Cromo e altri veleni: la falda a sud di Brescia è molto malata
Dal centro di Brescia fino a Poncarale e oltre. Le attività di monitoraggio delle acque sotterranee condotte dall’Arpa (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) tra settembre 2020 e febbraio 2021 hanno confermato l’alto livello di cromo esavalente presente nelle falde della zona sud della città e di parte della provincia. Attività da cui emerge un lieve miglioramento rispetto ai risultati delle indagini geochimiche condotte nel 2018, ma che fanno dire al direttore Fabio Cambielli che «lo stato di salute della falda è rimasto invariato. La concentrazione massima degli inquinanti è calata - afferma il direttore dell’Arpa di Brescia - ma restano livelli che richiedono continuità nell’attività di bonifica per evitare che i veleni si possano diffondere sempre più verso sud».
Come funziona il monitoraggio
Arpa è responsabile delle attività di monitoraggio della qualità delle acque di falda nel Sito di Interesse Nazionale Brescia Caffaro. Alla luce della contaminazione accertata delle acque sotterranee nel territorio di Brescia, le indagini di inizio 2021 hanno allargato l'analisi anche ai comuni di Concesio, Bovezzo, Collebeato, Roncadelle, Torbole Casaglia, Castel Mella, Flero, San Zeno Naviglio e Poncarale.
A gennaio e febbraio, i rilievi sono stati effettuati attraverso diverse attività: piezometria (291 misurazioni statiche con appositi pozzi), misure topografiche (con strumentazione Gps), parametri di campo (per rilevare temperatura, conducibilità elettrica, pH) e analisi (263 campionamenti). L’aspetto che approfondiamo in questo articolo è quello legato all’indagine geochimica, cioè qualitativa, delle acque sotterranee.
La piaga della contaminazione da cromo

Il cromo è un metallo durissimo impiegato nelle leghe di acciai inossidabili ed è usato anche come rivestimento protettivo delle superfici metalliche (cromatura). Nel suo livello di ossidazione 6 assume il nome di cromo esavalente (cromo VI): viene adoperato nell’industria metallurgica e galvanica, nella concia delle pelli, in aziende chimiche e tessili. Il cromo è la piaga principale nelle aree monitorate da Arpa, sia per estensione del fenomeno di contaminazione che per intensità. Il limite consentito nelle acque sotterranee è di 5 µg/l (microgrammi per litro) per il cromo VI e 50 µg/l per il cromo totale.
Parlando di inquinamento da cromo VI, viene spontaneo immaginare che questo sia prevalentemente eredità della Caffaro di via Milano, soprattutto dopo quanto riscontrato lo scorso gennaio e il sequestro dell’azienda da parte della Procura. In realtà la principale sorgente di inquinamento da cromo esavalente è la Baratti di via Fura che ancora oggi rilascia quantità di questo veleno comprese tra i 6.500 e i 16.000 µg/l. «Questo - scrivono i tecnici del dipartimento bresciano dell’Arpa - nonostante le attività della barriera idraulica in corso consentano una generale diminuzione delle concentrazioni».L'inquinamento della falda sud della città

Negli anni, in provincia di Brescia, per questo inquinante sono state caratterizzate 12 aree: Valle Trompia, zona Iveco, Ideal Clima/Ideal Standard, Caffaro, Comparto Milano, l’area definita «ex Monte Maniva», Oto Melara, Pietra Curva, Baratti, Forzanini, Ofra, Flero-Poncarale. Si va dai 10 µg/l del sito Valle Trompia, dove da dieci anni si evidenzia un costante decremento di contaminazione, ai 97 di Iveco, ai 270 dell’Oto Melara. I punti più critici rimangono Caffaro e Baratti, entrambi dotati di barriere idrauliche purtroppo mal funzionanti e per le quali l’Arpa continua a chiedere un potenziamento.
Il cromo è arrivato nei paesi a sud di Brescia

L’ordinanza segue un procedimento iniziato nel 2018, dopo le prime analisi da parte di Arpa e Ats che avevano accertato a Poncarale e Flero inquinamento da cromo VI, tetracloroetilene e triclorometano in alcuni pozzi privati. L’attività eseguita dai tecnici nel 2021, purtroppo, ha confermato l’estensione della contaminazione nella zona agricola dei comuni di Flero, Capriano del Colle, Poncarale e San Zeno Naviglio. Le concentrazioni massime di cromo VI, rilevate nel pozzo irriguo Valtulini al confine tra Brescia e Flero, sono pari a 112 µg/l. Anche nel pozzo privato di cascina Dell’Ora si conferma un valore piuttosto alto di 75 µg/l.
«La contaminazione da cromo esavalente proveniente sicuramente da nord, dalla città di Brescia - scrivono i tecnici dell’Arpa - interessa nell’area di Flero e Poncarale la porzione del bacino acquifero fino a 60 metri di profondità, ma potrebbe non interessare la parte più superficiale». Un aspetto sul quale Arpa si riserva ulteriori indagini, visto l’utilizzo irriguo delle acque di falda da parte degli allevatori della zona. «Una pratica - conclude Cambielli - che potrebbe riversare il cromo esavalente nei terreni agricoli, aggravando ulteriormente l’inquinamento ambientale».
Non solo cromo: le altre sostanze nelle falde

Mercurio: È un metallo di transizione pesante che si presenta liquido a temperatura ambiente. Nel Bresciano, la sorgente di inquinamento da mercurio è lo stabilimento Caffaro: il limite nelle acque sotterranee è di 1 µg/l.
Policlorobifenili (Pcb): Sono una classe di composti organici, si presentano sottoforma di cristallini incolori, ma per l’uso industriale spesso sono in formula liquida e viscosa. Si tratta di un prodotto brevettato dalla multinazionale americana Monsanto. Erano usati come additivi in pesticidi, vernici, sigillanti e fissanti. Insieme a Anniston, negli Stati Uniti, Brescia è il maggiore caso di contaminazione delle acque nel suolo (negli anni ’90 anche 5.000 volte sopra il limite). Il limite di concentrazione è di 0,01 µg/l.
Idrocarburi alifatici clorurati: Nell’area bresciana, i principali inquinanti di questo tipo sono tetracloroetilene e tricloroetilene (usati per sgrassaggi, produzioni di pesticidi, tempra e trattamento di metalli, rottamazioni e lavaggio di tessuti), tetracloruro di carbonio (adoperato solo dalla Caffaro) e triclorometano (utilizzato in fonderie di metalli, fusione e lega, produzione di calce viva).
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