Valcamonica

Giallo di Temù: arrestate due figlie di Laura Ziliani

In carcere Paola Zani, con la sorella maggiore Silvia e il fidanzato di quest'ultima. «L'hanno uccisa per il suo patrimonio»
Il momento dell'arresto di Paola e Silvia Zani, figlie di Laura Ziliani
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Svolta nelle indagini sulla morte di Laura Ziliani, l'ex vigilessa svanita nel nulla a Temù l’8 maggio 2021, il cui cadavere è stato trovato l’8 agosto. Questa mattina sono state arrestate dai carabinieri due delle tre figlie della donna e il fidanzato della maggiore. Silvia e Paola Zani, 27 e 19 anni, e Mirto Milani, sono stati raggiunti da un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Brescia.

Contestati i reati di omicidio volontario, aggravato dalla relazione di parentela con la vittima, e di occultamento di cadavere. «Il proposito omicidiario è il frutto di una lunga premeditazione che ha permesso ai tre indagati di organizzare un piano criminoso che ha consentito loro di celare per lungo tempo la morte della donna e di depistare le indagini a loro carico». È quanto scrive il Gip Alessandra Sabatucci nell’ordinanza di custodia cautelare.

Secondo gli inquirenti il movente è di natura economica: «I tre indagati avevano un chiaro interesse a sostituirsi a Laura Ziliani nell’amministrazione di un vasto patrimonio immobiliare al fine di risolvere i rispettivi problemi economici», si legge nelle 38 pagine degli atti.

  • L'arresto delle figlie di Laura Ziliani
    L'arresto delle figlie di Laura Ziliani
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Le benzodiazepine

Dai laboratori di Medicina legale degli Spedali civili di Brescia è arrivata la risposta attesa a lungo. Nel corpo di Laura Ziliani sono state trovate tracce di sostanze (benzodiazepine) che avrebbero stordito l’ex vigilessa di 55 anni. L’esito dell’esame tossicologico, depositato in Procura dal professor Andrea Verzelletti, per gli inquirenti è stata la svolta dopo mesi di indagini, iniziate per cercare una donna scomparsa e poi proseguite per ritrovare la vittima di un omicidio. Perché per le forze dell’ordine e il sostituto procuratore titolare dell’inchiesta Caty Bressanelli, Laura Ziliani è stata uccisa.

La presenza nel corpo della vittima di sostanze che l’avrebbero stordita poteva indurre all’ipotesi del suicidio, cioè l’assunzione volontaria di dosi massicce di farmaci. Una teoria che non ha convinto però gli investigatori. Per il fatto che la donna aveva già in programma una gita con le figlie per il 9 maggio giorno della festa della mamma, perché da Brescia venerdì sette maggio era partita allegra spiegando alla figlia mezzana che si sarebbero viste il giorno successivo e poi per come è stato trovato il cadavere. La 55enne era praticamente senza vestiti, se non con l’intimo. Abbigliamento in contrasto con quanto denunciato dalla figlia maggiore, che lanciò l’allarme e disse che la madre quella mattina era partita per andare a fare una passeggiata in montagna.

I telefoni

Anche l’analisi dei telefoni cellulari è stata determinante. Ai tre arrestati nelle scorse settimane sono stati sequestrati i telefoni cellulari, per analizzare traffico telefonico e celle agganciate in quei giorni di inizio maggio. Gli smartphone risulterebbero però poco utilizzati nel periodo finito sotto la lente di ingrandimento. Come se non fossero quelli gli apparecchi attivi a maggio. Da capire se effettivamente i cellulari sono stati cambiati o se semplicemente siano stati puliti attraverso app utilizzabili da chiunque e in qualsiasi momento. O ancora, se i dati recenti abbiano sovrascritto quelli più vecchi.

Non avrebbe invece generato traffico dalla sera del 7 maggio - il giorno prima della scomparsa - il telefono di Laura Ziliani, ritrovato acceso, tra una panca e le scale della cantina dell’abitazione di via Ballardini a Temù, utilizzata dalla famiglia della donna come guardaroba e ripostiglio per le attrezzature da montagna. «Si ritiene plausibile - scrivono i carabinieri in una relazione agli atti - che possa essere stato perso inavvertitamente dalla Ziliani». Ma proprio in merito a questo cellulare gli inquirenti hanno registrato un’incongruenza nel racconto delle indagate. Una delle figlie ha detto di aver visto la madre utilizzare la mattina dell’otto maggio il telefonino. Che però risulta muto da ore prima. E dalla sera precedente non sarebbe mai uscito dalla casa di Temù.

Il gps mancante

Non si trova invece l’orologio gps che la donna utilizzava sempre quando andava a camminare in montagna. Non è in casa e non è mai stato trovato dagli inquirenti. E non ha registrato alcuna attività nella mattinata dell’otto maggio.

 

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