Processo Bozzoli, chiesto l'ergastolo per Giacomo

Dopo un anno e mezzo di udienze e a quasi 7 anni dall'8 ottobre 2015 quando a Marcheno Mario Bozzoli svanì, questa la richiesta
  • Processo Bozzoli, la discussione in aula
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  • La Corte d'Assise in aula per il processo Bozzoli - Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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I pubblici ministeri di Brescia Silvio Bonfigli e Marco Martani hanno chiesto la condanna all’ergastolo per Giacomo Bozzoli, imputato davanti alla Corte d’Assise di Brescia per l’omicidio dello zio Mario e la distruzione del cadavere dell’imprenditore svanito nel nulla l’otto ottobre 2015. «Siamo certi che il corpo di Mario sia stato distrutto nel forno della fonderia» ha spiegato l’accusa nella lunga requisitoria. 

L'accusa ha chiesto anche la trasmissione degli atti in Procura per falsa testimonianza e favoreggiamento per gli operai Oscar Maggi e Abu presenti in fonderia il giorno dell'omicidio. «Gli operai Maggi e Ghirardini hanno avuto un ruolo attivo nella fase successiva, quando il corpo viene distrutto nei forni e loro erano presenti» è la tesi accusatoria.

Per i pubblici ministeri: «Giacomo è un violento e prevaricatore. Odiava lo zio e voleva ucciderlo, pianificava la sua morte da anni nei minimi dettagli». I pm hanno precisato: Per noi Mario Bozzoli è stato ucciso oltre ogni ragionevole dubbio dal nipote Giacomo Bozzoli nel forno della fonderia».

La discussione in aula

Non è quindi ancora il giorno del giudizio della Corte d’Assise di Brescia. Ma il processo Bozzoli è entrato nella fase più calda. Oggi è infatti il giorno della discussione dopo un anno e mezzo di udienze e a quasi sette anni dall’8 ottobre 2015 in cui nella fonderia del mistero di Marcheno svanì nel nulla l’imprenditore Mario Bozzoli. 

Si è tenuta la requisitoria dei pubblici ministeri Silvio Bonfigli e Marco Martani, poi oggi pomeriggio spazio alle parti civile. Domani sarà il turno dell’arringa della difesa di Giacomo Bozzoli, unico imputato accusato di omicidio volontario e distruzione di cadavere.

Giacomo Bozzoli è a processo «per avere distrutto o comunque soppresso il cadavere di Bozzoli Mario adagiandolo, anche avvalendosi della collaborazione di terze persone, sulla superficie di un bagno di metallo fuso nel forno grande della fonderia Bozzoli srl sino a ottenerne la carbonizzazione e l’incenerimento, ovvero trasportandolo fuori dallo stabilimento della Bozzoli srl e facendone perdere definitivamente le tracce» capo di imputazione che il pm Silvio Bonfigli ha modificato nell’udienza dello scorso 29 giugno aggiungendolo alla originale ricostruzione seconda la quale l’imputato avrebbe ucciso lo zio in fonderia portando poi il cadavere fuori dall’azienda a bordo della sua auto. Nel baule della vettura, va ricordato, non sono mai state isolate tracce riconducibili a Mario Bozzoli.

La sentenza potrebbe arrivare nella giornata di venerdì con la Corte d’assise di Brescia presieduta da Roberto Spanò che entrerà in camera di consiglio domani dopo le repliche di accusa e difesa.

L'accusa: «E' stato Giacomo»

Sono le 9.40 quando inizia la ventesima udienza del processo Bozzoli. In aula, oltre all’imputato Giacomo Bozzoli, ci sono anche i familiari dell’imprenditore Mario Bozzoli. Alle 9.44 inizia a parlare il pubblico ministero Silvio Bonfigli: «Risulta provato oltre ogni ragionevole dubbio che Mario Bozzoli è stato ucciso da Giacomo Bozzoli. L’imprenditore è stato ucciso nel forno della fonderia».

Per Bonfigli «il suicidio di Ghirardini è un suicidio parlante nonostante non siano stati ritrovati biglietti. Non regge al rimorso, al peso e alla paura per quello che ha fatto, cioè avere aiutato Giacomo a uccidere Mario. Capisce che sarebbero arrivati a lui di essere l’anello debole della catena. Quindi la prova logica è regina, non ci possono essere altre ragioni dietro la morte Ghirardini. Non era depresso, non aveva problemi economici, viveva nell’attesa di rivedere il figlio che sarebbe tornato dal Brasile».

Bonfigli ricorda poi l'esperimento giudiziale voluto dalla Corte d'Assise: un maiale morto di 13,2 chilogrammi è calato in un bagno di metallo fuso, il forno non esplode e non c'è puzza fino a quando non viene sollevata la cappa.

«La fumata anomala certifica la morte di Mario»

Alle 10 prende la parola l’altro pm, Marco Martani. Per Martani «la fumata anomala del forno grande della sera dell’8 ottobre è la certificazione della morte di Mario Bozzoli». Argomenta il pubblico ministero: «La prova che abbiamo è di tipo logico. E il procedimento è quello di esclusione di un allontanamento di Mario Bozzoli dalla fonderia. Le tre uscite dalla fonderia erano tutte presidiate da telecamera. Nel momento in cui si perdono le tracce di Mario Bozzoli, dalle 19.13 orario dell’ultima chiamata con la moglie Irene alle 19.35 quando iniziano le ricerche, non risultano uscite di Mario Bozzoli. La sua auto era dove era stata parcheggiata, i suoi vestiti erano nello spogliatoio».

Martani spiega che neanche nei dintorni è stata trovata traccia di un passaggio riconducibile a una persona. «Questi elementi ci portano a escludere che Mario si sia allontanato a piedi dalla fonderia la sera dell’8 ottobre».

Ma c’è un altro elemento, di natura logica, che per l’accusa assume una valenza probatoria ancora maggiore. «Mai Mario avrebbe abbandonato la moglie e i figli. Nel caso in esame, sottoposto ad attenta verifica, ha ricevuto una conferma formidabile: nessun elemento della personalità di Mario supporta l’ipotesi di un allontanamento volontario. Mario Bozzoli non aveva una relazione extraconiugale, non aveva ragioni per distaccarsi dalla famiglia. Dal registro delle chiamate sul suo vecchio Nokia, scandagliato dagli investigatori, non è emerso alcun contatto importante diverso dalla famiglia e dal lavoro. La sua scomparsa fra l’altro è avvenuta in un momento molto felice: stava lavorando all’apertura di una clinica odontoiatrica per il figlio Claudio. Non risultano nemmeno particolari problemi di salute. Oltretutto quella sera aveva appuntamento con la moglie per cena, con cui ha chiuso una telefonata alle 19.13, l’ultimo contatto». 

L’accusa esclude anche la possibilità che Mario Bozzoli sia fuggito altrove senza portafogli. Sui suoi conti personali e aziendali sono stati ritrovati due milioni e 400mila euro, di cui oltre un milione di Mario e co-intestati con la moglie. «Non si vede perché - prosegue Martani - avrebbe dovuto andarsene senza un soldo». 

L’ipotesi che Mario Bozzoli sia vivo da qualche parte è insomma da escludere. «Mai in questi anni c’è stato un avvistamento di Mario Bozzoli».

«Sulle altre ipotesi - che sia morto per cause naturali o si sia suicidato - non riteniamo sia il caso di spendere parole. Evidentemente Mario è stato ucciso all’interno della fonderia, il suo cadavere è stato soppresso all’interno della fonderia o fuori, e l’unico veicolo che avrebbe potuto portarlo fuori era la Porsche Cayenne di Giacomo. Quindi, se questo è avvenuto tra le 19.13 e le 23.33 quando arriva il figlio della vittima, non può che essere stato ad opera di una o più persone che quella sera si trovavano all’interno della fonderia: Alex e Giacomo Bozzoli, Maggi, Ghirardini e Abu». 

I movimenti di chi era in fonderia e i testimoni

Abu al processo Bozzoli
Abu al processo Bozzoli

Riprende la parola Bonfigli, per discutere il passaggio dei movimenti di chi la sera dell’8 ottobre 2015 si trovava in fonderia.

Graziano Bontacchio: entra in fonderia con il camion alle 18.36. Intorno alle 19 c’è l’episodio delle battute scherzose. Bontacchio resta a lavorare all’interno dei magazzini nella zona pesa. Alle 19.25 in zona pesa dice di vedere Giacomo che va verso la macchina: «Da quanto riporta Bontacchio, Giacomo ha aperto la portiera, ha messo qualcosa e poi è tornato in ufficio. Con queste parole smentisce le parole dello stesso Giacomo, che racconta di aver acceso il motore per riscaldarlo» dice Bonfigli. Al momento della fumata delle 19.18 Bontacchio si trova nel magazzino pane con Alex Bozzoli. Alle 19.31 timbra per uscire e alle 19.32 la cam 7 registra la macchina di Bontacchio che esce.

Un altro testimone importante, continua Bonfigli, è Cassé Mandaw. Alle 19.13.58 la cam6 riprende Cassé che esce dagli spogliatoi e finisce il turno di lavoro, timbrando alle 19.15. Prima di uscire incontra Mario, che a bordo del muletto va verso i forni, in direzione opposta alla sua. Incontra anche Abu mentre stava pulendo la tornitura al magazzino del rottame. Alle 19.16 la telecamera inquadra Cassé che lascia la fonderia.

Giuseppe Ghirardini: l’8 ottobre inizia il suo turno alle 14. Alle 19.11 la telecamera lo inquadra mentre esce nello spogliatoio. Alle 19.14 Mario Bozzoli si trova in zona forni, e così Ghirardini. Alle 19.16 Giuseppe Ghirardini viene ripreso con la cam8 a bordo della sua ruspa. Quella sera Ghirardini fa due ore di straordinario, cosa inusuale per lui, come conferma una deposizione di Alex Bozzoli. 

Alex Bozzoli durante un'udienza
Alex Bozzoli durante un'udienza

Oscar Maggi: arriva per il turno alle 18.06, alle 18.13 si vede che esce dagli spogliatoio. Poco prima del blocco dei forni, riprende la ruspa e va a caricare materiale al magazzino delle barre d’ottone alle 19.19. «Se a quell’ora era lì - sottolinea Bonfigli , non poteva essere evidentemente al forno al momento della fumata». Alle 19.21 Maggi passa davanti alla cam8 per sbloccare i filtri, alle 19.25 è ai forni.

Abu: al momento della fumata si trova nel magazzino del rottame che spazza per terra.

Alex Bozzoli: alle 19.15 è insieme a Bontacchio, lontano dalla zona forno al momento della fumata. Resta in fonderia a parte un breve momento in cui si allontana per buttare la spazzatura tra le 22.47 e le 22.52.

Mario Bozzoli: l’ultima persona credibile che lo ha visto dirigersi verso la zona forno è Cassé. Questo avviene alle 19.14. Maggi e Ghirardini dicono di averlo visto prima della fumata con la felpa sulle spalle mentre va verso il magazzino rottami. Alex, per la prima volta davanti alla Corte, sostiene invece di averlo visto verso le 19.19 mentre si dirige con il muletto verso il magazzino di ottone. Bontacchio è stato sempre preciso e mai dice di aver visto Mario sul muletto. Abu invece sostiene di averlo visto nella zona dello spogliatoio intorno alle 19.30.

Akwasi Abu Aboagye e Oscar Maggi all'uscita dall'interrogatorio nel 2015 - Foto Gabriele Strada/Neg © www.giornaledibrescia.it
Akwasi Abu Aboagye e Oscar Maggi all'uscita dall'interrogatorio nel 2015 - Foto Gabriele Strada/Neg © www.giornaledibrescia.it

Giacomo Bozzoli: è lui stesso che si colloca in zona forni quando spariscono le tracce di Mario e si registra la fumata. Racconta di essere salito alle 19.10 in ufficio e poi sceso verso le 19.16. C’è un buco negli spostamenti di Giacomo: ricompare alle 19.24 quando prova a chiamare la compagna Antonella Colossi, con cui riesce a parlare alle 19.30. Ripreso dalle telecamere, esce alle 19.33 e rientra alle 19.43, per poi uscire definitivamente alle 19.55. «E’ l’unico tra i presenti di cui si perdono le tracce nei momenti cruciali in cui sparisce anche Mario Bozzoli». 

Conclude Bonfigli: «L’unico che manca all’appello, pertanto, è Giacomo. Tutti i falsi testimoni di questo processo hanno cercato di allontanare Mario dalla zona forni al momento della fumata. Ci sono stati clamorosi depistaggi, i più gravi quelli di Maggi, Alex e Abu».

Per il pubblico ministero in particolare è inattendibile Oscar Maggi, che nella narrazione allontana Mario al momento della fumata. Non è comunque Maggi, dice Bonfigli, ad aggredire e gettare Mario Bozzoli nel forno ma «interviene nelle fasi successive ed è impensabile che non veda cosa stia succedendo. Chiama Mario alle 19.48, pur sapendo che non avrebbe potuto rispondere».

Secondo l'accusa, all’indomani del fatto le intercettazioni ambientali tra Abu e Maggi evidenziano il disperato tentativo di comunicare con Ghirardini per mettersi d’accordo su una versione comune: «I due attuano un depistaggio fin dalla sera dell’8 ottobre 2015».  

Il ruolo del suicidio di Ghirardini

La requisitoria dei pm si concentra poi sulla figura di Giuseppe Ghirardini, che l’8 ottobre 2015 fa due ore di straordinario, fatto insolito per lui.

Fino alla sera dell’8 ottobre 2015, viene raccontato, l’uomo è tranquillo. Scompare nella giornata del 14 ottobre, il suo corpo viene ritrovato il 18 ottobre. In quei giorni era stato convocato dai carabinieri per fornire altri particolari sulla scomparsa di Mario Bozzoli. Nella sua abitazione viene ritrovata una copia del Giornale di Brescia del 12 ottobre aperto su un articolo sulle ricerche dell’imprenditore di Marcheno. Per l’accusa Ghirardini era preoccupato che le indagini si stessero spostando sul forno, e quindi a lui.

Spiega il pubblico ministero Bonfigli: «Il suo ruolo è segnato drammaticamente dal suicidio. Pur non avendo lasciato indicazioni, Ghiardini arriva al gesto estremo per la paura delle indagini. Si è convinti che non possa avere ucciso Mario Bozzoli: ha il compito, dietro compenso, di distruggerne il corpo».

Ad avvalorare la tesi dell’accusa ci sono diversi indizi: Ghirardini, al pari di Maggi, si è allineato alla versione di Mario che si allontana dal forno con la felpa sulle spalle prima della fumata; un altro dipendente della fonderia Bozzoli, Boateng Collins, racconta di essere stato bloccato da Ghirardini all’ingresso dei forni; in casa di Ghirardini vengono ritrovati 4400 euro, una somma incompatibile con la sua situazione economica; il 10 ottobre 2015 Ghirardini fa una spesa che sembra un escamotage per liberarsi di queste banconote: spende in un supermercato di Brescia 29 euro utilizzando una banconota da 500 euro. Un modo evidente, per l’accusa, di sbarazzarsi di alcuni dei soldi ricevuti.

Questi elementi portano Bonfigli ad affermare, durante la requistoria, che «siamo certi che il corpo di Mario sia stato distrutto nel forno. Per questi motivi: la fumata anomala, la testimonianza di Collins, la durata anomala della fumata, la disponibilità di denaro ritrovato in casa di Ghirardini e poi il suicidio».

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