Assalto al caveau, chiuse le indagini: sono 37 le persone a processo

Esclusa l'aggravante mafiosa per il piano che poteva fruttare 83 milioni di euro
Il gruppo pochi minuti prima dell’arresto di marzo  -  © www.giornaledibrescia.it
Il gruppo pochi minuti prima dell’arresto di marzo - © www.giornaledibrescia.it
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Ci sono i basisti, quelli che hanno messo a disposizione le armi, quelli che si erano concentrati sui mezzi da rubare e poi da incendiare durante il colpo e poi naturalmente la batteria che sarebbe dovuta entrare in azione. Sono complessivamente 37 le persone che rischiano il processo per l’assalto al caveau della Mondialpol di Calcinatello sfumato lo scorso 11 marzo, quando la Polizia di Stato ha fatto irruzione in un capannone di Cazzago San Martino dove 14 pregiudicati armati di kalashnikov erano pronti all’assalto armato con l’obiettivo di svuotare un deposito di denaro in cui quella sera erano presenti 83 milioni di euro in contanti.

Indagine chiusa

Dopo che la Cassazione ha escluso l’aggravante mafiosa per i coinvolti, il pubblico ministero Paolo Savio ha firmato la chiusura delle indagini e ora gli indagati avranno 20 giorni di tempo per chiedere interrogatorio o per depositare una memoria scritta. Trenta dei 31 fermati a marzo - 24 dei quali recidivi - sono ancora in carcere, uno - il proprietario del capannone che era la base logistica del gruppo - era stato rimesso in libertà dal gip e ora è tra coloro che la Procura vuole portare in aula e altri sei si sono aggiunti nell’elenco, per aver partecipato all’organizzazione del piano studiato per mesi tra i 14 sopralluoghi da parte dei vertici del gruppo e soffiate - attraverso immagini registrate di nascosto con spycam - di dipendenti infedeli della società di vigilanza che gestisce il caveau di Calcinatello. Sono due infatti le guardie giurate finite in carcere con l’accusa di aver aderito al progetto criminale.

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Per soldi

«Se le cose vanno come dico io, mi compro la casa, hai capito?» dice una delle due guardie giurate il 23 novembre di un anno fa parlando con il fratello. Tra gli appunti sequestrati durante il blitz delle forze dell’ordine era stato ritrovato anche il pizzino con la spartizione del denaro. A quelli che venivano indicati come «metronotte» ovvero le guardie giurate, sarebbero andati 50mila euro. Che era la quota minima «per la mera partecipazione al colpo» e denaro sarebbe stato girato anche «ai carcerati e alle famiglie dei clan di riferimento oltre a pagare l’escavatore utilizzato durante l’assalto».

Gli accusati

La regia dell’assalto, secondo le indagini, era nelle mani di un gruppo di pugliesi di Cerignola specializzati in assalti ai blindati e che si erano legati poi ad esponenti della criminalità calabrese trapiantati da tempo al nord. Un gruppo di fuoco bloccato poco prima di entrare in azione. E che a breve si ritroverà in un’aula di tribunale.

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