Leone XIV, più sostanza che colore e il nodo dottrina sociale

I primi impegni del nuovo pontefice e il ricordo di papa Francesco
Papa Leone XIV - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Papa Leone XIV - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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«Ogni cosa al suo posto, un posto per ogni cosa»: questo antico detto, che ci ripetevano da bambini, ben sintetizza l’avvio del pontificato di Leone XIV. E le caratteristiche che stiamo cominciando a conoscere. A partire dalla comunicazione: mite, ma esigente, profonda e sintetica. Così da evocare e mettere in atto diversi registri delineando uno stile ormai ben chiaro, in cui la forma e la sostanza si rispecchiano coerentemente.

«Penso che ci siamo capiti, e non c’è bisogno di tante parole», ha detto ricevendo una squadra di calcio da poco scudettata. Un’espressione che responsabilizza l’interlocutore, semplifica i fronzoli e va diretta alla sostanza. Concedendo ben poco al colore.

Lo stile così è in bella sostanza coerente con il programma del pontificato, come delineato nei primi importanti discorsi programmatici, intorno al dinamismo spirituale, culturale ed esistenziale: pace, unità, amore, gioia.

Tradizionalmente passano alcuni mesi prima del primo documento programmatico del pontificato, come fu da ultimo con l’Evangelii Gaudium di Papa Francesco, che Leone ha citato nei punti salienti. Questo primo periodo è dedicato soprattutto all’osservazione e alla presa in carico dei tanti dossier aperti. E ai «primi incontri». In questo aiuta molto anche il programma del Giubileo, con i più numerosi raduni, che culmineranno a fine luglio con quello dei giovani.

Proprio ieri, la grande veglia di Pentecoste dei movimenti e delle associazioni ecclesiali, è stata tutta modulata sulla testimonianza e il nesso fondamentale tra unità e missione. Dinamica che vale anche nel quadro delle relazioni ecumeniche: il 750esimo anniversario del primo concilio ecumenico è una grande occasione per tutti, come Papa Leone ha ripetuto già in diverse occasioni.

Siamo così ai grandi temi delle relazioni internazionali. Con la premessa della riaffermazione della dottrina, del discorso sociale della Chiesa, indicato nella stessa scelta del nome. La Chiesa in questo senso può essere un attore sui generis, non riconducibile a schemi politici, ma preziosissimo per dare senso al sistema delle relazioni internazionali e dunque della pace. Dire la verità nel mondo e nello stesso tempo prendersi cura delle relazioni. In questo senso serve anche l’apparato, ovvero la curia. Lo ha detto nei consueti termini sintetici e chiari il 24 maggio: se i Papi passano «la curia rimane» e deve fare bene il suo lavoro. E lo stesso vale per la segreteria di Stato, che della curia è un elemento essenziale, ricevuta il 5 giugno.

Qui più che mai, dopo montagne russe di riforma, si avverte la necessità di far funzionare le istituzioni. Non per sé, ha ribadito, ma per la missione. Che è la preoccupazione, il pungolo, il traguardo e la serena certezza di un pontificato ormai nel vivo del suo sereno cammino.

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