Giovane e «dirompente»: l’informatica di Hack.bs pulsa nel cuore di Brescia

Nell’immaginario comune l’hacker è colui che, dietro lo schermo di un pc, cerca di violare un sistema informatico per trarne guadagno. Questa descrizione però restituisce solamente una parte, e non la principale, di ciò che si cela dietro il termine hacking.
Derivata dal verbo inglese “to hack”, letteralmente “tagliare, fare a pezzi”, la parola hacker «identifica la persona che prova a capire come sono fatte le cose, aprendole e cercando di coglierne il funzionamento interno» spiega Daniela Brozzoni, 23enne informatica bresciana che insieme al collega 25enne Alekos Filini ha fondato a Brescia, con sede in contrada del Cavalletto 24, la non profit Hack.bs. «Si tratta di un luogo dove le persone appassionate di tecnologia possono ritrovarsi per condividere idee, lavorare insieme, imparare l’uno dall’altro e magari avviare progetti comuni - spiega Brozzoni -. L’inaugurazione dello spazio è stata a maggio 2023 e da allora stiamo organizzando diversi meetup per promuovere la nostra idea».
L’unica «cripto»
L’informatica la fa da padrona tra le mura di Hack.bs, con Bitcoin che riveste un ruolo di primo piano. «Siamo quelli che vengono definiti “massimalisti” (semplificando coloro che sostengono che bitcoin sia l’unica criptovaluta di valore ndr) - spiega l’informatica - e reputiamo sia fondamentale fare cultura sul tema, così come più in generale in ambito informatico. Anche perché questa è divertentissima».
La base valoriale della realtà poggia invece sul concetto di “Cypherpunk”, termine che indica la volontà di promuovere la privacy in ambito digitale attraverso l’uso della crittografia, metodologia per proteggere i dati e renderli fruibili solamente ai legittimi destinatari o proprietari. «La privacy è necessaria per una società aperta nell’era elettronica e non si tratta di segretezza - recita il Manifesto Cypherpunk del matematico americano Eric Hughes pubblicato sul sito di Hack.bs -. Difendiamo la nostra privacy con la crittografia, i sistemi di inoltro della posta anonimi, le firme digitali e la moneta elettronica».
Partnership
Detto ciò lo spazio bresciano resta un luogo di incontro che ha bisogno di sostenersi da un punto di vista economico. E accanto a una sottoscrizione di 10 euro all’anno per partecipare alle attività della non profit e alla messa a disposizione di spazi di coworking, Hack.bs poggia la sua attività sulla sponsorizzazione da parte di aziende e di enti istituzionali. «La Human Rights Foundation per esempio ci ha concesso un grant, un’assegnazione per progetti per educazione in ambito Bitcoin - racconta l’informatica -. Le imprese inoltre si rivolgono a noi perché possiamo essere il tramite che permette di reperire informatici da inserire negli organici aziendali».
Quest’ultimo elemento risulta essere un’ulteriore peculiarità dello spazio di contrada del Cavalletto: Hack.bs si pone come intermediatore tra il mondo dell’informatica, anche quello del «white hacking» (smonta i sistemi per trovare le vulnerabilità e risolverle), e quello economico, un po’ come fosse un incubatore dei migliori talenti del digitale a Brescia.
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