Disabilità diverse: com’è garantita l’equità alle Paralimpiadi

La cerimonia d’apertura dello scorso mercoledì ha ufficialmente alzato il velo sui Giochi paralimpici di Parigi, giunti alla loro 17esima edizione. Il calendario delle gare si dipanerà fino all’8 settembre.
Sono cinque i bresciani che vi prenderanno parte: Federico Bicelli nel nuoto, Veronica Yoko Plebani e Giuseppe Romele nel triathlon, Pamela Novaglio nel tiro a segno e Simone Cannizzaro nel judo.
Le categorie
A differenza delle Olimpiadi, non è previsto un torneo unico per ogni disciplina. Gli atleti vengono suddivisi in categorie, con lo scopo di garantire una competizione equa, tra contendenti che abbiano livelli di disabilità equiparabili.
I deficit ammessi alle Paralimpiadi possono essere raggruppati in tre macroinsiemi: fisici, visivi e intellettivi. Non tutti gli sport ammettono la partecipazione degli appartenenti a tutti e tre i gruppi.
Il Comitato

Per poter partecipare alle Paralimpiadi, ogni atleta deve soddisfare dei criteri minimi di disabilità. La valutazione è appannaggio del Comitato Paralimpico Internazionale, che attraverso le organizzazioni internazionali che afferiscono alla sua Assemblea generale stabilisce anche la suddivisione nelle categorie, le quali variano in base alla disciplina.
A ogni categoria è assegnato un «codice», che ha una componente alfabetica (una o più lettere, che identificano lo sport al quale si fa riferimento) e una numerica, che designa invece il grado di deficit: più è basso il numero, maggiore è il livello di disabilità. Per comprendere meglio il meccanismo, vi proponiamo il dettaglio delle quattro discipline che vedranno coinvolti gli atleti paralimpici bresciani.
Nuoto

Le categorie S1-S10, SB1-SB9 e SM1-SM10 raggruppano gli atleti con disabilità fisiche, che possono differire anche di molto le une dalle altre. Le classi sportive, come precisato dallo stesso Comitato Paralimpico sui propri canali ufficiali, vengono assegnate in base all’impatto che la disabilità ha sul nuoto, e non in relazione alla disabilità stessa. Il bresciano Federico Bicelli rientra nella S7.
Le categorie S, SB e SM 11-13 fanno invece riferimento agli atleti con problemi di vista. Più alto è il numero, come detto, minore è la limitazione dell'attività. Questa la distinzione nel dettaglio:
• 11: atleti con acuità visiva molto bassa e/o nessuna percezione della luce. I nuotatori devono indossare degli occhialini anneriti durante le gare per garantire una competizione leale.
• 12: atleti con un’acuità visiva superiore rispetto agli atleti che gareggiano nella classe sportiva S11 e SB 11 e/o un campo visivo con un raggio inferiore a 10 gradi.
• 13: atleti con il deficit visivo meno grave idonei allo sport Paralimpico. Hanno la massima acuità visiva e/o un campo visivo con un raggio inferiore a 40 gradi.
Nelle categorie S, SB e SM14 rientrano invece gli atleti con deficit intellettivo.
Le lettere corrispondono allo stile di nuoto: «S» indica gli stili farfalla, dorso e libero, «SB» lo stile rana e «SM» gli stili misti.
Triathlon

Il triathlon ha nove classi. Nelle PTWC 1 e PTWC 2 gareggiano atleti con limitazioni agli arti inferiori e superiori, che utilizzano handbike per la frazione ciclistica e una sedia da corsa per l’ultima frazione. A queste appartiene il 32enne Giuseppe Romele.
Nelle classi PTS, dalla 2 (nella quale rientra la bresciana Veronica Yoko Plebani) alla 5, confluiscono gli atleti con limitazioni agli arti inferiori e/o superiori che non necessitano di una handbike per la frazione in bici o di una sedia da corsa per l’ultima frazione. Sono ammessi dispositivi di assistenza come protesi di gambe e/o modifiche alla bicicletta.

Le categorie PTVI 1-3 raggruppano invece gli atleti con problemi di vista. Le partenze a intervallo garantiscono condizioni di parità tra triatleti ipovedenti e triatleti non vedenti che gareggiano con una guida.
Le lettere «PT» sono presenti in tutte le classi e sono l'acronimo di «Triathlon Paralimpico». A completare la sigla, come si è visto, può esserci «WC», che sta per «sedia a rotelle», «S» («in piedi») o «VI» («disabilità visiva»).
Tiro a segno

Due classi (1 e 2) precedute dalla stessa sigla, «SH», che sta per «tiro a segno»:
• SH1: atleti in grado di impugnare la pistola senza difficoltà e sparare in piedi o seduti (su sedia a rotelle o sedia). Gli atleti SH1 possono utilizzare una pistola o un fucile.
• SH2: atleti che non sono in grado di impugnare il fucile in modo indipendente, quindi utilizzano un supporto, ma sono in grado di mirare da soli e controllare il fucile durante il tiro. È la classe d'appartenenza della veterana Pamela Novaglio, giunta alla sua sesta partecipazione ai Giochi. Alcuni atleti - spiegano sempre le fonti ufficiali - possono avere un assistente per ricaricare la pistola.
Judo

La disabilità degli atleti, in questo caso, è di tipo visivo. Nella categoria J1 rientrano quelli con cecità completa, nelle J2 e J3 quelli con disturbi della vista. Simone Cannizzaro appartiene alla seconda.
I judoka vengono poi ulteriormente divisi in classi di peso, come avviene per il judo olimpico: il bresciano ipovedente della Badia, classe 1997, ha strappato il pass per il torneo dei 90 chilogrammi.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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