«Non vi farò fallire», invece in 8 anni Cellino ha distrutto il Brescia

«Toglierò il Brescia dalla mediocrità». Una dichiarazione d’intenti così poderosa da restare scolpita nella pietra. Per sempre. Massimo Cellino si presentò così a Brescia, otto anni fa. L’apogeo dell’unico anno in serie A, poi una caduta tenue e un crollo fragoroso. In mezzo diciassette allenatori, ventidue avvicendamenti in panchina. Una retrocessione sul campo e il sipario che cala nella maniera più incredibile. Ripercorriamo le tappe salienti dell’esperienza dell’imprenditore da presidente del club biancazzurro.
L’arrivo in città nel 2017
Nell’agosto del 2017 Massimo Cellino raccoglie il testimone da Marco Bonometti e acquista il Brescia. Versa 6,5 milioni per mettere le mani sul club. La definisce una «pazzia», ponderata con attenzione e «convinzione».
Poi pronuncia quella frase rimasta nella storia. Ce n’è un’altra che in retrospettiva ha un’eco beffarda: «Tranquilli che non vi faccio fallire, al limite lascerò posto a qualcun altro». Bonometti parla di lui come «l’uomo giusto al momento giusto». Una profezia che non si è avverata.
La prima stagione
Nell’accordo per l’acquisto del Brescia viene inserita una clausola che prevede un bonus da 3 milioni di euro a carico di Cellino in caso di salita immediata in serie A. Uno scenario che non viene nemmeno sfiorato nel 2017/2018: la squadra arranca, chiude il campionato al quindicesimo posto, conquistando la salvezza all’ultima giornata. Il nuovo presidente inaugura subito il suo schema di «panchine girevoli»: parte con Boscaglia, lo sostituisce con Marino, richiama Boscaglia, chiude l’anno con Pulga. Sarà una costante, o quasi, di questi otto anni.
La promozione in A

Nella stagione successiva cambia tutto. Arriva Donnarumma, gregario di lusso di Caputo nell’Empoli neopromosso. Segue la stessa rotta Romagnoli, che rinforza la difesa insieme a Sabelli, prelevato dal Bari. Da ottobre si allenano tutti nel nuovo centro sportivo di Torbole. Il Brescia non si presenta ai blocchi di partenza come regina delle favorite, ma ha le credenziali per fare bene. Scollinato il solito inconveniente dell’allenatore (Suazo dura appena tre giornate), il campionato decolla e atterra in paradiso con Corini alla cloche.
Il Brescia festeggia la serie A, e si toglie lo sfizio di staccare il biglietto promozione da primo in classifica.
Balotelli e il disastro in A

Il colpo dell’estate è Balotelli, l’asso sul quale Cellino scommette per lanciare l’assalto alla salvezza. Finisce malissimo: Mario è l’ombra di sé stesso, il rapporto si incrina quasi subito. Il Brescia non è attrezzato per la serie A e ripiomba in cadetteria ad agosto, con tre turni d’anticipo, in un campionato reso ancor più surreale dalla lunga interruzione per il Covid. Corini, Grosso, Corini, Lopez: è la solita filastrocca di nomi in panchina. Il misero bottino finale è di 25 punti in 38 partite. Tutto da rifare: in poco più di dodici mesi il pieno di entusiasmo cede il passo alla rassegnazione.
L’Inzagheide e l’obiettivo sfumato

Quella successiva è un’annata di transizione. Il Brescia vede lo spettro della bagarre per non retrocedere, poi arriva Clotet e con un filotto primaverile si regala un cammeo ai play off, uscendo al primo turno con il Cittadella. È su queste basi che Cellino progetta il rilancio. Il nome scelto per puntare alla seconda promozione è quello di Filippo Inzaghi: l’avvio è brillante, poi la squadra rallenta. Il primo esonero genera una figuraccia: Pippo si oppone, evocando una clausola nel suo contratto che lo impedisce con la squadra nelle prime otto posizioni.

A mediare tra le parti è Marroccu, il «facilitatore» della trattativa con il fondo che ha scandito le ultime settimane prima di arenarsi. La strada è però tracciata, e la rottura definitiva si consuma a fine marzo. Gli subentra Corini, che fallisce l’accesso diretto alla serie A ed esce nel doppio confronto in semifinale play off con il Monza.
La retrocessione e i guai giudiziari
Dall’estate del 2022 cominciano i guai. Cellino opera un ridimensionamento su più livelli: tecnico, di obiettivi, e di guida tecnica. Torna Clotet, l’uomo dei play off inattesi nel 2021. Sull’imprenditore sardo si abbatte una tempesta giudiziaria: il Tribunale del Riesame dispone nei suoi confronti un maxi-sequestro da 59 milioni per presunti reati fiscali risalenti al 2011. Sequestro revocato quasi integralmente un anno dopo.

Ma quei mesi di battaglie in aula fiaccano Cellino e hanno ricadute sul campo: la squadra è in preda al caos. Clotet, Aglietti, Possanzini e infine Gastaldello: la folle sequenza di tecnici non evita il disastro.
Nel giugno del 2023 il Brescia retrocede in C nel play out con il Cosenza, all’esterno del Rigamonti parte la guerriglia.
La riammissione e Maran

Ad agosto il Brescia viene riammesso in B in seguito alla bocciatura dell’iscrizione della Reggina.
A muovere i fili di questa manovra è l’amministratore delegato Micheli, dimessosi lo scorso febbraio. Gastaldello viene esonerato a novembre e lascia il posto a Maran. La luna di miele con Rolando dura parecchio, fino all’amaro play off con il Catanzaro.
Cellino non iscrive la squadra
Si arriva all’ultima stagione. In ordine temporale, e della storia del Brescia. L’ambizione iniziale è tentare un nuovo approdo agli spareggi per la serie A. Invece il campionato prende una pessima piega.
Maran viene allontanato a dicembre, l’interregno di papà Bisoli «spegne» il capitano e rompe qualche equilibrio interno. Torna Maran, che salva la squadra tra mille difficoltà. All’ultima giornata. Qualcuno si illude possa essere un nuovo inizio. E invece è solo l’inizio della fine.
Scoppia il caso contributi e Cellino non iscrive la squadra al campionato. Condannandola a qualcosa di ben peggiore della mediocrità: all’estinzione.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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