Siccità, Fridays for future: «Non esiste il troppo tardi, ma dobbiamo agire ora»

Arianna Colzi
La siccità e gli incendi che ne scaturiscono mostrano ancora una volta il lato di un'emergenza climatica che non possiamo più ignorare
Siccità nei campi - © www.giornaledibrescia.it
Siccità nei campi - © www.giornaledibrescia.it
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L’emergenza siccità sta riscaldando l’estate bresciana. Letteralmente. Ieri, dopo il vertice che si è tenuto in Prefettura al quale hanno partecipato, oltre a presidente e direttore dei consorzio irriguo del fiume Chiese, anche le principali associazioni di categoria del comparto agroalimentare - Coldiretti, Confagricoltura e Copagri -, è stata presa la decisione di chiudere, il 30 giugno, i rubinetti: niente più acqua agli agricoltori per le irrigazioni.

È arrivata domenica invece la richiesta di Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, rivolta al premier Mario Draghi affinché venga riconosciuto lo stato d’emergenza. Richiesta che si è aggiunta a quella del governatore della Regione Lombardia, Attilio Fontana. Nel frattempo, molti comuni, nel Bresciano e non solo, hanno deciso di emettere ordinanze volte alla limitazione dell’uso personale dell’acqua pubblica.

Di questo (ennesimo) volto dell'emergenza climatica, ormai sotto gli occhi di tutti, abbiamo parlato con Giovanni Mori, portavoce di Fridays For Future Brescia.

Il rischio siccità è noto ormai da anni. Come associazione spesso avete rivendicato la mancanza di provvedimenti fatti in passato: adesso, però, nel breve periodo cosa possiamo fare per contrastare il fenomeno?

Ci sono un sacco di cose che sappiamo da tantissimi anni. È ormai noto che la situazione più problematica, su ampia scala, per quel che riguarda l’utilizzo massivo di acqua, è quella di allevamenti e agricoltura intensivi. Se invece guardiamo la dinamica in un futuro prossimo, dobbiamo pensare a cosa fare nella prossima stagione, perché, ad esempio, sappiamo già che sulle Alpi in questo momento c’è il 50% di copertura nevosa in meno e sappiamo che le Alpi garantiscono afflusso costante di acqua. 

Guardare all'emergenza in un'ottica più prossima, invece, significa guardare a domani, a dopodomani: non so se arriveremo a razionare l’acqua per uso privato, può essere, e in parte ridurremmo una marea di sprechi. In quest’ultimo periodo, con il caro energia e il caro bollette, abbiamo visto che, chi ha una tariffa a costo fisso, continuava a consumare allo stesso identico modo di prima, mentre chi aveva una tariffa regolata in base ai consumi, è riuscito a tagliare e a diminuire l’utilizzo del 20/30%, pur di risparmiare: quindi, effettivamente, è possibile rinunciare dall’oggi al domani ad un certo tipo di consumi senza drammi.

Ma arrivare a razionare, senza aver sensibilizzato la popolazione sull’attuale stato in cui versano le acque della provincia, non rischia di essere un boomerang?

Certo. Prendere provvedimenti drastici, farebbe crescere soltanto la rabbia. Per questo la soluzione non può mai essere una sola. Sensibilizzare oggi è più cruciale di prima, perché la situazione è senza precedenti. Anche a livello comunicativo, dobbiamo smetterla di chiamare questo clima «pazzerello» perché c’è una sola espressione da utilizzare ed è crisi climatica. Le ondate di calore ci sono sempre state ma non ne abbiamo mai avute così tante, così intense e in così breve tempo: è questo che fa l’emergenza climatica, moltiplica e amplifica fenomeni già presenti. C’è un termine scientifico, «attribution», che si utilizza per individuare quei fenomeni metereologici che siano effettivamente attribuibili al cambiamento climatico, e nel caso di questa specifica ondata di calore è stato molto semplice capire che eventi come incendi, siccità,nei primi giorni di giugno, si manifestino a causa dell’innalzarsi delle temperature dell’ultimo periodo.

Giovanni Mori, portavoce dei Fridays for Future di Brescia - Foto © www.giornaledibrescia.it
Giovanni Mori, portavoce dei Fridays for Future di Brescia - Foto © www.giornaledibrescia.it

In che modo, la crisi climatica è aggravata dagli allevamenti intensivi e dal loro massiccio utilizzo di risorse idriche?

Il 70/80% degli spazi coltivati al mondo servono per produrre sostentamento per gli animali. Questo sigifica che utilizziamo un sacco di acqua per nutrire un singolo animale da cui poi «ricaviamo» un decimo delle proteine che ci servono per mangiare. Il punto della questione riguardante gli allevamenti intensivi è uno solo: non dobbiamo autorizzarne di nuovi, dobbiamo metterci nell’ottica di farne a meno e semplicemente di diminuirne l’uso eccessivo di acqua.

Gli agricoltori sono i primi a lamentarsi per il razionamento, ma sono gli stessi che ne consumano (male) una grossa quantità. Così come spesso affrontiamo il tema di numerose lobby che ostacolano la riduzione dei combustibili fossili, dobbiamo anche guardare ai forti interessi che regolano il mondo e gli interessi dell’agricoltura.

Spesso, i più scettici nei confronti del movimento Fridays For future, vengono a chiedervi di proporre attivamente soluzioni in seguito alle vostre proteste…

I Fridays for Future sono un movimento che opera sul territorio, attenzionando i cittadini sull’urgenza della crisi climatica. Ma non siamo noi a dover fornire delle soluzioni, esistono esperti e professori a cui chiedere un supporto per mettere a terra eventuali contromisure. E andava chiesto loro prima, prevenendo l’emergenza siccità che abbiamo adesso: in base ai dati andavano studiate e analizzate tutte le attività che sono water intensive, ossia agricoltura, allevamento e industria, e trovare una strada per ottimizzarne i consumi. Quando la coperta è corta, le decisioni vanno prese. Cosa succederà se e quando l’acqua non dovesse più esserci?  

Una manifestazione «Fridays for future» - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Una manifestazione «Fridays for future» - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it

Per quanto riguarda invece le azioni del quotidiano, quali sono i comportamenti che ognuno di noi può fare per evitare di arrivare ad ulteriori razionamenti e ridurre gli sprechi?

I buoni comportamenti sono semplici e attuabili da tutti: dal semplice chiudere l’acqua quando laviamo i denti, alle lavatrici fatte in orari in cui si consuma meno energia. C’è poi una cosa che in pochi sanno: disfarsi, nel lavandino, dell’olio del tonno, della frittura, dell’olio esausto inquina tantissimo. Un litro d’olio se disperso in un bacino idrico può rendere non potabile una quantità d’acqua pari a un milione di litri: quindi un’ottima pratica potrebbe essere quella di portare l’olio esausto o di scarto all’isola ecologica più vicina.

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