Investitori esteri nei vigneti delle Langhe, la ricerca della Cattolica che guarda a Brescia

Il tema del passaggio generazionale di impresa applicato all’ambito vitivinicolo è complesso e interessa indubbiamente anche il territorio bresciano.
Una ricerca condotta dal Centro di ricerca sullo Sviluppo di comunità e i Processi di convivenza (Cerisvico) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Brescia, e coordinata dagli psicologi di comunità e docenti di Psicologia sociale Maura Pozzi e Adriano Mauro Ellena sul territorio delle Langhe per conto del Consorzio tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani, ha cercato di indagare il sentiment delle diverse generazioni langarole nei confronti dei grandi investitori esteri.
E, in futuro, potrebbe avere interessanti riverberi anche sull’ambito bresciano, scrigno a sua volta di preziosi ettari di produzione vitivinicola, dalla zona del Franciacorta a quella del Garda, conosciuti e apprezzati anche Oltreoceano.
Tre fasi
Lo studio, intitolato «Langhe (NOT) for Sale» e presentato da Pozzi ed Ellena alla manifestazione «Grandi Langhe» tenutasi il 29 e il 30 gennaio a Torino, è stato condotto in tre fasi: inizialmente un esame qualitativo e quantitativo ha connotato la figura dei «Grandi investitori esterni» (Gie) rispetto a due categorie: le generazioni junior, cioè i minori di 40 anni e i senior nelle imprese vitivinicole familiari delle Langhe.
A seguire, mediante tre focus group, la ricerca, che ha teso a indagare non solamente gli aspetti economici ma anche quelli psicologici e sociali della questione, ha approfondito la visione e l’identità del territorio langarolo per evidenziare quali siano i fattori che limitano o ostacolano l’ipotesi di vendita delle aziende. Infine è stato somministrato un questionario per verificare le connessioni e le interrelazioni tra i fattori emersi nelle fasi precedenti e le propensioni alla vendita.
Junior e senior
I risultati ottenuti mostrano come la tematica sia vissuta in maniera diversa dalle diverse generazioni familiari. Gli junior considerano gli investitori in un’ottica complessa e strutturata, non monolitica, ma differenziata rispetto alle varie tipologie quali i fondi di investimento multinazionali, i grandi gruppi e i singoli investitori, che sono portatori di progetti industriali e forti dotazioni di capitali.
I senior, al contrario, hanno una visione più univoca degli investitori «esterni» che, a loro parere, operano a fini speculativi e mossi da pure logiche di tendenza e di finanza. Per entrambe le categorie si sono attivati processi psicologici differenti, a seconda che gli investitori appartengano o meno al settore vitivinicolo.
Identità e valori
«Particolarmente interessante è, fuori da quelli che possono essere considerati degli stereotipi - osservano Pozzi ed Ellena -, la posizione rispetto alla vendita dell’azienda degli junior, che la considerano come una questione comunitaria che incide sul patrimonio identitario e valoriale del territorio e, per questo, va ponderata e valutata in un’ottica collettiva e di forte attaccamento alle radici delle Langhe».
Al contrario i senior ne fanno, invece, una questione aziendale, perché in essa si identificano al punto tale da connettere la vendita dell’azienda alla vendita di parte di sé. A conti fatti la ricerca targata Cerisvico mostra che, laddove le vecchie generazioni vedono esclusivamente un pericolo, le nuove iniziano a intravedere un’opportunità, quantomeno in termini economici. Over e under 40 hanno a cuore il territorio in ugual misura, ma i più giovani non hanno paura del nuovo e sembrano avere un'apertura che gli over, invece, nutrono.
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