L’Europa tra tenaglia geopolitica e debolezze interne

Un anno sull’ottovolante per la politica europea, l’impasse francese, l’arrivo di Merz e la rinnovata sfida sovranista
Le bandiere all'esterno del Parlamento europeo di Strasburgo - © www.giornaledibrescia.it
Le bandiere all'esterno del Parlamento europeo di Strasburgo - © www.giornaledibrescia.it
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Un anno vissuto pericolosamente in Europa. L’Unione, come è già accaduto più volte in passato, ha dovuto affrontare vere e proprie sfide esistenziali. Ma le risposte sono state balbettanti e meno convincenti che in altre occasioni: le ragioni sono molteplici, vi sono quelle sistemiche e quelle legate alle dinamiche interne ai singoli Stati.

Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it

Andando con ordine, quindi, al di là dei singoli casi nazionali, si potrebbe dire che l’Europa ha dovuto fare i conti con una vera e propria «tenaglia geopolitica». A ovest la nuova amministrazione Trump si è posta subito come avversario e non più come lo storico alleato. Dalla politica dei dazi alle ambizioni espansionistiche sulla Groenlandia, dallo scaricabarile sulla sicurezza collettiva e sulla Nato alle continue sponde politiche a forze apertamente euroscettiche (come AfD o gli ultranazionalisti romeni di Aur).

A est la guerra in Ucraina e l’aggressività della Russia continuano a perturbare la politica europea con un continuo rilancio di tensione. Nel 2025 l’azione di Mosca non si è limitata al tentativo di ingerenza negli affari interni dei Paesi europei del fronte est e alla ormai nota politica di controinformazione (di cui anche l’Italia è stata spesso vittima), ma ci sono stati gesti concreti che hanno fatto sentire la presenza russa ai confini e hanno messo alla prova i nervi dell’Unione.

Forze armate russe trasportano un missile Oreshnik - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Forze armate russe trasportano un missile Oreshnik - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it

I continui sconfinamenti e i sorvoli di droni russi su molti aeroporti dell’Europa centrale non hanno fatto altro che alzare la tensione nell’Ue. I fronti restano tuttora aperti: von der Leyen, il cui secondo mandato è molto più vincolato alla presenza di forze conservatrici e sovraniste, ha però chiuso un buon accordo con Trump sui dazi reciproci al 15%. Ma non ha saputo guidare l’Unione su due temi complicati e divisivi come la guerra di Gaza e, in quota parte, nemmeno sulla questione ucraina, dove le rappresaglie economiche contro i russi sono state efficaci solo a metà. La debolezza delle istituzioni europee è effetto anche della crisi delle principali potenze europee.

Usula von der Leyen e Donald Trump - Foto Ansa/Afp/Smialowski © www.giornaledibrescia.it
Usula von der Leyen e Donald Trump - Foto Ansa/Afp/Smialowski © www.giornaledibrescia.it

In Germania, dopo le elezioni di febbraio, si è insediato il cancelliere Merz alla guida di una Grande Coalizione (il termine non deve ingannare: Unione e Spd hanno una maggioranza di 15 deputati), ma il secondo partito è la forza di ultradestra di AfD. Merz, europeista e antitrumpiano, non ha ancora deciso se mettersi alla guida dell’Europa.

Anche l’altra potenza europea, la Francia, vive momenti di difficoltà, anche superiori a quelle tedesche. Il presidente Macron non ha una maggioranza per il suo governo e, pur mostrando grande protagonismo in politica estera, resta intrappolato in una politica interna che ne limita l’efficacia e sembra dare grande abbrivio agli estremi Le Pen/Bardella e Mélenchon, con l’incognita di chi potrà essere il candidato delle forze democratiche alle presidenziali del 2027. Lo spagnolo Pedro Sánchez, figura guida dei socialisti europei, ha vissuto un anno da incubo con scandali che hanno colpito il Psoe e lo hanno più volte messo in discussione come premier.

In questo orizzonte desolante la stabilità del governo italiano sembra essere un grande punto di forza per Giorgia Meloni, che tuttavia non è ancora riuscita a salire di livello e a farsi leader europea, forse proprio per la pretesa di essere cerniera tra Vecchio continente e Trump. O forse per avere come riferimenti non tanto i leader europei appena citati, ma quelli di potenze laterali.

Merz, Meloni e von der Leyen - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Merz, Meloni e von der Leyen - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it

Ora lo sguardo sull’inner core dell’Europa deve andare oltre: al voto di primavera in Ungheria. Gli ultimi sondaggi danno in vantaggio il contendente di Orbán, Magyar, su cui vengono riposte grandi speranze per spezzare la dura legge dell’autocrazia che alberga a Budapest. Certo, una sconfitta della figura guida dei sovranisti continentali toglierebbe di torno il più tetragono dei leader euroscettici. Se così fosse, anche Putin e Trump perderebbero un prezioso alleato, capace di tenere sotto scacco l’intero Consiglio europeo in occasione di votazioni nevralgiche che richiedono l’unanimità.

Sarebbe un duro colpo anche per i suoi alleati, lo slovacco Robert Fico e il ceco Andrej Babiš (appena rieletto), che a quel punto dovrebbero riallinearsi a Bruxelles. L’Europa entra così nel nuovo anno non priva di risorse, ma priva di una direzione condivisa. Sarà su questo che si gioca il futuro prossimo.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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