CronacaBassa

Infortunio mortale a Carpenedolo, quinta vittima sul lavoro da inizio anno nel Bresciano

La Redazione Web
La Uil torna a chiedere che «la politica si assuma le responsabilità di intervenire con l'omicidio sul lavoro così come è stato fatto con l'omicidio stradale
L'azienda dentro cui è avvenuto l'infortunio sul lavoro © www.giornaledibrescia.it
L'azienda dentro cui è avvenuto l'infortunio sul lavoro © www.giornaledibrescia.it
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È caduto da un’altezza di otto metri sotto gli occhi dei colleghi che con lui stavano lavorando sul tetto di un capannone. Così in provincia si è consumata la quinta morte sul lavoro dall’inizio dell’anno. A Carpenedolo, Bassa Bresciana, all’interno dell’azienda Marmi Ghirardi ha perso la vita il 43enne Andi Rexhepi. Nato in Albania e residente a Piamborno, in Vallecamonica, era dipendente di una ditta esterna a quella in cui è avvenuto l’incidente mortale.

Forse per una distrazione l’uomo è precipitato dal tetto che ancora era danneggiato dalla grandine della scorsa estate e ha battuto violentemente la testa a terra. Per lui non c’è stato nulla da fare. Inutili i soccorsi chiamati tempestivamente dai colleghi.

Da inizio anno

Prima del 43enne di origini albanesi, nel Bresciano avevano perso la vita un operaio investito dal materiale incandescente a Lonato, un altro a Pontoglio finito con il motorino contro il rimorchio di un camion fermo, un 38enne travolto dal muletto di un collega mentre in un’azienda di Longhena stava andando a timbrare per finire il turno e un 51enne investito da un treno nei pressi della stazione di Chiari.

«Nell'esprimere la mia vicinanza alla famiglia dell'operaio deceduto questa mattina in un cantiere a Carpenedolo, voglio però ribadire che queste tragedie sono inaccettabili. È necessario intervenire attraverso una maggiore e più adeguata formazione e azioni di prevenzione e controllo» ha detto la consigliera regionale del Pd Miriam Cominelli, bresciana, alla notizia dell'incidente mortale verificatosi questa mattina in un cantiere a Carpenedolo. «Secondo i dati dell'Osservatorio Vega Engineering, la Lombardia risulta la regione italiana con più incidenti, compresi quelli mortali. E Brescia, con 55 infortuni ogni milione di occupati, è maglia nera in Lombardia. Fatto che implica evidentemente l’esistenza di lacune, come è stato segnalato anche dalla Corte dei Conti nella sua analisi annuale ai documenti di bilancio - ha dichiarato Miriam Cominelli - In questa legislatura abbiamo chiesto e ottenuto la Commissione d’inchiesta Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che deve aiutare ad agire al meglio per prevenire le morti bianche».

Per il consigliere regionale bresciano di Azione Massimo Vizzardi «in provincia di Brescia i settori in cui si registrano più morti sul lavoro sono edilizia e agricoltura e nel periodo 2018-2023 gli infortuni mortali sono aumentati». Nel 2023 l'Ats di Brescia ha registrato il numero più alto di morti in Lombardia (19 su 55) e il 2024 si è aperto nelle stesse drammatiche modalità: secondo i dati aggiornati al 28 febbraio, 4 infortuni mortali su 6 sono avvenuti nel bresciano.

«Da membro della Commissione d’Inchiesta sulla salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro del Consiglio Regionale - ha detto ancora Vizzardi -, mi sento di dire che è una necessità inderogabile investire di più sulla formazione di imprenditori e lavoratori e sulla costruzione di una vera, forte cultura della sicurezza sul lavoro. Non si può pensare di delegare tutto alle azioni di controllo, anche a fronte - conclude - del dato segnalato da Cisl, secondo cui in 10 anni, nella provincia di Brescia, è stato perso il 60% dell’attività ispettiva».

La richiesta di introduzione di «omicidio sul lavoro»

«È evidente – sottolinea il coordinatore UIL di Brescia Mario Bailo - che nel 2024 con la tecnologia attuale, con l'intelligenza artificiale morire così sul lavoro è qualcosa di inaccettabile e non di un paese civile. Ribadiamo che al di là delle dinamiche o delle responsabilità è arrivato il momento che la politica si assuma le responsabilità di intervenire con l'omicidio sul lavoro così come è stato fatto con l'omicidio stradale e con l'omicidio nautico perché dietro ogni morte c'è una persona, una famiglia, una comunità distrutta. E non c'è mai un colpevole che paga. E’ arrivato il momento che di fronte a oltre 1000 morti l'anno e più di 600.000 infortuni la politica intervenga con serietà e responsabilità avendo il coraggio di fare delle scelte. E questa è una battaglia che dovrebbe essere di tutti: delle organizzazioni sindacali ma anche delle imprese. Perché quelle imprese che non investono in sicurezza generano una grande slealtà tra di loro.Tutti dovrebbero remare dalla stessa parte a difesa delle persone, delle lavoratrici, dei lavoratori e della dignità del mondo del lavoro».

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