Processo Bozzoli, la difesa: «Giacomo da assolvere, non ci sono prove»

Ieri l'accusa ha chiesto l'ergastolo per l'unico imputato Giacomo Bozzoli. Oggi in tribunale hanno parlato i difensori
  • La difesa di Giacomo Bozzoli davanti alla Corte d'Assise
    La difesa di Giacomo Bozzoli davanti alla Corte d'Assise
  • La difesa di Giacomo Bozzoli davanti alla Corte d'Assise
    La difesa di Giacomo Bozzoli davanti alla Corte d'Assise
  • La difesa di Giacomo Bozzoli davanti alla Corte d'Assise
    La difesa di Giacomo Bozzoli davanti alla Corte d'Assise
  • La difesa di Giacomo Bozzoli davanti alla Corte d'Assise
    La difesa di Giacomo Bozzoli davanti alla Corte d'Assise
  • La difesa di Giacomo Bozzoli davanti alla Corte d'Assise
    La difesa di Giacomo Bozzoli davanti alla Corte d'Assise
  • La difesa di Giacomo Bozzoli davanti alla Corte d'Assise
    La difesa di Giacomo Bozzoli davanti alla Corte d'Assise
  • La difesa di Giacomo Bozzoli davanti alla Corte d'Assise
    La difesa di Giacomo Bozzoli davanti alla Corte d'Assise
  • La difesa di Giacomo Bozzoli davanti alla Corte d'Assise
    La difesa di Giacomo Bozzoli davanti alla Corte d'Assise
  • La difesa di Giacomo Bozzoli davanti alla Corte d'Assise
    La difesa di Giacomo Bozzoli davanti alla Corte d'Assise
  • La difesa di Giacomo Bozzoli davanti alla Corte d'Assise
    La difesa di Giacomo Bozzoli davanti alla Corte d'Assise
AA

La difesa ha chiesto l’assoluzione di Giacomo Bozzoli. «Non ci sono prove che accusano Giacomo, ma solo prove a suo favore che escludono categoricamente che abbia potuto aggredire lo zio o farlo aggredire da altri» ha detto l’avvocato Luigi Frattini in conclusione della sua arringa durata due ore e mezza.

«Vi chiedo di porre fine a questa tristissima vicenda che non fa onore alla giustizia italiana e a quella bresciana - ha concluso il difensore davanti alla Corte d’Assiste -. Vi chiedo pertanto di assolvere l’imputato o perché il fatto non sussiste o perché Giacomo non ha commesso nessuno dei fatti contestati e di porre fine alla sofferenza del povero Giacomo e della sua famiglia». 

La mattinata

Il processo Bozzoli è tornato in aula stamattina per l’arringa dei difensori dell’unico imputato Giacomo Bozzoli, accusato dell’omicidio dello zio Mario e della distruzione del cadavere dell’imprenditore scomparso nel nulla l’8 ottobre 2015. 

Ieri davanti alla Corte d’Assise di Brescia i pubblici ministeri Silvio Bonfigli e Marco Martana hanno chiesto l’ergastolo per Giacomo Bozzoli. «Siamo certi che il corpo di Mario sia stato distrutto nel forno della fonderia» ha spiegato l’accusa nella lunga requisitoria. 

Oggi è stato il turno della difesa. La sentenza potrebbe arrivare nella giornata di domani con la Corte d’assise presieduta da Roberto Spanò che entrerà in camera di consiglio dopo le repliche di accusa e difesa.

Secondo il capo d’imputazione, Giacomo Bozzoli è a processo «per avere distrutto o comunque soppresso il cadavere di Bozzoli Mario adagiandolo, anche avvalendosi della collaborazione di terze persone, sulla superficie di un bagno di metallo fuso nel forno grande della fonderia Bozzoli srl sino a ottenerne la carbonizzazione e l’incenerimento, ovvero trasportandolo fuori dallo stabilimento della Bozzoli srl e facendone perdere definitivamente le tracce».

La difesa

L’udienza è dichiarata aperta dal presidente della Corte d’Assise Roberto Spanò alle 10.38. A prendere la parola è l’avvocato Luigi Frattini, difensore di Giacomo Bozzoli.

Frattini parte con un affondo sulla richiesta dell’accusa di ieri: «Si è chiesto l’ergastolo contro una persona incensurata che ha trascorso sette anni infernali e in assoluta mancanza di prove, come cercherò di dimostrarvi. Anzi in presenza di prove, a mio parere evidenti, che dimostrano l’innocenza del povero Giacomo Bozzoli».

La difesa ricostruisce la vicenda in modo cronologico. Alle 19.12 dell’8 ottobre 2015 Mario Bozzoli telefona alla moglie dicendole che si sarebbe attardato ancora un po’ in fonderia per fare la doccia e per un impegno successivo. Al dibattimento Irene Zubani ha dichiarato però che suo marito sarebbe dovuto partire subito dopo la doccia. Solo dopo le 22 Irene Zubani sente però la necessità di mettersi in contatto con il marito, che non le risponde al telefono, e chiede al figlio di verificare dove sia Mario. 

In fonderia erano presenti Alex e Giacomo, e tre dipendenti: Ghirardini, Maggi e Abu. Per il difensore è inverosimile pensare che Mario Bozzoli dovesse intrattenersi con uno di loro. Per Frattini, «Mario doveva invece uscire dall’azienda per incontrare qualcuno, probabilmente una donna. Idea suggerita fra le altre cose da una dichiarazione di Oscar Maggi, secondo cui "Mario era un separato in casa". Non è questa la tesi principale della difesa» puntualizza Frattini, che sostiene però che ci sia stata fin dall’inizio «una lacuna totale delle indagini sui rapporti extra lavoro di Mario Bozzoli». Solo tre anni dopo i fatti «la procura chiese al gip di si intercettare l’utenza telefonia di una persona che aveva una relazione sentimentale con la moglie di Mario Bozzoli, e che aveva rapporti con gli ambienti imprenditoriali della Valtrompia. Poi il gip rigettò la richiesta».

«Non è stato introdotto nessun corpo nel forno»

Frattini parla poi della fumata anomala. Il difensore sottolinea come durante il processo si siano cambiate molte versioni rispetto a questo tema. «L’ultima tesi dell’ufficio del pubblico ministero sostiene che Mario Bozzoli sia stato ucciso da Giacomo Bozzoli all’interno della fonderia e poi il corpo sia stato affidato a Giuseppe Ghirardini affinché lo distruggesse in un bagno di metallo fuso nel forno grande della fonderia di Marcheno, oppure che il corpo sia stato trasportato fuori dallo stabilimento e distrutto in altro modo. Questa doppia possibilità dimostra l’assoluta mancanza di prove dell’accusa». 

Per il difensore inoltre, la tesi dell’accusa non può essere considerata valida anche perché non si sono mai ottenute indicazioni precise sul luogo in cui si sarebbe verificata l’aggressione e non sono mai state trovate tracce dell’aggressione stessa. 

Viene contestata anche la tesi secondo cui Ghirardini sarebbe stato pagato da Giacomo per distruggere il corpo dello zio, e si sarebbe suicidato proprio per il rimorso di quanto fatto. «Né i pubblici ministeri né i difensori della parte civile hanno ricordato che sulle banconote da 4400 euro ritrovate in casa di Ghirardini i Ris hanno accertato l’assenza di impronte digitali di Giacomo e Adelio Bozzoli e di qualsiasi persona dipendente della Bozzoli srl. Dai rilievi è però stato escluso Mario». E forse, anzi, ipotizza Frattini, «è stato Mario a fargli un prestito di soldi perché Ghirardini era in crisi. Quei 4400 euro non derivano da straordinari, non si può quindi escludere che vengano da Mario».

Per l’accusa, ricorda Frattini, alle 19.18 ci sarebbe stata una fumata bianca e anomala, uscita dal forno grande della fonderia e determinata dal corpo di Mario Bozzoli. «Se il corpo fosse stato introdotto nella parte superiore del forno e se poi fossero introdotti rottami - dice il difensore -, il forno sarebbe scoppiato». Frattini ricorda come i diversi consulenti anche dell’accusa e della Corte d’Assiste abbiano concluso per l’assenza di tracce biologiche di Mario Bozzoli nel forno, nel nastro trasportatore che conduce al suo ingresso, nell’impianto di aspirazione e anche nelle 700 tonnellate di scorie analizzate. «Non è certo che il corpo sia finito nel forno, anzi è certo che non sia stato così. E’ anche evidente che i rottami siano stati introdotti nel forno e che la fumata quindi non sia stata causata dall’introduzione di un corpo nel forno».

«Mario era vivo il minuto dopo la fumata»

Secondo la difesa ci sono prove positive che Mario Bozzoli non sia stato messo nel forno. La prima è legata proprio alla fumata cosiddetta anomala alle 19.18 dell’8 ottobre 2015. Dice Frattini: «Alle 19.19 il muletto di Mario usciva dal magazzino dei pani, ripreso dalla cam1. Il volto non si vede, ma non c’è nessun altro che in quel momento guidava il muletto. Questa è la prova positiva che ben dopo quella fumata anomala Mario Bozzoli stava uscendo dal magazzino. Sia Bontacchio che Alex Bozzoli hanno inoltre dichiarato di aver visto varie volte Mario entrare e uscire dal magazzino dei pani. Qualunque cosa sia successo a Mario Bozzoli non può quindi essere addebitata a Giacomo. Mario Bozzoli guidava il muletto e questa è la prova che era in vita dopo la fumata anomala». 

Abu al processo Bozzoli
Abu al processo Bozzoli

La difesa riprende poi le dichiarazioni di Abu, contestando la posizione dell’accusa secondo cui sarebbe un testimone inattendibile. «In altre udienze Abu ha riportato di aver visto Mario arrivare dalla fonderia alle 19.35 e Ghirardini caricare rottame verso il forno. L’8 ottobre verso le 22 Abu arrivava all’area forni e ha detto che la macchina di Mario era ancora parcheggiata in azienda, cosa che gli era sembrata strana perché lo aveva visto andare agli spogliatoi intorno alle 19.30». Per Frattini «Abu non ha ragione di mentire». Per avvalorare questa valutazione, la difesa ricorda anche una deposizione di Giuseppe Bozzoli, che ha raccontato di aver visto Abu quella sera spazzare per terra nei dintorni dei forni e di avergli chiesto se aveva visto suo padre. «Da quanto riportato da Giacomo, l’ultima volta che Abu aveva visto Mario era stato verso le 19.30 e andava verso gli spogliatoi».

Prosegue Frattini: «Alle 19.33 Giacomo Bozzoli usciva dalla fonderia con la sua vettura. Come avrebbe potuto il povero Giacomo aggredire e uccidere Mario in tre minuti e poi a metterlo non si sa dove? Dai controlli dei Ris è inoltre risultato impossibile che il corpo di Mario sia stato caricato sull’auto di Giacomo. In nessuna zona della fonderia c’è un segno di un’aggressione a una persona».

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia