Referendum 8 e 9 giugno: il dibattito tra i politici bresciani

L'8 e il 9 giugno si vota per cinque referendum: quattro sono legati al lavoro e uno alla cittadinanza per gli extracomunitari. L'associazione Face to Face ha organizzato un incontro all'hotel Vittoria di Brescia per discutere dei quesiti con i politici bresciani.
La cittadinanza
Il primo a prendere la parola è stato l’onorevole Gian Antonio Girelli, deputato del Pd. «Viviamo un periodo di grande disaffezione al voto. Ma il quesito sulla cittadinanza è importante perché pone delle domande sull'Italia di oggi e soprattutto sull'Italia del futuro. Si sta semplicemente riducendo il lasso di tempo che serve a persone già integrate nel nostro territorio per ottenere la cittadinanza. Si parla di due milioni di persone interessate: sono quelle che lavorano nelle nostre fabbriche e nelle nostre campagne. Che crisi avremmo se decidessero di abbandonare un paese che non li vuole? Dobbiamo guardare gli scenari futuri. Il sì a questo referendum è un impegno verso queste persone».
L’onorevole Simona Bordonali, deputata della Lega si è concentrata sui numeri. «Sono d'accordo con Girelli: c'è un fenomeno che va governato. L’Italia è il paese che a livello europeo concede più cittadinanze: il 22%. nel 2023 sono state oltre 210 mila. Ci sono tanti cittadini che hanno un reddito e sono integrati: non c'è necessità di cambiare la norma. Anzi potrebbe essere un boomerang: rischia di aumentare l'immigrazione illegale. Una parte politica cerca di accelerare questo processo perché sperano di ottenere in futuro più elettori a lavoro favore. Cosa differenzia di più uno straniero? La possibilità di votare. Dunque è solo una ricerca di nuovi voti. Anche perché i cittadini europei, apolidi e rifugiati possono già ora ottenere la cittadinanza in quattro anni.
Per l’onorevole Fabrizio Benzoni, deputato di Azione, la questione è da allargare e non riguarda solo la residenza in Italia. «Non siamo promotori, ma voteremo sì, anche se si sta usando lo strumento referendario nel modo peggiore perché daremo alla maggioranza la possibilità di dire che agli italiani non interessa la cittadinanza. Il punto cruciale sono le persone che crescono nel nostro Paese: serve lo ius scholae. Siamo la nazione che dà più cittadinanza perché negli altri paesi vige lo ius scholae e quindi non c’è bisogno di concederle».
Paolo Fontana, capogruppo di Forza Italia in Loggia sottolinea che la «cittadinanza è il tema dei temi. Non esiste nessun paese in occidente che abbia affrontato la questione con un referendum. Tutte le democrazie si sono affidate al parlamento. Su temi importanti facciamo i referendum, ma servirebbe uno sforzo politico. L'Italia può e deve trovare una soluzione. Per noi lo ius Italie: diventare a 16 anni cittadini italiani. dopo dieci anni di scuola».
Il lavoro
Sulla questione lavoro sono intervenuti i politici più giovani. Valentina Gastaldi, capogruppo di Brescia Attiva in Loggia ha precisato che «in questo momento i lavoratori non sono pienamente tutelati e non posso pensare al futuro». L'invito è di andare a votare sì ai quesiti. «Non si possono certo rivoluzionari i problemi con un referendum. Con i referendum si vanno a mettere pezze a leggi fatte male. Utilizziamo tutti gli strumenti democratici che abbiamo a disposizione, anche perché la Cgil ha presentato un disegno di legge che non è mai stata discusso».
Il capogruppo di Azione nel Comune di Brescia Francesco Tomasini ha confermato di essere totalmente in disaccordo con la collega di maggioranza in città. «Voteremo schede incomprensibili e non si può reintegrare una persona licenziata perché c'è un errore formale nel licenziamento. Le imprese avranno paura ad assumere e questi quesiti rispondono poco alle tematiche del lavoro. Mi sembrano molto politici: un tentativo di intestarsi una battaglia».
Simone Zanetti, sindaco di Fratelli d’Italia a Maclodio, ha specificato che votando sì al primo quesito «non si torna all'articolo 18, ma si torna alla legge approvata dal governo Monti- Fornero», ma anche sottolineato che sono «quattro quesiti che rappresentato pura propaganda ideologica», confermando l’indicazione di non andare a votare del suo partito, come «chiara scelta politica e perché con quattro sì non si tutelano i lavoratori».
Antonio Zambolin, della segreteria provinciale dei Giovani Democratici è stato diretto. «Noi siamo per cinque sì perché si amplia la tutela reintegrativa e perché il lavoro è dignità. Non siamo un partito personalista e le scelte vengono prese dalla direzione nazionale. Mi dispiace che il centrodestra abbia smesso di parlare di lavoro».
La risposta di Marco Pè, segretario provinciale di Forza Italia giovani è altrettanto pragmatica: «Non capisco l'immotivato senso di rabbia nei confronti degli imprenditori. Questi referendum sono promossi da un segretario della Cgil che firma contratti da cinque euro l'ora: dovrebbe pensare a quello. E i politici del Pd dovrebbero chiedersi perché i lavoratori hanno smesso di votarli».
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