Il panettone migliore di Brescia? Ecco quelli da provare, secondo noi

Burro e vaniglia nell’aria, forni al massimo, Brescia profuma di Natale: la corsa al panettone è ufficialmente iniziata. Un rito goloso, che si rinnova ogni anno: tra lievito madre, farciture creative e confezioni da capogiro, il dolce artigianale è ormai un protagonista indiscusso sulle tavole delle feste e un dono sempre gradito. La qualità cresce, le proposte si moltiplicano e i pasticcieri alzano l’asticella, puntando su ingredienti ricercati e un packaging che conquista ancora prima dell’assaggio. Non senza qualche ostacolo: quest’anno, per esempio, reperire il tuorlo d’uovo non è stato semplice nemmeno per i laboratori più strutturati.
C’è chi mette, c’è chi toglie
Chi rifugge i fronzoli e cerca la sostanza sceglie il «Milano» di Maurizio Sarioli, in città: essenziale nell’aspetto (non ha la glassa), impeccabile per il palato. Non ha bisogno di presentazioni – dentro e fuori la nostra provincia – l’opera principe di sua maestà Iginio Massari. Un’altra garanzia sono i lievitati che Giovanni Cavalleri sforna alla pasticceria Roberto di Erbusco (Tre Torte per il Gambero Rosso): l’elenco delle possibili varianti si arricchisce di golosità che strizzano l’occhio alla Francia come il panettone che ricorda la tarte tatin e quello con marron glacés, albicocca, zenzero e spezie tipiche del Pain d’Epices.

La fantasia non manca anche a Carlotta Filippini che al Dolce Angolo di Rezzato ha aggiunto al soffice impasto una riduzione di Campari e vino bianco per celebrare la tradizione con un panettone al Pirlo.
Come sempre c’è chi aggiunge e chi toglie: i Serlini di Gussago festeggiano il primo Natale nella nuova sede con un lievitato senza canditi profumato al limone affinché all’assaggio si possa sentire davvero «l’anima del nostro impasto – raccontano –. Il lievito madre ci regala profumi e sfumature che parlano di tradizione e pazienza e non volevamo che nulla coprisse questa ricchezza». Solo il limone aggiunge una nota fresca e luminosa.
Stupisce per la forma «La Rotonda», il nuovo dolce senza canditi né uvetta che Paolo Piantoni (per tutti Èl Forner) dedica al Duomo Vecchio di Brescia: richiama il panettone con glassa al cioccolato, ma è pensato per essere consumato tutto l’anno.
Insieme è meglio
Nascono da collaborazioni due chicche della stagione. Sono il panettone con lievito madre, pesche semicandite e cioccolato al latte realizzato della Gelateria Mille da Gabriele Pè a Verolanuova insieme allo chef Daniele Provezza della Dispensa Franciacorta di Torbiato. E il panettone che Bruno Andreoletti sforna in edizione limitata con Trismoka: contiene cioccolato e ovviamente caffè super pregiato (il Panama, monorigine arabica con tinte floreali e note agrumate).

Pè e Andreoletti, tra l’altro, si sono incontrati di recente sulla classifica di Dissapore. In quanto a panettoni artigianali Pè si è piazzato 23esimo in Italia e Andreoletti settimo grazie a un «Milano alto e raffinatissimo» e a «un equilibrio formale» frutto di ricerca. Quest’ultimo, il Bruno di Brescia e Offlaga, è settimo anche nella classifica di Dissapore dedicata ai pandoro, seguito al decimo posto dal bresciano d’adozione Andrea Tortora, quarto per il panettone glassato la cui struttura «pare disegnata da un grafico bravo e non senza l’ausilio di un’intelligenza artificiale ben allenata».
Pè, però, ha anche un altro motivo per festeggiare: il suo panettone ha appena vinto il primo premio della giuria tecnica a «Re Panettone», concorso in cui, nella categoria «panettone 5 chili», ha trionfato La Forneria del Lago di Paratico.
Il packaging che conta

Di Natale in Natale, i pasticcieri bresciani dimostrano di curare sempre più il packaging. Bedussi ha lanciato una borsa «Pelosa» e sgargiante.
I Serlini di Gussago hanno impreziosito il prodotto inserendolo in una latta blu notte e oro. E Mino Dal Dosso del Salamensa di Montichiari torna a stupire con una scatola che ricorda un barattolo di vernice.
Per trovare l’ispirazione si è affidato ad alcune classi del Tartaglia Olivieri e in particolare alla proposta di Noemi Parolini, della 3aFL. Detto, fatto: «Ho sviluppato l’idea intingendo a mano ogni latta usando 10 colori diversi – racconta Dal Dosso –. Mentre facevo colare il colore sulle latte, cercavo in tutti i modi di renderlo il più omogeneo possibile. Ma niente da fare. Ognuna seguiva il suo corso. Che rabbia. Poi, riflettendoci, mi sono venuti in mente i miei figli. Cerchi di farli crescere come vuoi tu, con le attenzioni e le scelte che ritieni giuste, ma ognuno cresce a modo suo, prende la propria strada. Allo stesso modo, queste colate di colore, anche se imperfette, portano bellezza e vita. Proprio come i figli».
I 2.500 panettoni nella scatola di latta sono stati prenotati tutti. Come sempre Salamensa inizia a produrli il primo dicembre affinché «ogni cliente possa gustare un prodotto fresco. Ciascuna confezione, tra latta, vernice, manodopera, brochure e velina, ci costa 10 euro. Sono andate a ruba. Per gli altri panettoni usiamo una carta da pacco con la stessa grafica». Le varianti sono quelle di sempre: classico con la glassa, albicocche e cioccolato bianco (il più venduto) e tre cioccolati.

Colpisce per contenitore e contenuto anche il primo panettone di Ananke, nuovo «forno artigiano» di Brescia: un sacco per la farina chiuso con lo spago custodisce un lievitato che profuma di burro francese ed è impreziosito da fichi e limoni canditi, oltre che da gelatina di albicocca. «È la nostra visione di panettone artigianale, un richiamo alla natura, alla vita contadina e genuina», commenta Beppe Pasini. Due le varianti disponibili: l’altra contiene cioccolato Bagai Ecuador e amarene candite.
Il lievitato d’autore
Dulcis in fundo meritano l’assaggio i lievitati di Andrea Tortora. Cremonese figlio di pasticcieri alla quarta generazione e con un curriculum internazionale alle spalle – basti dire che è stato alla guida della pasticceria del ristorante St. Hubertus, tre stelle Michelin –. Tortora da due anni ha un laboratorio a Chiari in cui, nella stagione dei panettoni, lavorano 20 persone e lui è sempre presente.
«Ciò che produciamo oggi lo spediamo domani – racconta –. Ho adattato il modello della ristorazione alla pasticceria: i miei lievitati vanno consumati freschi, entro 35 giorni». Gli ordini arrivano dall’Italia, ma anche dall’estero (Austria, Germania, Francia, Inghilterra, Svizzera...). Dal suo laboratorio (At Pâtissier) escono il panettone tradizionale glassato che si è piazzato al quarto posto in Italia nella classifica di Dissapore; un lievitato all’olio extra vergine d’oliva (su richiesta personalizzabile con il proprio olio) e un altro prodotto totalmente vegetale.
A Tortora sta inoltre a cuore il pandoro «che amo da quando ero bambino: è un mondo diverso rispetto a quel del panettone, molti ci stanno arrivando ora, io ci lavoro da dieci anni». E il risultato si vede. Anzi, si sente.
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