Tutti i numeri della violenza di genere, a partire da Brescia

In Lombardia nel primo semestre del 2021 ci sono stati 8 omicidi con vittime femminili, uno di questi è avvenuto nel Bresciano
Un'immagine sulla violenza contro le donne
Un'immagine sulla violenza contro le donne
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Nella narrazione che caratterizza la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne si parla spesso – anche correttamente, visti gli ultimi fatti di cronaca – di femminicidio ma l’uccisione di donne da parte di compagni, mariti o familiari violenti è solo la punta di un iceberg fatto di minacce, violenze sessuali, comportamenti vessatori e atti intimidatori: i cosiddetti reati spia, ossia quei crimini che sono indicatori di violenza di genere, espressione di violenza fisica, sessuale, psicologica, economica. Secondo il report annuale del Servizio di Analisi Criminale redatto dalla Direzione Centrale della Polizia Criminale, nel nostro Paese questo tipo di reati sono stati 20.764 nel 2020 e hanno subito un decremento dell’8% nello stesso periodo del 2021 (19.128).

Sono i numeri a parlare di violenza di genere anche in Lombardia e in provincia di Brescia. Sempre dal report redatto dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, si apprende che sono stati 13 gli omicidi volontari con vittime di sesso femminile compiuti da familiari o partner/ex partner che si sono consumati nella nostra regione nel primo semestre dello scorso anno: due di questi sono casi bresciani, l’omicidio di Francesca Fantoni nel gennaio 2020 e quello di Zsuzsanna Mailat nel maggio dello stesso anno. Nello stesso periodo di quest’anno invece, le vittime sono state 8 di cui una bresciana, l'ex vigilessa Laura Ziliani uccisa lo scorso maggio, anche se il corpo è stato ritrovato solo mesi più tardi. 

I numeri della Casa delle Donne di Brescia

Con il verificarsi di atti violenti come quelli appena descritti, spesso molte donne riescono ad allontanarsi dall’uomo che le maltratta, rivolgendosi a strutture preposte all’accoglienza. Ed è proprio da una di queste strutture, la Casa delle Donne di Brescia, che arrivano ulteriori numeri relativi ad un fenomeno di cui spesso non si conoscono i contorni precisi. I dati relativi ai primi 9 mesi del 2021 parlano di 209 donne accolte dall’ente bresciano antiviolenza (numero comprensivo di tutti gli sportelli della provincia).

Un dato allarmante arriva però da fine settembre al mese di novembre: l’aumento è stato esponenziale se si pensa che ad oggi sono 280 le donne che si sono rivolte al centro antiviolenza. Di queste solo 69 sono straniere (66 extra Ue, 3 Ue). Rispetto allo stesso periodo del 2020, i numeri sono più o meno stabili, se non leggermente più bassi. Ciò che aumenta è il numero delle donne prese in carico, vale a dire le donne che si rivolgono alla Casa per una consulenza legale (91) o psicologica (57). Tendenzialmente, rispetto all’anno pandemico, le vittime di violenza di genere vanno più a fondo nei loro percorsi non solo di presa di coscienza ma anche di denuncia e altre azioni legali.

Quando si parla di presa in carico da parte dell’associazione ci si riferisce, inoltre, all’ospitalità in case e/o strutture appositamente adibite che consentono alle donne di mantenere l’anonimato, di essere supportate da un assistente sociale il tutto in totale segretezza. Attualmente sono 9 le persone che versano in questa particolare condizione presso la Casa delle donne di Brescia.

Delle 209 accolte, 144 di loro hanno figli minori a carico: 41 di questi hanno asstito alla violenza domestica, stando a quanto riportato dalle madri, in paricolare 7 di loro hanno subìto direttamente violenza,  mentre 34 hanno sofferto violenze psicologiche. In ultima istanza, ciò che spesso impedisce ad una vittima di violenza a denunciare i maltrattamenti fisici o psicologici è l'assenza d'indipendenza economica dal suo abusatore. Una situazione reddituale stabile e sufficiente per il proprio mantenimento (ed eventualmente dei figli)  è cruciale per far sì che la donna possa abbandonare il partner violento.  Delle 209 donne accolte dal centro bresciano, solo 1 su 3 (72) aveva un lavoro.

I dati della Questura di Brescia 

A costruire un identikit più preciso del fenomeno della violenza di genere nel nostro territorio contribuiscono i numeri che la Questura di Brescia. Nell’arco del 2021, è emerso che l’età media delle donne che hanno richiesto provvedimenti di ammonimento è di 35 anni. la maggior parte di esse, sono sposate con figli, equamente suddivisi su tutto il territorio bresciano quasi tutte le richieste d’intervento giungono da donne italiane. L'ammonimento è un provvedimento amministrativo che permette, nel caso in cui non sia stata già sporta querela e non siano stati perpetrati reati procedibili d’ufficio, la possibilità di rivolgere al Questore, quale autorità di Pubblica Sicurezza, istanza di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta molesta.

Personale in borghese della Squadra Mobile (archivio) - © www.giornaledibrescia.it
Personale in borghese della Squadra Mobile (archivio) - © www.giornaledibrescia.it

Dall'inizio dell'anno, inoltre, la Squadra Mobile di Brescia si è occupata di 143 casi di «Codice Rosso», come è stata ribattezzata la specifica normativa introdotta nel 2019 per tutelare le donne vittime di violenza di genere. L'attività investigativa specifica ha portato anche all'applicazione di 11 misure cautelari: 3 soggetti sono stati condotti in carcere, 4 agli arresti domiciliari, 2 sono stati sottoposti al divieto di avvicinamento all'abitazione e ai luoghi di abituale frequentazione della vittima designata, un uomo è stato allontanato dalla casa familiare nella quale ancora risiedeva. Da ultimo, un altro destinatario di misura cautelare è stato collocato in una comunità dal momento che si trattatava di un soggetto ancora minorenne. 

Sul territorio provinciale, inoltre, è spesso la presenza capillare delle Stazioni dei Carabinieri a divenire punto di primo contatto tra le vittime e le istituzioni volte a tutelarle: proprio di recente vi abbiamo raccontato come funzioni «La Stanza tutta per sé» presente in molti presìdi dell'Arma.

Gli interventi dei Carabinieri

Anche l'Arma dei carabinieri è impegnata nella lotta alla violenza di genere - © www.giornaledibrescia.it
Anche l'Arma dei carabinieri è impegnata nella lotta alla violenza di genere - © www.giornaledibrescia.it

Dall'inizio dell'anno i Carabinieri di Brescia hanno eseguito 75 arresti e denunciato 580 persone nell'ambito degli interventi di Codice Rosso. E sono 129 le vittime indirizzate ai centri antiviolenza dall'Arma. Quanto ai provvedimenti urgenti previsti dalla legge per questi casi, da inizio 2021 sono stati effettuati 30 ammonimenti, 42 allontanamenti dalla casa familiare, 67 divieti di avvicinamento e 2 divieti di dimora.

Educare sul territorio

Ma come si cambia un paradigma culturale? Lo abbiamo chiesto ad Elisabetta Bono, membro del comitato organizzatore di Casa delle donne, e a Bruno Barbieri, psicoterapeuta e presidente dell’associazione «Cerchio degli uomini», nata nel 2013 a Brescia. Questi due enti si occupano di gestire due risvolti dello stesso fenomeno: da un lato l’accoglienza delle vittime, con supporto legale e psicologico, dall’altro un tentativo di contenimento e prevenzione – anche culturale – della violenza perpetrata dagli uomini.

La formazione contro la violenza di genere passa dai banchi di scuola - © www.giornaledibrescia.it
La formazione contro la violenza di genere passa dai banchi di scuola - © www.giornaledibrescia.it

«La formazione nelle scuole è l’unico possibile argine ad un fenomeno radicato da secoli nella società. Una formazione che è soprattutto informazione, già dalla scuola primaria dove si può educare e sensibilizzare», dichiara Bono. «Come Cerchio degli uomini organizziamo proprio con Casa delle Donne incontri nelle scuole, lavorando su una vera e propria "educazione ai sentimenti". Soprattutto i ragazzi delle scuole medie e superiori si mostrano molto ricettivi. È la fascia di età dai 14 ai 18 anni dove si possono attuare comportamenti che si discostino nettamente dalla generazione dei loro padri», chiosa Barbieri.

Davanti alla rara presenza di una realtà che si occupa di gestire e curare i responsabili di maltrattamenti, è naturale chiedersi se e come si possa cambiare la cultura patriarcale che fa da substrato sociale al pensiero di un uomo violento. È necessario dunque cercare di riconoscere e scardinare segnali di violenza anche se, come confessa lo stesso Barbieri, «è difficile coglierli e anticiparli, questo anche a causa della mancanza di una rete che intercetti atteggiamenti invasivi o abusanti».

La percezione erronea e tossica che l’uomo violento ha della donna caratterizza tutti coloro che si macchiano di questi reati e che si rivolgono, per scelta o per necessità, al Cerchio degli uomini. «Sono convinti che vi sia una responsabilità della donna sul loro agito, che viene sempre da loro descritto come un gesto estremo frutto di provocazioni continue». Una visione che caraterrizza sostanzialmente tutta l'utenza che si è rivolta negli anni all'associazione, mutata nel tempo. «Siamo nati nel 2013 e a noi nei primi anni si rivolgevano anzitutto uomini preoccupati dal timore che la loro propensione alla violenza sfociasse nel concreto o indotti ad avviare un percorso di assistenza psicologica dalle compagne. Con l'introduzione del Codice Rosso, nel 2019, a noi si sono rivolti sempre più spesso soggetti indagati sollecitati dai propri avvocati ad avviare un iter che attestasse una volontà di cambiamento ancor prima del processo» spiega Barbieri.

Resta di sfondo una visione distorta dell'altro sesso, ad alimentare la quale può contribuire anche la vittimizzazione secondaria a cui le donne vengono troppo spesso sottoposte: il dover raccontare e spesso in dettaglio quanto si è subìto in vari contesti istituzionali (dal momento della presentazione di una denuncia alla deposizione in aula, per fare alcuni esempi) costituisce infatti un ulteriore e non trascurabile fardello per la donna, contenere il quale può essere ulteriore elemento di facilitazione per porre fine alla violenza. 

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