Politica

Referendum, cosa cambia per la sicurezza sul lavoro

Se vince il «sì» anche chi commissiona l’opera avrà responsabilità dirette in caso di incidenti
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Referendum, quesito 4: la video scheda
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Fino a che punto le imprese committenti devono essere responsabili per la sicurezza dei lavoratori, anche quando questi ultimi sono assunti da imprese appaltatrici? È esattamente questo il tema su cui si concentra il quarto quesito del referendum dell’8 e 9 giugno, una scelta che potrebbe riscrivere le regole della sicurezza nei cantieri, affidando in ogni caso anche a chi li richiede (ossia il committente) una responsabilità diretta.

Cosa cambia

Attualmente, l’articolo 26, comma 4, del Decreto legislativo 81/2008 (alias: Testo unico, modificato varie volte) stabilisce che la responsabilità per gli infortuni sul lavoro è attribuita in ogni caso all’azienda appaltatrice, ovvero quella che assume direttamente i lavoratori.

La norma estende la responsabilità alle imprese committenti (tradotto: quelle che ingaggiano un’impresa alla quale affidare l’incarico) per tutti i danni tranne quelli che derivano da rischi specifici legati all’attività dell’appaltatore o del subappaltatore. La catena di appalti e subappalti può essere molto lunga: di norma, in caso di infortunio rispondono tutte le imprese, ma se accade un incidente durante un’attività che prevede appunto rischi specifici, il lavoratore, secondo la legge in vigore, può rivolgersi per un indennizzo solo a chi l’aveva direttamente ingaggiato e non anche al committente, a cui fanno capo complessivamente i lavori. Se si raggiungesse il quorum e se tra le schede rosse la spuntasse il «sì», le imprese committenti sarebbero ritenute responsabili anche per gli infortuni causati da rischi specifici legati all’attività dell’appaltatore.

Un esempio pratico per capire meglio: se l’infortunio si verifica durante un’attività che richiede una particolare competenza specialistica da parte dell’impresa incaricata, competenza che invece il committente non possiede, il lavoratore può ottenere indennizzo solo dal proprio datore di lavoro, mentre per tutti gli altri rischi può rivolgersi anche alle altre imprese coinvolte. Il quarto quesito chiede di cancellare questa regola che, in pratica, limita la responsabilità dell’azienda quando delega la realizzazione di una o più attività specialistiche, circostanza che avviene spesso, soprattutto quando si tratta di grandi progetti.

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La normativa

Spiega l’avvocato giuslavorista Andrea Giliberto: «In materia di appalto, la legislazione vigente è molto corposa e va ricordato che ad oggi tutti i datori di lavoro della catena d’appalto sono responsabili per i crediti pecuniari del lavoratore, che può quindi chiedere l’indennizzo all’intera catena sovrastante con un termine prescrizionale di due anni per gli stipendi e di cinque per i contributi. Con un’unica eccezione: quella del committente non imprenditore».

Questo aspetto non cambierà, perché non è oggetto del quesito referendario, che si concentra invece nello specifico sulla sicurezza: «Il punto è: chi risponde della sicurezza del lavoratore all’interno della catena degli appalti? Quando ci sono interferenze tra più imprese - precisa Giliberto - si prevede un documento unico di valutazione dei rischi, che ha un approccio integrato: si valutano cioè non solo i rischi della singola lavorazione, ma anche quelli delle interferenze tra le diverse lavorazioni. Ci sono però dei rischi, definiti specifici propri e che riguardano pochi casi, che sono legati alla particolarità dell’attività svolta dall’appaltatore: al momento il committente, che non ha competenza tecnica sulla specifica attività che ha causato l’infortunio, non ha neppure responsabilità. Se prevale il sì, viene abrogata questa eccezione: si applica, cioè, la corresponsabilità solidale al committente anche in caso di rischio specifico proprio dell’appaltatore».

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