticamente vicino nel comune senso di riconoscenza a S. Paolo VI.
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