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Brescia, non solo padel: viaggio nella capitale segreta dello squash

Dai Bianchetti a Bovezzo, prima fucina di campioni, fino a via Dalmazia, il gioco «che allena e libera la testa»
Il titolare di Squash Bag Pietro Belotti (a destra) è insegnante e giocatore - © www.giornaledibrescia.it
Il titolare di Squash Bag Pietro Belotti (a destra) è insegnante e giocatore - © www.giornaledibrescia.it
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Brescia è la città che più di ogni altra ha contribuito a divulgare lo squash in Italia e oggi a distanza di 40 anni ne rinnova la tradizione. Sapevamo di questa attività grazie ai film americani che mostravano manager alla pausa pranzo impegnati in un gioco molto simile al tennis e praticato al chiuso, chi da noi lo ha fatto conoscere come un vero e proprio sport è stato Amedeo Bianchetti.

Sua a Bovezzo la prima struttura, inaugurata nell’ottobre 1984, dedicata interamente alla disciplina e rivelatasi nel tempo un’autentica fucina di campioni. Per anni arrivarono scudetti sia a livello seniores sia juniores, da lì sono usciti professionisti del calibro di Davide Bianchetti, figlio di Amedeo, laureatosi campione italiano a soli 18 anni, vincitore di ben 7 tornei internazionali e Luca Mastrostefano, tricolore nel 2005 e a suo tempo fra i primi 80 al mondo.

Gli esordi di Federer

In quel periodo d’oro girava nelle piazze di città e provincia un campo di vetro smontabile e trasportabile dove si esibivano i praticanti di squash per divulgare una disciplina faticosa e al tempo stesso divertente che stimola fantasia e reattività. Poi si è scoperto che proprio dallo squash è partita la straordinaria carriera del tennista Roger Federer, («Ci giocavo a 12 anni assieme a mio padre con una racchetta di legno», ha rivelato).che da tempo ne auspica l’inserimento nel programma olimpico. È un’attività che piace molto anche agli assi di Formula Uno, che ne fanno un utile strumento di allenamento.

L’ultimo a rivelarlo è stato il ferrarista Carlos Sainz: «L’elevata velocità del gioco – ha spiegato - e la necessità di prendere decisioni immediate sotto stress ricalcano in tutto e per tutto la situazione di un pilota al volante di un’auto da corsa».

La ripresa

Il boom di altri sport legati alla racchetta – su tutti il padel – in Italia ha oscurato ma non soppiantato l’attività (c’è chi pratica l’uno e l’altra) e in città c’è un centro che con orgoglio e coraggio tiene viva la pratica di questo sport ed è lo Squash Bag di via Dalmazia. «Tutti siamo usciti dalla scuola di Bianchetti – spiega il titolare Pietro Belotti -.e anche se quegli anni leggendari sono ormai un ricordo, la passione è ancora viva. Disponiamo di tre campi, organizziamo tornei, abbiniamo alla preparazione tecnica quella fisica.

Chi comincia a fare squash non smette più: è propedeutico per altri sport, aiuta a migliorare reattività e coordinazione ed è l’antistress ideale. La mente è così orientata sul gioco da tenere lontane, almeno per un’oretta, le preoccupazioni».

Si calcola che nel mondo i praticanti siano circa venti milioni e i campi più di 50mila. E pensare che nacque tutto in un carcereAgli inizi dell'800 Charles Dickens descriveva nei suoi Pickwick Papers un gioco praticato nelle prigioni di Londra; i detenuti colpivano la palla contro il muro utilizzando racchette rudimentali. Poi nel 1830 per la prima volta un'area fu attrezzata allo scopo nella scuola di Harrow a Londra e lo sport fu chiamato appunto squash che in inglese significa schiacciare o comprimere, proprio ciò che succede alla palla di gomma quando viene tirata con forza verso il muro.

Questo sport non dimentica le sue origini e neppure i suoi eroi, ogni 18 ottobre infatti si celebra la Giornata Mondiale dello squash dedicata Derek Sword, un campione di questo gioco, morto a soli 29 anni nel 2001 durante l’attacco alle Torri Gemelle dove lavorava. Aveva appena finito di rassicurare la fidanzata al telefono dopo il primo schianto, inconsapevole dell’arrivo del secondo aereo. Sono passati più di 20 anni e gli amanti di questo sport continuano a ricordarlo con affetto.

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